Raccolta e riciclo dei rifiuti umidi, l’Italia può fare molto di più

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L’Italia ha un invidiabile potenziale nel riciclo dei rifiuti, dai rifiuti elettroni (RAEE) all’umido, e nella produzione di compost di alta qualità, ma la scarsa educazione dei cittadini, l’assenza di impianti adeguati e il divario fra Nord e Sud ne frenano la crescita virtuosa.

Questo è il fermo immagine catturato dalla ricerca che Biorepack (Consorzio Nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in bioplastica compostabile) ha commissionato all’Università Tor Vergata di Roma.

Lo studio, che ha preso in esame le prestazioni dei 112 principali siti di trattamento della FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) ha evidenziato tutte le debolezze della catena di raccolta e trattamento dei rifiuti compostabili.

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LA SITUAZIONE ITALIANA FRA LIMITI E POTENZIALITA’



L’analisi dell’ateneo romano ha portato alla luce tutte le problematiche che impediscono la gestione virtuosa dei rifiuti umidi. Su 20 regioni che compongono la nostra Penisola, solo 7 hanno impianti efficienti, in grado di gestire al meglio la frazione organica, minimizzando gli scarti e lavorandola in modo da ottenere compost di alta qualità.

Sul podio, con un sistema impiantistico in grado di tenere la frazione non compostabile (lo scarto) sotto la soglia del 10%, troviamo il Friuli Venezia Giulia; al secondo posto (15% di scarto) si collocano Veneto e Lombardia.

In una percentuale di scarti generati “non superiore” al 20% (scenario primary) rientrano i sistemi di raccolta e trattamento di Piemonte, Liguria, Emilia – Romagna, Molise e Puglia. Nelle restanti 12 Regioni gli scarti superano il 20%; in 5 regioni in particolare (Trentino Alto Adige, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania) non sono stati riscontrati impianti abbastanza efficienti da riuscire a contenere gli scarti al di sotto del 20%.

Secondo quanto dichiarato da Biorepack, i dati di queste regioni indicano che per ogni 100 chili di rifiuto organico in ingresso in quegli impianti, solo 80 vengono avviati effettivamente a riciclo (valore di media).

Francesco Lombardi, professore e capo del team di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Informatica dell’Università Tor Vergata di Roma, ha commentato:

Solo 7 Regioni, ovvero Friuli Venezia Giulia, seguito da Veneto, Lombardia, Puglia, Piemonte, Emilia Romagna e Molise hanno fatto rilevare al loro interno impianti in grado di mantenere gli scarti al di sotto del 10%.


Se da una parte c’è la mancanza di strutture adeguate a gestire correttamente i rifiuti organici, dall’altra il primo passo nella giusta (o sbagliata) direzione lo compiono i cittadini attraverso la raccolta differenziata.

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In una nota, i ricercatori hanno dichiarato che, se è vero che livello nazionale del tasso di scarto medio si attesta al 21,9% sul totale dei prodotti lavorati, è anche da rilevare che il 7,1% dei prodotti gettati nei bidoni dell’umido sono in materiale non compostabile.

Le lacune educative della cittadinanza sono il primo punto da migliorare, perché la scorretta gestione dell’umido incide profondamente sul recupero di frazioni compostabili che andranno non solo a ridurre il numero di rifiuti da smaltire, ma anche a creare compost utilizzabile come concime.

In una nota, Biorepack ha dichiarato:

[Si tratta di ] Un costo economico e ambientale, evitabile con una serie di interventi mirati: sensibilizzare i cittadini per ridurre la presenza di materiali non compostabili che “sporcano” l’umido, ammettere a riciclo tutte le matrici organiche, ripensare i criteri di separazione dei materiali non compostabili e rispettare le giuste tempistiche di trattamento organico.

Lombardi ha concluso dicendo:

La nostra analisi è un primo tentativo di individuare gli obiettivi a cui il sistema nazionale di raccolta e trattamento dei rifiuti organici dovrebbe tendere in termini di qualità delle raccolte, riduzione della presenza di materiali non compostabili, massimizzazione del riciclo della FORSU e valorizzazione di tutte le matrici compostabili, comprese le bioplastiche.

COMPOSTAGGIO E BIOPLASTICA



Lo studio dell’ateneo romano, che segue la traccia dell’analisi Il contributo positivo delle bioplastiche compostabili per economia, società e ambiente redatta lo scorso autunno dalla School of Management Bocconi (sempre per conto di Biorepack), mette in luce anche il valore aggiunto delle bioplastiche, sfatando falsi miti che circolano su di loro.

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Il documento dell’Istituto meneghino aveva già evidenziato alcuni valori degni di nota, relativi alle performance socio-ambientali ed economiche delle aziende consorziate, ovvero:

  • 5 milioni di tonnellate di rifiuti umidi raccolti da cucine e mense;
  • 1,9 milioni di tonnellate di compost prodotto;
  • 410.000 tonnellate di carbonio organico riportato nei terreni agricoli;
  • 5,6 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente/anno risparmiate rispetto all’avvio in discarica;
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  • 409 milioni di metri cubi (Nm3) di biogas prodotti (411 GWh di energia elettrica, 169 GWh di energia termica e 167 milioni di Nm3 di biometano).

A questo si aggiungono, lato economico:

  • 9,4 milioni di euro distribuiti tra i Comuni e i soggetti gestori della raccolta differenziata in tutta Italia;
  • 436.000 euro di investimenti in ricerca e sviluppo;
  • 37.000 studenti coinvolti in attività educative.

I due studi, come anticipato, hanno analizzato l’impatto delle bioplastiche all’interno della gestione dei rifiuti umidi, dimostrando che, in virtù del loro elevato indice di riciclo, questi packaging non presentano alcun problema gestionale per gli impianti.

In una nota della ricerca romana, gli accademici hanno dichiarato:

Le bioplastiche non presentano problemi gestionali negli impianti con elevato indice di riciclo, ossia con alta efficienza degradativa. In tali contesti, le bioplastiche si rivelano una indubbia risorsa in quanto contribuiscono ad aumentare la quantità di materiale avviabile a riciclo, diminuendo allo stesso tempo gli scarti di processo. Negli impianti a bassa efficienza, al contrario, le bioplastiche vengono scartate insieme ad altre matrici biodegradabili (come gusci di frutta, di uova, ossa o valve di molluschi), oltre che alle plastiche tradizionali e altri materiali non conformi, ragion per cui sono spesso ritrovate non degradate negli scarti.

Carmine Pagnozzi, direttore generale di Biorepack, ha aggiunto:

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Biorepack ha deciso di commissionare questo studio, con un obiettivo principale: verificare le modalità di gestione delle bioplastiche compostabili all’interno del processo di trattamento dei rifiuti organici. In questi anni sono state infatti decisamente eccessive e pretestuose le accuse su una presunta incompatibilità tra le bioplastiche compostabili e i siti di trattamento organico.

Immagini dell’articolo by Biorepack.org



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