tra casolari abbandonati e crack. «Qui la mafia recluta vendendo droga a basso prezzo»

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A Vittoria, nel Ragusano, tra i binari arrugginiti della vecchia stazione ferroviaria e i casolari abbandonati che il tempo ha trasformato in ruderi, si nasconde un sottomondo fatto di invisibili. Anime che sfuggono allo sguardo, ma non alla disperazione. Sono trascorsi appena due anni da quando si è gridato alla rinascita, alla bonifica dal degrado, con lo sgombero dell’hotel degli invisibili, com’è stato ribattezzato l’edificio abbandonato nascosto tra i cumuli di rifiuti che ospitava decine di migranti, lavoratori per pochi euro come braccianti nei campi e nelle serre della fascia trasformata ragusana. Ma la storia non si è fermata lì. Perché gli invisibili si sono solo spostati poco più in là, in altri luoghi dimenticati, lontani dagli occhi della città. E quei casolari abbandonati vicino alla stazione sono diventati ghetti: spazi che il tempo e l’indifferenza hanno trasformato in autentiche case del fumo. Non solo per stranieri. Qui, tra pareti annerite dal fuoco e materassi lerci, i volontari dell’Oipa hanno trovato tracce inequivocabili della presenza del crack.

Cucchiai bruciati, stagnola accartocciata, siringhe usate: ogni oggetto racconta storie di vite spezzate, di corpi anestetizzati dalla disperazione, di un dolore venduto a prezzi stracciati. Ed è in questo inferno che, lo scorso dicembre, è stato trovato il corpo senza vita di un giovane modicano. Riccardo Zingaro, presidente dell’Oipa di Vittoria, che da anni si occupa degli invisibili del ghetto, non nasconde la gravità della situazione: «Qui è l’inferno. Degrado e disperazione si mescolano in un cocktail letale – racconta con amarezza – Dopo lo sgombero dell’hotel degli invisibili, la realtà è diventata ancora più cupa. Dico ai miei volontari di non portare solo cibo per i cani, ma anche generi di prima necessità per queste persone – continua – che vivono in un abbandono tale da diventare facili prede delle associazioni criminali: gli forniscono droga a basso costo e li usano per lo spaccio».

Nel frattempo, il ghetto si espande. I casolari si riempiono di nuove vite spezzate e i corpi che si trascinano tra i resti delle case sembrano fantasmi di una città che ha deciso di non guardare. E mentre le istituzioni tacciono, tra le ombre di quei casolari si consuma un dramma collettivo. A cui si oppone la sola e solitaria lotta quotidiana dei volontari. Il ghetto di Vittoria – con il suo degrado, le sue droghe e le sue tragedie – diventa così il simbolo di un fallimento. Che, da invisibile, si sparge come un lento veleno e si diffonde.

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