Assegno divorzile: integrazione della CTU

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Abstract

Ai fini del calcolo dell’assegno di divorzio dev’essere disposta la CTU richiesta dal coniuge avente diritto, a prescindere dalla dichiarazione dei redditi presentata, qualora vi siano sospetti di redditi prodotti all’estero.

(Massima della sentenza della Corte di Cassazione del 27 novembre 2024, n. 30537)

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Il caso

Il caso prende le mosse dal procedimento giudiziale promosso dal marito (signor Z), per la cessazione degli effetti civili del matrimonio nel quale la moglie (signora S) ha chiesto l’attribuzione di un assegno divorzile. Sia in primo che in secondo grado le richieste della signora S sono state respinte, non ravvisando le corti di merito uno squilibrio meritevole di perequazione poiché, tra le altre cose: a) la CTU disposta non aveva considerato le partecipazioni in società estere, da parte del signor Z, in quanto non risultava compilato il quadro RW (ciò nonostante agli atti del giudizio risultassero vari indizi: una dichiarazione del terzo pignorato da parte di una società ungherese che riconosceva un credito del signor Z, per oltre 30 milioni di fiorini ungheresi, una visura immobiliare, una visura societaria e un mandato segretato di amministrazione senza intestazione fiduciaria in capo al signor Z avente ad oggetto il rimpatrio giuridico di somme a titolo di finanziamenti soci verso la sede ungherese – gli “Indizi”); b) vi fosse una presunzione di gratuità (“affectionis vel benevolentiae causa”) nella collaborazione professionale tra i coniugi.

Con ricorso in Cassazione, la signora S ha contestato (tra i vari motivi): 1) la mancata valutazione del contributo personale ed economico dato alla formazione del patrimonio del marito e di quello familiare, circostanza rilevante ai fini dell’attribuzione dell’assegno divorzile in funzione compensativo-perequativa; 2) la lacunosità della CTU arrestatasi alla mancata compilazione del quadro RW senza considerare gli Indizi; 3) le disponibilità economiche del marito “conseguite grazie alla dedizione della moglie” e all’utilizzo di risorse comuni per acquisti immobiliari e impiego nella partecipazione societaria estera, con solo beneficio del signore Z.

La pronuncia della Cassazione

Sulla base dei precedenti giurisprudenziali la Suprema Corte ha censurato la pronuncia di secondo grado che dopo aver descritto le consistenze reddituali e patrimoniali della signora S, “è passata subito ad operare la valutazione di adeguatezza dei mezzi di quest’ultima, in base ad un criterio del tutto astratto, senza tenere conto dei criteri pacifici (di cui alle pronunce n. 18287/2018, n. 32398/2019 e n. 5055/2021) ed in particolare del contributo dalla stessa dato alla formazione del patrimonio dell’altro coniuge per una significativa parte della lunga vita coniugale”.

Quanto alla CTU, la Corte di legittimità ha confermato che quando il giudice di merito aderisce alle conclusioni del consulente tecnico esaurisce l’obbligo di motivazione con le indicazioni delle fonti del suo convincimento, così però non può avvenire quando le censure all’elaborato si rivelino non solo puntuali e specifiche ma evidenzino anche la totale assenza di giustificazioni nelle conclusioni dell’elaborato. La perizia invece non era esaustiva nella parte in cui aveva escluso la partecipazione nella società estera in quanto non risultante dal quadro RW delle dichiarazioni reddituali, ignorando gli Indizi, tutti relativi ad attività estere.

La carenza motivazionale della pronuncia di secondo grado è stata altresì confermata in punto argomentazione e dimostrazione del contributo della signora S all’attività professionale e alla formazione del patrimonio del marito con modalità diverse e ulteriori rispetto alla prestazione lavorativa presso lo studio del signor Z: la Suprema Corte ha statuito inconferente il riferimento alla presunzione del carattere gratuito della prestazione lavorativa in ambito familiare.

Osservazioni

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

Negli ultimi anni la giurisprudenza ha segnato importanti cambiamenti in merito all’orientamento nell’ambito dell’assegno divorzile, ridefinendo i criteri per la concessione dello stesso. Si è sviluppato un approccio più bilanciato, che tiene conto non solo dell’autosufficienza economica, ma anche del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi. Come ben ribadito nella sentenza in commento “l’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente un assegno va accertata considerando, in sintesi, che l’assegno divorzile è finalizzato a garantire un livello reddituale parametrato alle pregresse dinamiche familiari ed è perciò necessariamente collegato, secondo la composita declinazione delle sue tre componenti (assistenziale, perequativa e compensativa), alla storia coniugale e familiare (Cass. n. 5055/2021)”.

Nei giudizi di divorzio i coniugi devono esporre la propria dichiarazione dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. Ove tali informazioni non vengano depositate, oltre a una valutazione ex art. 473bis.18 c.p.c., il giudice di merito deve estendere l’indagine con ogni mezzo, anche a mezzo della polizia tributaria.

La mancata compilazione del quadro RW (previsto per alcuni soggetti, tra cui le persone fisiche, che detengono investimenti e attività all’estero a titolo di proprietà o di altro diritto reale) può infatti essere oggetto di contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, con sanzioni dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato (e dal 6% al 30% di quanto non dichiarato se detenuto in Paesi black list).

Coglie pertanto nel segno la pronuncia della Cassazione che ha smentito la bontà della CTU in quanto le conclusioni dell’elaborato (nonostante i poteri di indagine a disposizione delle corti di merito) si basavano “[…] su un’asserzione generica e immotivata di completezza dell’elaborato, che si accompagna a valutazioni di inammissibilità di documentazione offerta dalla ricorrente all’esito della CTU […]”.

In conclusione, la pronuncia ribadisce l’importanza di un esame analitico e completo degli elementi probatori – tutti, anche indiziari – relativi alla composizione del patrimonio e alle effettive capacità reddituali dei coniugi, elementi fondamentali per determinare l’attribuzione dell’assegno divorzile.



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