In Terra Santa tregua incerta, ma molti sperano

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Dopo l’annuncio di una tregua a Gaza, a distanza di poche ore nella Striscia di Gaza si sono avuti nuovi bombardamenti, che nella notte avrebbero causato 73 vittime (tra cui 20 minori e 25 donne), stando a fonti sanitarie locali, in attesa dell’entrata in vigore del cessate il fuoco domenica a mezzogiorno; inoltre tale accordo è stato messo subito in discussione soprattutto dall’estrema destra israeliana dei partiti ‘Potere ebraico’ e ‘Sionismo religioso’, guidati dai ministri Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, che nel Parlamento contano 13 deputati indispensabili per il governo di Benjamin Netanyahu.

Quindi dopo l’annuncio di una tregua sono giunti anche i malumori riguardo al contenuto dell’intesa, che si articola in tre fasi, delle quali solo la prima è definita nei dettagli: nei primi 42 giorni saranno liberati 33 dei 98 rapiti. In cambio, usciranno dalle carceri israeliane circa 1.650 palestinesi. Gradualmente, l’esercito si ritirerà dalla Striscia mantenendo il controllo di zone cuscinetto. Entreranno 600 camion di aiuti umanitari al giorno, di cui 50 cisterne di carburante, anche attraverso il valico egiziano di Rafah. E a partire dal sedicesimo giorno si negozieranno i dettagli della seconda fase, nella quale saranno rilasciati i rimanenti ostaggi, vivi o morti, e della terza, dedicata alla ricostruzione e all’insediamento di una nuova amministrazione.

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Comunque su questo annuncio l’ong ‘Save the Children’ aveva accolto con ‘sollievo’ il fatto che il Governo di Israele e Hamas abbiano finalmente raggiunto un accordo su una pausa delle ostilità dopo 15 mesi di assedio e bombardamenti da parte delle forze israeliane in seguito agli attacchi dei gruppi armati palestinesi in Israele il 7 ottobre 2023: “L’urgenza ora è quella di fornire riparo, cibo e forniture mediche a centinaia di migliaia di bambini a Gaza che hanno perso le loro case e i loro cari e lottano quotidianamente per sopravvivere con l’ombra della carestia che incombe su di loro e con l’arrivo e la consegna di aiuti umanitari ancora fortemente limitati”.

Per questo Inger Ashing, direttrice generale dell’ong aveva dichiarato: “Per 15 mesi, circa 1.000.000 di bambini a Gaza hanno vissuto in un incubo ad occhi aperti con costanti perdite, traumi e rischi per la propria vita. L’attuazione di questa pausa porterà loro un sollievo vitale dalle bombe e dai proiettili che li hanno perseguitati per più di un anno. Ma non è sufficiente ed è iniziata una corsa contro il tempo per salvare i minori che affrontano la fame e le malattie, mentre incombe su di loro l’ombra della carestia. La pausa deve diventare un cessate il fuoco definitivo e gli sforzi devono essere intensificati con urgenza per porre fine all’assedio e aumentare notevolmente l’ingresso degli aiuti”.

Inoltre ha chiesto che si compia ‘giustizia’ per i bambini: “La comunità internazionale deve garantire giustizia per i danni che i bambini hanno subito e per le vite che sono state tolte, come richiesto dagli obblighi previsti dal diritto internazionale. Senza giustizia, l’impunità continuerà ad alimentare violazioni con impatti devastanti per i bambini, le famiglie e la nostra comune umanità. La comunità internazionale deve unirsi per garantire che le atrocità che i bambini palestinesi hanno subito negli ultimi 15 mesi non si ripetano mai più, né per i bambini palestinesi né per qualsiasi altro bambino in qualunque parte del mondo. Ciò significa anche affrontare le cause profonde dei ripetuti episodi di violenza e della crisi decennale dei diritti dell’infanzia, ponendo fine all’occupazione, revocando il blocco su Gaza e creando le condizioni per una pace duratura e definitiva”.

Mentre nel panorama italiano il presidente nazionale delle ACLI, Emiliano Manfredonia, ha parlato di speranza per questa possibile pace: “Il possibile cessate il fuoco nella Striscia di Gaza è la notizia che tutti attendevamo e per cui abbiamo pregato incessantemente in questi mesi. La notizia di un accordo fra Israele ed Hamas ci induce a sperare, sia per gli ostaggi rapiti il 7 ottobre, che possano finalmente fare ritorno alle loro case, sia per la popolazione di Gaza, che possa essere libera dall’incubo dei quotidiani bombardamenti che ne hanno orribilmente devastato l’esistenza”.

E nel giorno stesso dell’accordo gli Ordinari Cattolici di Terra Santa avevano accolto con favore il ‘cessate il fuoco’, anche se hanno nutrito qualche dubbio: “Tuttavia, siamo consapevoli che la fine della guerra non significa la fine del conflitto. E’ quindi necessario affrontare alle radici, in modo serio e credibile, le questioni profonde che stanno all’origine di questo conflitto da troppo tempo. Una pace autentica e duratura può essere raggiunta solo attraverso una soluzione giusta che affronti le cause originali di questa prolungato scontro. Ciò richiede un lungo processo, la volontà di riconoscere reciprocamente la sofferenza l’uno dell’altro ed un’educazione mirata alla fiducia che porti al superamento della paura dell’altro e della giustificazione della violenza come strumento politico”.

Inoltre invitano a pregare affinché tale accordo sia ‘sollievo per tutti’: “Nonostante il dolore che abbiamo sofferto, continuiamo a guardare al futuro con incrollabile speranza. Possa questo cessate il fuoco ispirare nuovi sforzi per il dialogo, la comprensione reciproca e una pace duratura per tutti. All’inizio dell’Anno Giubilare dedicato alla speranza che non delude, leggiamo in questo evento un segno che ci ricorda la fedeltà di Dio”.

La dichiarazione si conclude con la richiesta di una visione politica ‘giusta’ per il Medio Oriente: “Infine, chiediamo ai leader politici e alla comunità internazionale di sviluppare per il dopoguerra una visione politica chiara e giusta. Un futuro costruito sulla dignità, la sicurezza e la libertà per tutti i popoli è un prerequisito per una pace vera e duratura. Esortiamo tutte le parti ad implementare i passi immediati già concordati e a negoziare in buona fede le fasi future dell’accordo. Possa il Signore benedire questa terra con la pace e guidarci tutti sulla via della riconciliazione e della guarigione”.

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