Quattro concerti interessanti da Schumann a Brahms alla musica barocca
Atos Trio sprigiona un’unità di intenti che conquista lo spettatore. Non ci sono programmi, per quanto impegnativi, che possano mettere in difficoltà i musicisti, per la terza e ultima volta – ma speriamo di no! – nella spaziosa sala apollinea (150 posti a sedere), per concludere l’integrale dei trii di Mendelssohn, Schumann e Brahms.
La prima parte del concerto è stata dedicata a Robert Schumann (1810 – 1856), con l’esecuzione del Trio n.2 in Fa maggiore, op. 80 (1847) e il Trio n.3 in Sol minore, op. 110 (1851).
Nel n.2 è emersa una gustosa teatralità nel violoncellista, Stefan Heinemayer, mentre nel n.3 ci sono stati dei momenti durante i quali tutti i musicisti sembravano saltellare nel percuotere le corde con l’archetto.
Dopo una breve pausa per smaltire la tensione, il ritorno in pedana è per eseguire il Trio n.2 in Do maggiore, op.87 (1880 – 1882) di Johannes Brahms (1833 – 1897). In quattro movimenti, sprigiona una vigorosa energia, al punto che, nell’ardore, si sono spezzati alcuni crini dell’archetto del violoncello.
Applausi rendono felici i musicisti : Annette von Hehn, violino , Thomas Hoppe, pianoforte e il succitato Heinemayer.
Il bis, doveroso, è un Notturno di Ernest Bloch, compositore statunitense di origine svizzera.
Un bel programma di musica antica, – che testimonia la ricchezza della collezione di manoscritti di Marco Contarini, procuratore di San Marco in pieno Seicento, donati dall’erede Girolamo alla Biblioteca nazionale di san Marco, meglio conosciuta come Marciana, con l’avvertenza di girare a propria volta i possibili doppioni alla Biblioteca dei padri comaschi, oggi seminario patriarcale collegato con la Basilica della Salute – ha affascinato in un’unica serata il pubblico delle Sale Apollinee.
Protagonista la voce della soprano veneziana Giulia Semenzato, per la prima volta ad esibirsi nella sua città, accompagnata da un validissimo quintetto : Stefano Favretto e Filippo Ghidoni, violini ; Giulio Padoin, violoncello (un esemplare nord-italiano dei primi del Settecento ) ; Gianluca Geremia, tiorba ; Francesco Erle, clavicembalo.
Non ostante le poche prove, è sembrato come se il quintetto non si esibisse per la prima volta con la cantante.
Accanto ad autori conosciuti, quali Claudio Monteverdi (1567 – 1643) – dalla cui ‘L’incoronazione di Poppea’, Giulia Semenzato ha intonato “Disprezzata regina” – e Francesco Cavalli (1602 – 1676) – del compositore cremasco, il cui vero nome è Pietro Francesco Caletti, che perfezionò i suoi studi proprio con il Maestro cremonese, si sono ascoltate la Sinfonia e “Restino imbalsamate” da ‘La Calisto’ (1651) ; “Delizie d’amore” da ‘Elena’ (1659) ; “Vanne intrepido” e “Lassa che fo” da ‘Statira, Principessa di Persia’ (1655) – l’ensemble ha eseguito anche estratti dalle opere ‘Ermelinda’, ‘Berenice vendicativa’ e ‘Helena rapita da Paride’ di Giandomenico Freschi (1634 – 1710) e dall’opera ‘Adelaide’ di Antonio Sartorio (1630 – 1680).
E’ stata una serata seguita, me lo si lasci dire, in religioso silenzio, nella quale non poteva mancare un accattivante, ballabile bis : l’Aria “Quando voglio”, sempre dall’opera di Sartorio. Nell’occasione, la Semenzato ha dimostrato di potersi esprimere anche con la percussione, colpendo ritmicamente la pelle di un tambourine.
Musikamera 2024 si è conclusa nella sala Grande del Teatro, per ascoltare la violinista olandese Janine Jansen, che ha appena compiuto 47 anni e il pianista sudcoreano, ma residente a Londra, Sunwook Kim, di dieci anni più giovane. E’ stato un concerto romanticamente cameristico.
In programma le tre Sonate per violino e pianoforte di Johannes Brahms – eseguite nell’ordine n.2 e n.1 (nella prima parte) – e n.3 nella seconda, preceduta da Tre Romanze, op.22 (1853) di Clara Wieck Schumann (1819 – 1896).
C’era molta attesa di veder all’opera la Jansen, una violinista chiamata,“la divina dell’archetto” e “stella internazionale del violino”. Indubbiamente dotata tecnicamente e in possesso di un ottimo suono, grazie allo Stradivari Shumsky-Rode del 1715, – così chiamato perché fu suonato da Oscar Shumsky (1917 – 2000) dal 1946 al 1975 e dal 1824 da Jacques Pierre Joseph Rode, duca di Cambridge (1774 – 1830) – non è però riuscita a trasmettere quel calore e quell’entusiasmo che di solito fanno parte del corredo di una grande interprete. Il pubblico, accorso numeroso, ha comunque applaudito, ogni qualvolta un brano terminava.
Buona la prova del pianista, pur se a volte il volume del suo strumento sovrastava quello del violino.
Felice dell’accoglienza fenicea, Janine ha offerto tre bis, il primo dei quali era un lento ¾, Einsamkeit, di Brahms.
Ma è appena partita la nuova stagione, la nona di questa meritevole associazione di competenti e appassionati. 35 concerti in totale, articolati in 23 differenti programmi, che esplorano il grande repertorio strumentale e vocale da camera, dal 1300 ai nostri giorni.
Sono previsti due concerti in Sala Grande, uno al Teatro Malibran, dodici in doppio turno e 8 in data singola alle Apollinee.
Tre dei concerti in data singola sono realizzati in collaborazione con l’Archivio Musicale Guido Alberto Fano Onlus ; uno, il 4 maggio, è offerto dalle sorelle Sonia e Liana Guetta Finzi (Sonia presiede Musikamera) : è il Premio Peggy Finzi, in ricordo della loro madre e intende premiare la carriera di un musicista o un giovane in ascesa.
La Stagione 2025 è Tempo di sonate, un suggestivo titolo musicale per un cartellone che ripercorre l’evoluzione che una delle più importanti forme musicali della storia ha avuto dal Settecento ad oggi. Infatti, nei concerti sono in programma sonate di Boccherini, Beethoven, Schubert, Mendelssohn, Chopin, Brahms, Martucci, Ravel, Richard Strauss, G.A.Fano, Rachmaninov, Saint-Saens, Poulenc, Prokof’ev, Kabalewsky e Larcher, alle quali si aggiungono quartetti di Haydn, Mendelssohn, Brahms, Ravel e Bartok e trii di Beethoven e Cajkovskij, che hanno una struttura analoga a quella della Sonata.
Temi e idee che guidano la programmazione artistica – il discorso di Vitale Fano in conferenza stampa – sono in parte in prosecuzione di progetti intrapresi negli anni precedenti. Continuano, infatti, sia l’esecuzione integrale della musica da camera di Brahms, che la programmazione delle ultime Sonate per pianoforte di Schubert. Confermata la sezione dedicata al Novecento storico italiano, organizzata in collaborazione con l’Archivio Fano, la cui rassegna annuale è inglobata nella stagione di Musikàmera.
Anniversari :
700 anni dalla morte di Francesco Landini ;
500 dalla nascita di Giovanni Pierluigi di Palestrina ;
300 dalla morte di Alessandro Scarlatti ;
150 dalla nascita di Maurice Ravel e Guido Alberto Fano.
I due concerti in Sala Grande hanno come protagonisti la celebre violinista tedesca Anne Sophie Mutter (29 giugno 1963), in trio con il violoncellista Lionel Martin e la pianista Lauma Skride (19 maggio) e il pianista russo naturalizzato tedesco Igor Levit il 5 ottobre. Il concerto al Malibran ha come protagonista il duo pianistico formato dai giovani fratelli olandesi Arthur e Lucas Jussen (4 febbraio).
40 abbonati in più della scorsa stagione hanno applaudito a lungo il primo doppio concerto inaugurale. Protagonisti il duo dal lungo affiatamento composto da Roberto Loreggian, al clavicembalo e Francesco Galligioni, al violoncello, in compagnia della mezzosoprano Vivica Genaux (10 luglio 1959), originaria di Fairbanks, Alaska, ma da molto tempo trasferitasi in Italia.
Il concerto, intitolato All’ombra della Serenissima, ha proposto l’esecuzione di musiche veneziane composte tra il 1600 e il 1700, un periodo di infinito interesse e di meraviglia per la Serenissima. Da una parte il mondo dell’opera, che non a caso proprio a Venezia assume anche un rilevante fattore economico ; dall’altra le numerose attività di carattere sacro o comunque assistenziale garantiscono in città una presenza indiscutibile anche a livello strumentale, rendendola un centro di attrazione per musicisti che spesso si fermano a Venezia e vi trascorrono parte della propria esistenza, come avviene per Johann Adolf Hasse (1699 – 1783), di origine transalpina (era spesso accompagnato dall’aggettivo ‘Sassone’), che non solo viene sepolto a Venezia (a San Marcuola), ma che viene considerato ‘veneziano’ a tutti gli effetti, e che compone anche un prezioso insieme di canzoni da battello.
E proprio di Hasse è stata eseguita, all’esordio del Recital, l’aria Credi ò cara la speranza.
Con estrema precisione Loreggian ha poi eseguito la “Sonata in Sol maggiore, op.2 n.5” di Baldassare Galuppi (1706 -1785), che ne compose oltre il centinaio.
Ma la piacevole sorpresa è stata l’esecuzione di due arie operistiche di Barbara Strozzi (1619 – 1677), figura rilevante, che spicca per una intensa e pregnante attività cantantistica, diventando uno dei principali compositori in questo genere. La prima aria, da L’Eraclito amoroso, così recita nella quartina iniziale : “Udite amanti la cagione, oh Dio, ch’a lagrimar mi porta : nell’adorato e bello idolo mio, che sì fido credei, la fede è morta”. La seconda, Lagrime mie, è tratta da Diporti di Euterpe. Una vena di tristezza percorre il fluire della musica e del canto e si espande in platea, grazie alla bravura interpretativa del trio.
Non poteva mancare Antonio Vivaldi (1678 – 1741). E allora ecco “Piango, gemo, sospiro”, in cui Vivica partecipa attraverso espressioni e gestualità alla narrazione dell’aria.
Di Benedetto Marcello (1686 – 1739) Loreggian e Galligioni hanno eseguito la Sonata op.2, n.6.
Il delizioso recital si è concluso con due composizioni di Benedetto Ferrari (1603 – 1681), che fu poeta, ma soprattutto uno dei mattatori della nascita dell’opera in musica e della sua apertura al pubblico pagante. Vivica ha intonato dapprima Ardo misera sì, concludendo con Amanti, dal ritmo incalzante che ha trascinato la platea ad un lungo applauso finale .
Basta così? Nient’affatto. Un primo bis è Se l’aura spira tutta vezzosa di Girolamo Frescobaldi (1583 – 1643); il secondo, e ultimo, è di nuovo il coinvolgente, quasi ballabile, Amanti.
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