Dove mangiare in Val Pusteria con i consigli di Giorgione



«Niente mi rimette al mondo come 15 giorni tra le mie montagne, è una ricarica che dura un anno intero». Dopo, o meglio con, Anzio e Trani, la Val Pusteria per Giorgio Barchiesi, il Giorgione nazionale che negli anni ha raccolto intorno a sé una tribù di fan “laidi e corrotti” di ogni genere, taglia ed età, è un luogo del cuore e un rifugio per l’anima, come raccontato nel suo secondo libro Giorgione – Le Origini e nel viaggio “smucinatorio” della serie Giorgione, Monti e Cucina girata nel 2016 con Gambero Rosso Channel.

«Io vado per boschi a funghi da quando sono mammoccio. È dal ‘57 che trascorro le vacanze a Villabassa, da piccolo per due, tre mesi interi, ora un paio di sacrosante settimane in cui mi rigenero tra passeggiate, serate nelle stuben a intonare canti tirolesi e, ovviamente, epiche mangiate di tutto il bendidio che si trova qui, nei masi, nei rifugi, nei ristoranti di un certo livello ma anche nei volgari chioschi che trovi per strada, e ti scodellano dei würstel bolliti con crauti da lacrima». Beh, fuori i nomi. «Il mio spacciatore è il chioschetto di una coppia che sta da sempre sulla strada per Monguelfo. Mai avuto nome né insegna, e per la verità si è anche un po’ “imborghesito”, ora fa pure hamburger e panini. Ma i würstel rimangono una poesia».

Da Courmayeur a Villabassa

«Prima di trasferire le nostre vacanze qui, con tutta la famiglia – eravamo 6 figli – si andava a Courmayeur. Poi quando è diventata un po’ troppo mondana mio padre accettò l’invito della sorella, che qui aveva un maso, e si innamorò del Tirolo» ricorda Giorgione. «Per un periodo siamo andati a pensione, poi a casa della mia tata, adesso sono ormai ospite fisso da Adler, storico albergo della famiglia Pircher, dove l’ostessa Helena prepara piatti che sono ormai autentiche rarità. Tipo le tagliatelle “al sangue” o il consommé di capriolo (eccezionale): qui si fa una caccia selettiva, rispettosa dei tempi e dell’habitat della fauna locale. Quando è disponibile il capriolo, Helena con le carcasse prepara un brodo strepitoso».

I canederli della Val Fiscalina e il rifugio della famiglia Sinner

Ma a parte chicche come questa, il grande cuore di Giorgione batte per i ben più diffusi canederli «di fatto semplici “polpette” di pane che qui preparano in mille modi (con verdure, con le rape, con lo speck…) e servono in brodo o ripassati nel burro: una delizia. Davvero buoni quelli del Rifugio Rudi, a Sesto (via Europa, 21): ci arrivi con la funivia e si trova su un grande pianoro a 2000 metri proprio sotto le Tre Cime di Lavaredo. Là ti rifocilli alla grande pure con goulash, cervo, capriolo, kaiserschmarren coi mirtilli. E per ricaricarti mentre cammini o scii ti danno lo skiwasser, l’”energy drink” dello sciatore, a base di sciroppo di lampone, succo di limone e acqua. A pochi passi peraltro, sempre in Val Fiscalina, si trova il Rifugio Fondovalle, dove per vent’anni hanno lavorato, lui come cuoco, lei in sala, mamma e papà Sinner, che io conosco da una vita».

Rifugio Fondovalle

“All’Atelier Moessmer mia madre si faceva fare abiti su misura”

Tra le tappe fisse di Giorgione non manca quello che ormai da due anni è il “rifugio” di Norbert Niederkofler all’Atelier Moessmer, a Brunico, nell’ex villa padronale di una delle più antiche e rinomate fabbriche di tessuti al mondo. «Lì mia mamma (che era un po’ “fru fru”) si faceva fare abiti su misura. E io una volta ho trovato un mantello originale tirolese in loden per 600.000 lire. A prezzo pieno costava oltre 1 milione. Ce l’ho ancora, è praticamente nuovo». Ma nella Val Pusteria di Giorgione ci sono anche il carrè affimicato del ristorantino sopra al lago di Anterselva, l’hotel Waldheim sopra Monguelfo, le mille declinazioni dello strudel, il burro delle vacche Pezzate Rosse “vinoso”, o pustertaler, quelle che crescono nei pascoli in quota, sono più piccole e hanno carne più tenace e “muscolosa”. «Che “si rilassa” nelle lunghe cotture sprigionando profumi e sapori straordinari, che sono quelli delle erbe di cui si nutrono».

La Val Pusteria, o almeno il fazzoletto incontaminato dove Giorgione ogni anno ritorna un tirolese a tutti gli effetti, è un piccolo Eden al riparo dagli effetti collaterali dell’overtourism, che intossica le vicine Cortina o San Candido stessa (anche loro troppo “fru fru”). «È una montagna più selettiva, la Val Pusteria la sceglie chi la conosce. Io qui mi sento a casa dappertutto, ospite-non ospite, sono uno di loro. Ci sono un rispetto dell’ambiente, della cosa pubblica, dell’anziano che noi ce lo sogniamo, c’è sempre qualcosa di nuovo da vedere o da assaggiare. E un impagabile senso di comunità che ti accoglie non appena entri in una stube e ti metti a cantare con loro».



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