Strano Paese la Corea del Sud, un unicum nell’intero pianeta. Nasce nel 1948, dopo la fine del dominio giapponese, occupando la divisione tra il Nord e il Sud poco meno della metà dell’intera penisola coreana (com’è noto nella parte settentrionale è situata la Repubblica popolare vicina alla Russia e alla Cina, frutto degli accordi tra gli Stati Uniti e l’Unione sovietica), e da allora, nel corso della sua incredibile storia, ha vissuto un’esistenza caotica, straordinaria ma anche drammatica, difficilmente riscontrabile altrove. Dunque, anzitutto la guerra fratricida del 1951 terminata nel 1953 – un processo politico che ha condotto il Paese asiatico a una vivace quanto complicata democrazia, non dopo avere sperimentato due feroci dittature, quelle di Park Chung-hee dal 1962 al 1979 e di Chun Doo-hwan dal1980 al 1988. E poi uno sviluppo economico vertiginoso, che ha portato il Pil pro capite dai 1.027,65 dollari del 1960 ai 34.121,02 (più dell’Italia) del 2023, trasformando la Corea del Sud nella quarta potenza economica dell’Asia dopo la Cina, il Giappone e l’India, e nella decima in assoluto nel pianeta.
Obiettivi raggiunti grazie alla presenza di un’importante industria tecnologica e automobilistica, e di un’inedita industria culturale – letteratura, cinema – e dell’intrattenimento, rappresentata per esempio dalla serie televisiva Squid Game, oltre che dalla musica, con il successo mondiale del K-Pop, musica tradizionale coreana contaminata dal pop. Con questi presupposti, apparentemente positivi, non ci si aspetterebbe l’altissimo tasso di suicidi che affligge la società, il più alto tra i Paesi dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Come informa il “Fatto quotidiano”, stiamo parlando di ventisei morti ogni centomila abitanti che coinvolge sia i giovani – è il più alto tasso al mondo di mortalità dall’adolescenza fino ai trent’anni – sia gli anziani, essendo questa la fascia d’età più debole presente soprattutto nelle aree rurali, poco assistita in caso di povertà, a causa di un sistema sanitario nazionale carente, all’interno di un welfare generalmente insoddisfacente. Questo quadro decisamente triste determina il più basso tasso di natalità, 0,72 nati, anche se è in atto una timida inversione di tendenza. Uno scenario – segnato da uno sforzo collettivo, tipico di alcuni Paesi asiatici, fuori misura per raggiungere i risultati economici che abbiamo descritto – che fa da sfondo a una situazione politica che, pur non correndo rischi reali di ritorno alla dittatura, nelle ultime settimane e mesi ha mostrato una grande fragilità, resa evidente dall’arresto, effettuato il 14 gennaio, dell’ex presidente Yoon Suk-yeol, da settimane blindato nella sua residenza di Seul, a cui farà seguito l’interrogatorio da parte dei procuratori, che decideranno definitivamente sull’arresto.
Le accuse formulate, nel corso di una indagine penale portata avanti dal ministro della Giustizia, sono gravissime: insurrezione e alto tradimento. Qualora ritenuto colpevole, l’ex presidente rischierebbe l’ergastolo o addirittura la pena di morte, misura ancora prevista dall’ordinamento giudiziario coreano, anche se dal 1997 non più praticata. Ricordiamo che lo scorso 3 dicembre il presidente aveva imposto la legge marziale nel Paese – una misura che assegna poteri straordinari all’esercito, proibisce qualsiasi attività politica, mette la stampa sotto controllo e vieta lo sciopero, e che può quindi configurarsi come un tentativo di colpo di Stato. Un golpe a causa del quale Yoon è stato sottoposto a una richiesta di impeachment, votata dal parlamento il 14 dicembre scorso, e destituito dall’incarico. Già a inizio gennaio la polizia aveva provato ad arrestarlo, ma le guardie del suo servizio di sicurezza lo avevano impedito.
Questa volta nulla hanno potuto contro un massiccio spiegamento di forze di polizia, oltre tremila agenti, mentre il traffico nei pressi della residenza è stato completamente bloccato con mezzi pesanti per evitare qualsiasi colpo di mano. Per le forze dell’ordine non è stato facile raggiungere l’uomo asserragliato in casa. Hanno dovuto rimuovere il filo spinato collocato intorno alla residenza, usare delle scale e superare altri ostacoli collocati per rendere più difficile l’operazione. Yoon ha puntato l’indice contro il governo per avere violato lo Stato di diritto – un’accusa singolare, visto che a formularla è un golpista – e ha definito l’indagine illegale. L’ex capo dello Stato ha 64 anni, è un esponente del Partito del potere popolare, una forza politica di destra, ed era in carica dal 2022, quando alle elezioni si era affermato di misura, con il 48,56%, contro il suo avversario del Partito democratico, Lee Jae-Myung, arrivato al 47,83.
Aveva motivato il suo tentato golpe con la necessità di fermare operazioni ostili della Corea del Nord, ma era stato subito evidente che l’intenzione era piuttosto di mettere a tacere l’opposizione. Eppure, la prima impressione che Yoon aveva dato al mondo era stata tutt’altra, quella di un leader democratico lontanissimo da tentazioni golpiste che avrebbero fatto tornare indietro l’orologio della storia di trentasei anni. Lo ricorda bene Alessandra Colarizi, sinologa, direttrice del collettivo China Files, nato nel 2008 e composto da giornalisti, sinologi ed esperti di comunicazione specializzati in questioni asiatiche: “Sembra ancora di sentirlo Yoon Suk-yeol mentre intona una delle melodie emblema del ‘sogno americano’: ‘Bye-bye Miss American Pie…’. È il 27 aprile 2023 e il presidente sudcoreano, alla sua prima visita ufficiale a Washington, intrattiene i commensali con un’inattesa performancecanora. C’è clima di festa alla Casa Bianca. L’alleanza con Seul compie settant’anni, e l’esponente della destra sudcoreana sembra pronto a raccogliere l’appello di Joe Biden: farsi promotore dei valori democratici in Asia”. Mai richiesta fu più disattesa.
“Ricordi lontani – sottolinea ancora la sinologa –, il 3 dicembre 2024 Yoon ha dichiarato la legge marziale sconvolgendo la Corea del Sud e sorprendendo il mondo. Il regime militare – imposto per contrastare presunte ‘forze comuniste nordcoreane’ – è durato poche ore. Ma la folle decisione del presidente, bloccata dal parlamento, rischia ormai di avere ripercussioni ampie e durature. In qualsiasi caso, per Seul, inizia una fase di precarietà, con possibili ricadute internazionali”. Ora il potere è nelle mani del ministro delle Finanze, Choi Sang-mok, figura di transizione senza mandato popolare: “A lui – prosegue Colarizi – spetta il compito di tenere insieme i pezzi del Paese. Certo, la Corea del Sud ha una lunga tradizione di involuzioni autoritarie. Ma l’immagine dei carri armati per le strade di Seul sembrava ormai sepolta tra le pagine della storia. Rivederla oggi, dopo quarant’anni, è stato un duro colpo per la reputazione internazionale di una delle più fulgide democrazie asiatiche”.
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