La debolezza del sistema dei dati sanitari

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La popolazione italiana dovrebbe calare di circa lā€™8 per cento da qui al 2050, passando da 59 milioni nel 2022 a 54,4, a causa di un indice di invecchiamento crescente e di un tasso di natalitĆ  sempre piĆ¹ basso. Nel 2050 oltre il 35 per cento degli italiani avrĆ  piĆ¹ di 65 anni, mentre la popolazione sotto i 14 anni sarĆ  solo lā€™11,7 per cento. Senza riforme, i sistemi sanitari e sociali saranno messi a dura prova. Una delle principali debolezze del sistema sanitario italiano ĆØ la frammentazione dellā€™infrastruttura dei dati: non esiste un sistema centralizzato per condividere le cartelle cliniche elettroniche, quelle ospedaliere e quelle dei medici di base. La causa principale ĆØ lā€™ampia autonomia regionale: venti regioni lavorano in modo indipendente con politiche e tecnologie diverse, producendo regole non uniformi e causando inefficienza. La scarsa capacitĆ  tra le regioni e gli ospedali di lavorare insieme, in aggiunta alla mancanza di un sistema che carichi automaticamente i dati nelle cliniche private, mina lā€™efficacia del Fascicolo sanitario elettronico, lo strumento che dovrebbe raccogliere la storia clinica dei pazienti.

A questo si aggiunge lā€™assenza di una politica nazionale per allocare equamente le risorse tra le regioni o per stabilire protocolli standardizzati di raccolta e trasferimento dati. Tanti ospedali e strutture sanitarie fanno affidamento su sistemi obsoleti e incompatibili, e cosƬ lā€™invio elettronico delle cartelle cliniche o delle immagini diagnostiche resta un lavoro manuale che richiede tempi lunghi, perfino allā€™interno della stessa regione o cittĆ . Lā€™assenza di standardizzazione impedisce la creazione di registri nazionali, rende piĆ¹ difficile la gestione delle crisi e unā€™assistenza efficace. Durante la pandemia di covid-19 tutto questo ha ritardato lā€™identificazione dei collegamenti tra le patologie accessorie e la gravitĆ  dellā€™infezione, accentuando le disparitĆ  regionali nel prestare assistenza. Un sistema piĆ¹ integrato avrebbe permesso analisi piĆ¹ ampie, approfondimenti da condividere e una risposta nazionale piĆ¹ efficace.

Lā€™invio elettronico delle cartelle cliniche o delle immagini diagnostiche resta un lavoro manuale che richiede tempi lunghi

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Un sistema cosƬ frammentato danneggia la popolazione italiana e ha costi notevoli per il paese. I pazienti delle regioni meridionali spesso si curano negli ospedali del nord, piĆ¹ attrezzati. Lā€™assenza di sistemi che comunicano tra loro non permette agli ospedali del nord di accedere alle cartelle cliniche dei pazienti, con il risultato che i test diagnostici vengono ripetuti causando ritardi nelle cure. Una duplicazione che aumenta la spesa e compromette i risultati (la cosiddetta migrazione sanitaria da una regione allā€™altra costa circa 3,3 miliardi di euro allā€™anno).

La frammentarietĆ  dei dati ĆØ un problema anche per la ricerca. Senza una piattaforma centrale, i ricercatori devono rivolgersi ai comitati etici e per la protezione dei dati dei singoli istituti di cura, che possono respingere le richieste senza una sostanziale giustificazione scientifica. Dal 2009 la percentuale di studi no profit, sul totale di quelli autorizzati, ĆØ scesa al 15 per cento, un calo significativo. Inoltre la raccolta dei dati spesso ĆØ manuale e di scarsa qualitĆ , per cui ĆØ quasi impossibile portare avanti studi multicentrici, impedendo di ottenere risultati generalizzabili e di impatto. Nel 2022 lā€™Italia ha speso 1,8 miliardi di euro per lā€™assistenza sanitaria digitale, con un aumento del 7 per cento rispetto allā€™anno precedente. Ma non ĆØ chiaro se questi fondi siano stati usati del tutto e come siano stati spesi, poichĆ© solo il 42 per cento degli ospedali ha dichiarato di avere un sistema di acquisizione dei dati elettronici attivo in tutti i reparti.

La sfiducia dellā€™opinione pubblica nei confronti del governo aggrava il problema: piĆ¹ di 90mila italiani, preoccupati per la loro privacy, rifiutano di condividere i dati sanitari, un sentimento amplificato durante la pandemia di covid-19. Mentre lā€™Europa ha adottato la base giuridica del cosiddetto interesse legittimo, che consente lā€™uso dei dati sanitari per la ricerca e lā€™innovazione senza dover per forza ricorrere al consenso individuale, in Italia la legislazione restrittiva e la frammentarietĆ  regionale ostacolano lā€™accesso alle informazioni, non riuscendo a raggiungere un equilibrio tra il diritto alla privacy e il pubblico interesse per migliorare lā€™assistenza sanitaria.

Aumentano le disuguaglianze

Una nuova proposta di riforma minaccia di peggiorare la situazione. Se approvata, la legge sullā€™autonomia differenziata decentralizzerĆ  ancora di piĆ¹ la gestione sanitaria, aumentando le differenze e le disparitĆ  tra le regioni, invece di favorire la raccolta e la condivisione dei dati.

Lā€™armonizzazione legislativa sul piano nazionale ĆØ essenziale per realizzare in Italia una rete unificata dei dati sanitari, che ne aiuterebbe la condivisione, favorirebbe la telemedicina e la digitalizzazione del servizio, sfruttando il potenziale delle iniziative europee come il Data governance act, per la condivisione sicura ed etica dei dati, dellā€™European health data space, per lā€™assistenza sanitaria transfrontaliera e la ricerca, e lā€™Ia act, per rendere affidabile e trasparente lā€™uso dellā€™intelligenza artificiale nella sanitĆ  pubblica.

Se non si interviene, le disuguaglianze aumenteranno, i ritardi nelle cure si accumuleranno e saranno ostacolati i progressi fatti finora, mentre dando la prioritĆ  a una riforma sistemica lā€™Italia potrĆ  soddisfare la richiesta di assistenza sanitaria e fornire cure eque ed efficaci. ā—† nv

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