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PREZZI: OGNI 100 EURO DI SPESA SOLO 7 NELLE TASCHE AGRICOLTORI, SALE ANCORA INFLAZIONE ALIMENTARE (+2,7%)

I prezzi dei beni alimentari tornano a salire in Toscana con l’inflazione che, secondo l’ultima rivelazione, sale al 2,7% traducendosi in un aumento medio annuale del carrello della spesa di oltre 140 euro per le famiglie, ciò nonostante ai contadini i prodotti agricoli vengono pagati il 2,1% in meno con la forbice dei prezzi tra produzione e consumo che aumenta anche di cinque-sei volte ed anche oltre nel percorso dal campo alla tavola. A fare la voce grossa, nella distribuzione della catena dei valori, sono commercio, distribuzione e trasporto. A denunciarlo è Coldiretti Toscana sulla base delle quotazioni dell’indice Fao ma anche in relazione all’analisi della catena del valore, realizzata da ISMEA Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, sulla base dei dati Istat disponibili.

Su 100 euro spesi dal consumatore per l’acquisto di prodotti agricoli freschi, meno di 20 euro remunerano il valore aggiunto degli agricoltori, ai quali, sottratti gli ammortamenti e i salari, resta un utile di 7 euro, contro i circa 19 euro del macro-settore del commercio e trasporto. Per i prodotti alimentari trasformati la situazione è ancora peggiore con l’utile dell’agricoltore che si riduce a 1,5 euro, solo di poco inferiore a quello dell’industria, pari a 1,6 euro, contro i 13,1 euro del commercio e trasporto che fanno la parte del leone. “C’è un disequilibrio chiaro ed evidente che penalizza le imprese agricole ed i consumatori che guarda caso stanno all’inizio e alla fine della filiera. Chi sta nel mezzo fa affari. – tuona Letizia Cesani, Presidente Coldiretti Toscana – La sostenibilità economica è il primo pilastro di qualsiasi impresa, anche delle imprese agricole che sono in grandissima difficoltà. Serve una distribuzione più equa lungo la filiera e serve soprattutto riconoscere agli agricoltori una giusta ed adeguata remunerazione che non deve mai essere inferiore ai costi di produzione. Come? Applicando la direttiva contro le pratiche sleali. C’è poi il fattore della concorrenza sleale: l’invasione di prodotti che arrivano dall’estero, soprattutto dai paesi extra EU, dove non rispettano le stesse regole sanitarie, ambientali e di diritti dei lavoratori che invece le nostre imprese devono sostenere, affondano le nostre imprese. Ecco perché stiamo chiedendo che sia applicato il principio di reciprocità: se vuoi vendere i tuoi prodotti in Italia ed in Europa devi stare alle nostre regole. L’aumento dei prezzi dei beni alimentari ha poi un altro effetto, ancora più spaventoso: le famiglie, soprattutto quelle più fragili, che devono decidere se pagare l’affitto o mangiare, e sono tante anche nella nostra regione, sono costrette ad abbassare la qualità della loro alimentazione, rinunciando ad alimenti anche importanti, con ripercussioni per la loro salute e sul sistema sanitario nazionale. Noi crediamo che si debba ripartire da un rapporto più equilibrato tra tutti gli attori della filiera”.

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L’approfondimento, realizzato da Ismea, sulla filiera della pasta e su quella della carne bovina ha messo in luce una situazione di sofferenza, con margini particolarmente compressi, se non addirittura negativi, per le aziende agricole e gli allevamenti, mitigati solo dal sostegno pubblico, attraverso la Pac e gli aiuti nazionali. Distorsioni che vediamo bene sugli scaffali acquistando alimenti che sono alla base della spesa di ogni famiglia come, per esempio latte e pane. Un litro di latte, secondo le ultime rivelazione (fonte Osservatorio Prezzi e Tariffe), può costare mediamente 2,04 a fronte di un prezzo riconosciuto alla stalla agli allevatori di circa 54 centesimi che non coprono nemmeno i costi di produzione. Nel caso del pane il prezzo aumenta di dieci volte: i 30 centesimi al chilo riconosciuti agli agricoltori sono molto distanti dai 3 euro pagati dai toscani per acquistare una pagnotta da un chilo. Una situazione – aggiunge Coldiretti Toscana – che evidenzia la necessità di intervenire con una più equa distribuzione nella catena del valore con la recente normativa sulle pratiche sleali lungo la filiera e la rilevazione dei costi standard sotto i quali non devono scendere i compensi. La scarsa remunerazione è infatti tra i principali fattori, insieme alla chiusura delle aziende, dello spopolamento delle montagne e delle zone più svantaggiate che mettono in pericolo il futuro delle aree interne.

Proprio per assicurare una piena trasparenza su quanto i cittadini mettono nel piatto, Coldiretti Toscana con la mobilitazione “No fake in italy”, partita dal Brennero, ha lanciato una raccolta di firme per una legge europea di iniziativa popolare per estendere l’obbligo dell’indicazione dell’origine su tutti i prodotti alimentari in commercio nell’Ue. Una mobilitazione che potrà essere sostenuta firmando in tutti i mercati contadini di Campagna Amica e negli uffici Coldiretti ed è promossa anche sui social media con l’hashtag #nofakeinitaly. “Quello che chiederemo, con oltre 1 milione di firme, è di uniformare le regole rendendo obbligatorio indicare la provenienza su tutti i prodotti in commercio in Europa ed abolire il codice doganale che oggi consente, con una minima lavorazione nel nostro Paese, ad un prodotto di un altro paese di diventare tricolore. – conclude la presidente di Coldiretti Toscana, Letizia Cesani – E’ una battaglia vitale per difendere il reddito delle imprese agricole e la salute dei consumatori”.





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