Banche e digitale, così Ragusa sfida il Nord Italia. Il ceo di Baps, Saverio Continella: investire qui conviene

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Ultim’ora news 17 dicembre ore 20

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Agricoltura

 


È la provincia più a sud del Paese, ma ha un tessuto produttivo più simile a quello del Nord Italia. Da decenni Ragusa è una delle città più dinamiche della Sicilia. L’«isola nell’isola» (viene chiamata così proprio per rimarcare la sua vivacità rispetto al resto della Regione) ha saputo sviluppare la sua economia oltre la mera coltivazione della terra.

Ma tutto è partito proprio dall’agricoltura: ancora oggi si tratta del settore che dà lavoro al maggior numero di persone (ha 24 mila addetti) perché è in grado di generare un fatturato di circa un miliardo. Se poi si considerano anche l’agroindustria e la grande distribuzione dei prodotti alimentari, al calcolo deve essere aggiunta buona parte dei 4,7 miliardi di ricavi del settore commerciale.

La fine del latifondo

A Ragusa la dinamicità dell’agricoltura è legata anche a ragioni storiche. I contadini locali sono riusciti prima che in altri luoghi del Sud Italia a spezzare il dominio dei grandi latifondisti e a fondare autonome aziende agricole. Molte sono specializzate nel pomodoro (Agromonte e Alba Bio sono due delle realtà più grandi) e spaziano su tutta la filiera, dalla coltivazione alla lavorazione.

E soprattutto alla commercializzazione visto che il 35% della grande distribuzione italiana di pomodoro viene dalla provincia di Ragusa e dalla poco distante zona di Pachino. L’altra specialità della zona è la farina di carrubo (Lbg è uno dei player principali), prodotto usato come conservante nei cosmetici o nei gelati per la sua sostenibilità ed economicità.

Ma in provincia è ben sviluppato anche il comparto dei mangimi (da ricordare in questo caso Leocata Mangimi) e viene allevata una particolare razza bovina, la mucca modicana, famosa per la capacità di adattarsi alle aree e alle condizioni climatiche più complicate.

Il distretto industriale

Ragusa però non è solo agricoltura. Negli ultimi trent’anni il suo tessuto economico si è evoluto e così si è sviluppato un distretto industriale con una produzione molto variegata. Nella provincia la manifattura raggiunge un fatturato di oltre 1,5 miliardi, il settore delle costruzioni tocca invece gli 1,2 miliardi.

Anche la chimica è radicata da tempo perché già cento anni fa gli inglesi producevano qui il bitume utilizzato per asfaltare Londra. Ora però si teme il disimpegno di un gigante come Versalis, la divisione della chimica di Eni.

Il boom del fotovoltaico

Questi i business tradizionali. Ma a Ragusa si guarda anche al futuro grazie alla crescente presenza delle rinnovabili, soprattutto il fotovoltaico. Il 5% delle domande agevolate del bando nazionale agrivoltaico proviene da aziende ragusane, spesso supportate nelle loro richieste dalla Banca Agricola Popolare di Sicilia (Baps).

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«Una popolare deve essere sempre al servizio della comunità, non come semplice intermediario finanziario ma come partner che accompagna famiglie e imprese nelle fasi più importanti della vita», spiega Saverio Continella, ceo di Baps. «Questo modello si fonda su due principi cardine. La prossimità e la conoscenza dei clienti, che permette di rispondere in modo puntuale alle loro esigenze. Poi il capitale paziente, perché i risultati migliori si costruiscono nel tempo, con investimenti responsabili e una visione di lungo periodo».

Il polo dell’informatica

Oltre ad agricoltura e rinnovabili, l’altro polo trainante dell’economia ragusana è l’informatica. A Ragusa ad esempio è nata Argo Software, che controlla il 50% del mercato scolastico italiano con il suo software dedicato alle comunicazioni tra insegnanti e famiglie. Quanto il distretto dell’informatica sia centrale per la provincia lo si capisce dalle domande dirette al fondo innovazione per l’agricoltura: un terzo arriva proprio da aziende ragusane.

Anche in questo caso con il contributo di Baps, che grazie alla fusione con la Banca Popolare Sant’Angelo è diventata il terzo istituto della Sicilia dopo Unicredit e Intesa Sanpaolo. La banca punta a consolidarsi ancora sull’isola e in futuro potrebbe guardare oltre lo Stretto. Intanto resta al servizio dell’economia siciliana.

Capitali verso il Sud

«Dobbiamo attrarre capitali e risorse per il Sud dimostrando che investire qui non solo è possibile, ma è anche conveniente», spiega Continella. «Per noi la sfida più grande è rimanere fedeli al nostro modello pur evolvendoci per affrontare un mercato sempre più competitivo e regolamentato. Abbiamo continuato ad avere una rete di filiali capillare perché crediamo che il rapporto umano sia insostituibile: i nostri non sono semplici sportelli bancari, ma veri e propri centri di consulenza». (riproduzione riservata)



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