Tregua a Gaza, Netanyahu perde alleati: il ministro dell’ultra-destra Ben-Gvir: “Dimissioni se sarà approvata”. E l’intesa potrebbe slittare

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Ancora nubi sull’accordo per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi a Gaza. Dopo oltre 15 mesi di guerra la tregua dovrebbe avere inizio domenica, ma le tensioni nel governo di Benjamin Netanyahu rischiano di fare slittare ancora una volta il via libera definitivo. “Tutto fatto”, dichiarava una fonte statunitense citata su X dal giornalista di Axios, Barak Ravid. In serata però gli alleati di ultra-destra di Netanyahu hanno rimesso tutto in discussione e l’ok del governo, inizialmente previsto per venerdì, potrebbe ora essere rinviato a sabato. Irritazione da parte dell’amministrazione Biden, che si dice “stupita”. Intanto nella Striscia si continua a morire sotto le bombe: almeno 81 persone sono state uccise da tre raid aerei tra la notte e l’alba, che si sono abbattuti su un edificio residenziale vicino a una moschea a Gaza City e nel quartiere di Daraj.

Finora Netanyahu non ha commentato pubblicamente l’intesa: un silenzio dovuto da un lato a questioni di politica interna, dall’altro alle accuse contro Hamas che – spiega l’ufficio del premier in una nota – “ha rinnegato parti dell’accordo raggiunto con i mediatori e Israele nel tentativo di estorcere concessioni dell’ultimo minuto”. Concessioni che riguardano in particolare la lista dei detenuti palestinesi che Israele dovrà rilasciare in cambio della liberazione degli ostaggi, di cui si sta ancora discutendo e che sono stati al centro dei colloqui a Doha proseguiti nella notte fra mercoledì e giovedì per definire i dettagli finali. Hamas però respinge le accuse: un esponente dell’ufficio politico, Izzat al-Rashak, ha dichiarato che l’organizzazione islamista “è impegnata a rispettare l’accordo”.

Le minacce di Ben Gvir – Mentre i leader dell’opposizione israeliana hanno promesso sostegno all’intesa per il cessate il fuoco, i nodi per Netanyahu arrivano dagli alleati di estrema destra pronti a presentare il conto al premier. In particolare dal ministro della Sicurezza Nazionale israeliano Itamar Ben Gvir e dal responsabile delle Finanze Bezalel Smotrich, a capo del partito nazionalista Sionismo Religioso. Il primo ha annunciato che si dimetterà in caso di approvazione della tregua. “Se l’accordo sul rilascio dei rapiti sarà approvato, presenteremo lettere di dimissioni e non faremo parte del governo. Ritorneremo a far parte dell’esecutivo se la guerra a Gaza riprenderà”, ha dichiarato il ministro israeliano della Sicurezza nazionale. Secondo Channel 12, il governo sarebbe addirittura pronto a rinviare la votazione sull’accordo a sabato sera, quindi l’attuazione potrebbe slittare a lunedì. I ministri si incontreranno come previsto domani ma la riunione proseguirà sabato sera. Dopo il voto gli oppositori avranno 48 ore per presentare ricorso alla Corte Suprema.

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Smotriche si è per ora limitato alle minacce per la decisione del governo sul rilascio dei detenuti palestinesi. Il partito del responsabile del Tesoro ha poi chiarito che approverà l’accordo solo se il premier promette di riprendere i combattimenti per distruggere Hamas dopo la prima fase dell’intesa sugli ostaggi, ossia dopo 42 giorni. In serata Smotrich e Netanyahu si sono incontrati per discutere i dettagli, riferisce il sito Walla citato dal Jerusalem Post.

L’Iran: “Vittoria per i palestinesi” – Certo è che l’intesa viene bollata da Teheran come una “vittoria” per i palestinesi e una “sconfitta” per Israele. “La fine della guerra e l’imposizione di un cessate il fuoco – hanno scritto in una nota i pasdaran – è una chiara vittoria e una grande vittoria per la Palestina e una sconfitta ancora più grande per il mostruoso regime sionista“. La Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, in un messaggio pubblicato su X, ha poi aggiunto: “Tutti capiranno che è stata la pazienza del popolo e la fermezza della Resistenza Palestinese e del Fronte di Resistenza a costringere il regime sionista alla ritirata. Sarà scritto sui libri che una volta c’è stata una folla che ha ucciso migliaia di donne e bambini a Gaza“, ha scritto Khamenei, aggiungendo l’hashtag “Gaza è vittoriosa” (#GazaIsVictorious).

Biden rivendica l’accordo – Intanto Joe Biden, nel suo discorso di addio alla Casa Bianca, ha puntualizzato che “l’accordo per Gaza è stato negoziato dalla mia amministrazione”, ma “verrà implementato dalla futura amministrazione, che è stata costantemente informata“. E alla domanda se il risultato fosse da attribuire a lui o Trump ha risposto laconico prima di andarsene: “È uno scherzo?”. La precisazione è arrivata dopo le dichiarazioni del presidente eletto – alla Casa Bianca dal 20 gennaio -, che si era attestato la tregua ancora prima che venisse confermata dalle parti. Secondo un alto funzionario dell’amministrazione Biden, 2 ostaggi statunitensi, Sagui Dekel-Chen e Keith Siegel, verranno rilasciati nella prima fase dell’accordo, che resterà in vigore per 42 giorni. C’è almeno un altro ostaggio americano vivo a Gaza, un soldato israeliano di nome Edan Alexander, che secondo quanto riferito dalla fonte verrà rilasciato in una data successiva nella seconda fase dell’accordo. Non è chiaro quanti ostaggi siano ancora vivi.

L’Egitto teme il day after – A sollevare dubbi e preoccupazione è l’Egitto, che teme il ‘day after della guerra’: l’Autorità nazionale palestinese (Anp), hanno detto fonti egiziane parlando al quotidiano libanese al-Akhbar, dovrà fare concessioni a Hamas in nome dell’unità palestinese. “Quanto ottenuto è la cosa migliore, per ora”, hanno detto. I funzionari egiziani ritengono quindi che il successo dell’accordo nella Striscia sia legato principalmente alle intese interne palestinesi, oltre alle mosse arabe e regionali che garantiscono il completo ritiro israeliano dall’enclave e la sua ricostruzione in modo da consentire una vita migliore ai suoi residenti.

Soddisfazione da Turchia e Cina – Accolgono con favore quanto stabilito dalle parti Turchia e Cina. “È essenziale che tutte le fasi dell’accordo siano pienamente messe in pratica, il cessate il fuoco sia reso permanente e gli aiuti umanitari siano consegnati urgentemente a Gaza“, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri di Ankara, dove vengono particolarmente ringraziati Egitto e Qatar per i loro sforzi in quanto Paesi mediatori. “La comunità internazionale deve garantire che Israele adempia alle proprie responsabilità”, aggiunge la nota, che riafferma il sostegno di Ankara alla causa palestinese e chiede l’inizio immediato di negoziati per la creazione di uno Stato palestinese indipendente e sovrano, in base ai confini del 1967 con Gerusalemme Est come capitale. Pechino si augura invece che le parti coinvolte ne approfittino per promuovere la pace e la stabilità nella regione e che il cessate il fuoco diventi “completo e permanente”.



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