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Benvenuti nella serie “I Segreti di Venezia”, un viaggio senza tempo tra le affascinanti storie e le unicità della splendida città lagunare. Oggi vi svelerò due dei privilegi di cui ho avuto la fortuna di godere in questi anni. Il primo è che le mie radici affondano nella salmastra laguna, dove ha avuto origine la mia stessa vita e in cui vivevano tutti i miei antenati, nell’Isola di Pellestrina. Il secondo l’ho vissuto in un periodo storico particolarmente delicato a livello mondiale: fu durante la pandemia e il lockdown. Il 15 maggio 2020, infatti, in qualità di residente e grazie all’allentamento delle norme di contenimento alla circolazione, potei rivedere la mia amata Venezia nel pieno del suo isolamento forzato.

Come ti sei sentito prima di arrivare a Venezia?

Sentivo un vuoto, un’assenza, una sensazione che ciò che stavo perdendo, non vedendo più questo luogo, fosse nulla al confronto di ciò che si era perso in termini di persone e di Mondo. Eppure, la curiosità, il desiderio di tornare a muovere passi fuori dal confine del tappeto del salotto, di scagliare un sorriso sotto la mascherina ai passanti che non fossero vicino allo scaffale dei biscotti al supermercato, tutti questi desideri semplici costituivano un quadro d’insieme immenso. Mi sono sentito come una di quelle gondole di plastica, che, improvvisamente, si è ritrovata ad affrontare le acque.

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Gondole di plastica in una vetrina di souvenir

Come appariva la città al tuo arrivo?

Attraversai Piazzale Roma, solitamente gremito di mezzi pubblici, auto, turisti, uomini d’affari e trasportatori di bagagli: era vuoto. Fui abbracciato dal silenzio, dal canto dei gabbiani e dal vociare di qualche residente che, per lavoro o necessità, si aggirava nei dintorni.

Gondola nei pressi del Ponte Tre Ponti vicino a Piazzale Roma

Con quali aspettative avevi pianificato questo reportage fotografico?

Ero consapevole che stavo per aprirmi a emozioni forti e contrastanti. Dentro di me coesistevano la curiosità e il desiderio di rivedere la mia città del cuore, ma anche la certezza che l’impatto della pandemia avrebbe certamente scavato delle “rughe” sul volto della Serenissima. Fortissima era, poi, la curiosità di scoprire come i Veneziani avessero ripreso possesso della loro città, un aspetto che, a causa degli enormi flussi turistici, spesso era passato in secondo piano. Nelle due foto qui sotto, due scorci celebri non distanti da Piazzale Roma e dalla Chiesa dei Frari.

Che tipo di cambiamenti hai notato immediatamente?

Passo dopo passo, una cosa mi colpiva, dapprima inconsciamente: il silenzio assordante. Venezia ha una caratteristica unica, una gamma di suoni che le appartengono in modo assoluto: i clacson dei motoscafi e dei vaporetti, il dialetto bello, schietto e irriverente, le valigie che si trascinano sul selciato, la commistione di lingue che si intrecciano e si sovrappongono da ogni direzione. Era rimasto solo l’unico attore che, per sua natura, non si era mai potuto distinguere prima: il silenzio, appunto. Ricordo ancora, come fosse ora, l’istante in cui, da Rio Terà San Silvestro, arrivai in Riva del Vin, vicinissimo al Ponte di Rialto. Solitamente, in quel punto esatto, Venezia “deflagrava” in tutta la sua rumorosità, persino più che a San Marco. Eppure, fui travolto dall’assenza di suoni, dal placido muoversi delle acque, dall’assenza di tutto ciò che normalmente avrei dovuto schivare camminando lungo quella riva.

Hai incontrato qualcuno o vissuto un episodio che ti ha emozionato particolarmente?

Un momento particolarmente emozionante fu vedere la prova dell’infinita resilienza dei veneziani, che, mentre il Mondo sembrava sul punto di scrollarsi di dosso l’umanità, continuavano a vivere la loro quotidianità con una poesia infinita, percepibile anche solo osservandoli mentre frequentavano il Mercato di Rialto.

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In che modo hai vissuto la solitudine della città?

Ho vissuto questa avventura con un mix di rispetto e responsabilità, consapevole che sarebbe stata un’opportunità unica per portare la mia personale testimonianza su un evento che pochi altri avrebbero potuto documentare. Cercando, allo stesso tempo, di mantenere un tono di verismo e non di sensazionalismo in ogni scatto, di costruire un racconto emozionale e non da “titoli urlati”. La città mi accolse nel silenzio e io la attraversai letteralmente in punta di piedi. Sentivo che, ad ogni “click!” della mia macchina fotografica, dovevo tributare il senso di responsabilità di un osservatore giusto e imparziale.

Cosa ti ha insegnato questa esperienza su Venezia e su te stesso?

Quel giorno, il 15 maggio 2020, ho imparato due lezioni. La prima è che la natura dell’umanità è contraddistinta dalla transitorietà, ma che, se saremo in grado di tutelarla adeguatamente, potremo essere gli artefici oggi, come lo furono altri ieri e altri ancora nel futuro, della conservazione di un luogo che, ad ogni angolo, ha qualcosa da raccontare. E che, anche privata della sua natura turistica, che, come in un ossimoro rappresentabile a mo’ di yin e yang, rende indissolubile la sua dualistica realtà di meta delle masse e patrimonio universale. La seconda lezione è più personale. Arrivai convinto che avrei provato delle emozioni, ma sottovalutai, al limite quasi del mancamento, l’impatto che alcuni silenzi avrebbero potuto cagionare alla mia “memoria fotografica” del mood e del carattere di alcune zone tipiche. Ad esempio, quando arrivai in Riva del Vin, mi sentii come mordere da quel silenzio imperioso.

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San Marco deserta maggio 2020 – lockdown

Quali emozioni ti suscitano oggi quelle fotografie?

Queste foto sono una vivida testimonianza di un luogo unico nel momento più unico della sua storia recente. Un silenzio che raramente fa clamore, eppure, in ogni singolo scatto, visto e rivisto, e in ogni singolo video, tutta questa quiete si trasforma in tumulto interiore.

Ma non vi bastassero le parole, giudicate voi stessi questi silenzi (la mascherina amplificava il mio respiro):

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In conclusione:

Con questo reportage, spero di trasmettervi l’importanza di preservare la bellezza e l’autenticità di Venezia, un luogo che, anche nel silenzio più profondo e nei momenti di dolore, conserva la sua essenza unica. Voglio che sentiate la potenza di un mondo che, seppur momentaneamente sospeso, continuava a raccontare la sua storia. In ogni angolo, in ogni riflesso, in ogni silenzio, c’era una lezione di resilienza e di amore per ciò che è autentico e imperituro.

In questa città ricca di misteri e di segreti, ogni vicolo nasconde un aneddoto prezioso da tramandare, e la mia missione è cercare di incuriosirvi e regalandovi, una tessera di puzzle per volta, un quadro variopinto della storia locale da un punto di vista inedito. Continuate a seguire questa rubrica e lasciatevi incantare dalle meraviglie di Venezia, un passo alla volta.

Non dimenticate di condividere questa serie con i vostri amici e familiari per far sì che anche loro possano immergersi nei misteri e nella bellezza di Venezia. Lasciate un commento con le vostre opinioni e condividete le vostre esperienze personali sulla città. La vostra partecipazione rende questa serie ancora più speciale e coinvolgente per tutti!

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