Fact checking, se Meta insegue Musk: le sfide per il marketing

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Con l’arrivo del nuovo anno si apre un nuovo capitolo nel mondo del digital marketing. Meta, il colosso di Menlo Park, California, proprietario di Facebook e Instagram, ha deciso di riscrivere le regole della moderazione. A partire dal 7 gennaio 2025, il sistema di fact-checking per verificare l’accuratezza dei contenuti sarà sostituito dalle Community Notes, un sistema collaborativo simile a quello adottato da X (già Twitter) sotto la gestione di Elon Musk.

La mossa, annunciata sul blog aziendale e in video dal fondatore Mark Zuckerberg, punta a ridare centralità alla libertà d’espressione, eliminando restrizioni che negli ultimi anni avevano polarizzato gli utenti e influenzato la diffusione dei contenuti. Con questa decisione, Meta sposta il baricentro nella direzione impressa da Musk e verso un modello che privilegia il flusso libero di informazioni e favorisce la partecipazione attiva degli utenti.

Il ritorno alle origini di Meta e il rischio disinformazione

“Sappiamo che, quando Musk per X ha ridotto lo staff di moderazione vari report riportavano che la piattaforma non era più un posto sicuro per fare advertising e questo ha portato ad una riduzione di revenue di X di circa il 60%. Quindi si parla di numeri importanti. La scelta di Meta non credo che porterà a dei disinvestimenti”, spiega Veronica Gentili uno dei volti più conosciuti del marketing che aggiunge: “Per molte aziende e brand Twitter prima e X dopo rappresentava una piattaforma marginale. Il discorso è diverso per l’ecosistema Meta, per aziende e brand gli investimenti su Facebook e Instagram – ad esempio – rappresentano la percentuale maggiore per quanto riguarda il social advertising. Quello che mi spaventa è come questo ritorno alle origini, questa libertà di speech influirà sulla tipologia di contenuti che vedremo. Il rischio del proliferare dei contenuti disinformativi c’è”.

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In un periodo nel quale molte aziende e i loro brand puntano su contenuti di edutainment

Disinformazione come leva di marketing

Anche se le novità annunciate da Zuckerberg non avranno effetto in Europa ci sono due aspetti utili alle riflessioni in atto all’interno di enti, aziende e i loro brand.

Il fenomeno della disinformazione ha assunto una portata globale con l’avvento dei social media. Secondo vari studi, le fake news si diffondono più velocemente delle notizie verificabili, generando effetti sull’opinione pubblica e venendo usata anche come una leva di marketing. La moderazione dei contenuti è stata spesso vista come una soluzione necessaria per arginare queste derive,

Dall’altra parte, i critici della moderazione sottolineano come queste pratiche possano portare a una polarizzazione ancora maggiore. Quando un contenuto viene censurato o etichettato come falso, gli utenti che lo condividono tendono a percepirlo come un attacco alla loro libertà di espressione.

Perché la moderazione non ha funzionato

Il secondo punto è che la moderazione non ha funzionato. Ne è convinto Francesco Di Costanzo, Presidente di Fondazione Italia Digitale e garante dell’agenzia di stampa Dire per il controllo delle fake news. “Sicuramente il sistema della moderazione non ha funzionato come avrebbe dovuto, credo che la verifica contro le fake news si faccia soprattutto attraverso un tema di sensibilizzazione e divulgazione sull’utilizzo corretto delle piattaforme, sui meccanismi che muovono le piattaforme. Si deve investire soprattutto su questo.

Prima di dare giudizi definitivi vediamo come funzioneranno le nuove regole di Meta. Su X, che è il riferimento per questo tipo di scelta, si è liberato tanto contenuto non positivo però alo stesso tempo c’è più facilità di far arrivare contenuti politici o di attivisti che con la moderazione non sarebbe stato facile far arrivare”.

Marketing e comunicazione: un nuovo scenario da esplorare

La rivoluzione di Meta non è però solo una questione tecnica o normativa; è un vero e proprio cambio strategico da fare in corsa.

Se come suggerisce Di Costanzo enti, aziende e i loro brand, dovranno attivarsi su sensibilizzazione e divulgazione sull’utilizzo corretto delle piattaforme con la fine del fact-checking tradizionale e il ritorno di contenuti più controversi nei feed degli utenti, le dinamiche della comunicazione potrebbero subire delle variazioni – per alcuni versi – anche significative.

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Impatti, nuove opportunità e strategie

Con l’introduzione delle Community Notes e il ritorno di una maggiore visibilità per i contenuti politici e “controversi”, si aprono nuovi scenari per le aziende e i professionisti del settore.

La segmentazione del pubblico

Uno degli impatti principali riguarda la segmentazione del pubblico. La diminuzione della moderazione potrebbe favorire la creazione di messaggi più mirati e polarizzanti, pensati per coinvolgere nicchie di utenti con interessi specifici. Questo potrebbe portare le aziende a investire in campagne più personalizzate e in storytelling capaci di sfruttare le dinamiche virali dei social media che spesso sono legate all’attualità e si concentrano sulle posizioni nette.

“Per chi fa marketing e comunicazione, per chi ci lavora, dovrebbero migliorare le cose. Spesso venivano bloccati account e post che a seguito dei controlli effettuati dai sistemi automatizzati venivano ritenuti inadatti anche se erano totalmente innocenti. Parliamo di contenuti che non avevano fatto nulla contro le regole, ma poi diventava molto complicato sbloccare gli account, recuperare i contenuti e la possibilità di postare. Talvolta il rischio era di perdere proprio l’intero account con un dispendio di tempo e denaro” l’opinione di Veronica Gentili.

L’importanza della credibilità del brand

L’aspetto cruciale sarà l’importanza della credibilità del brand. In un contesto in cui la disinformazione potrebbe proliferare, i consumatori potrebbero privilegiare maggiormente le aziende e i brand che si distinguono per affidabilità e trasparenza.

Inserire una notizia non verificata nel proprio flusso di comunicazione, soprattutto se successivamente smentita, rappresenta un rischio significativo che può compromettere la credibilità e l’immagine aziendale e impattare negativamente sul business e sui conti.

Le aziende e i loro brand, in questo contesto, potrebbero quindi inserire nelle loro strategie attività come il brand journalism, rafforzare i propri media (sito internet, blog aziendale, newsletter, house organ) ed investire in contenuti di qualità, adottare strategie innovative per rafforzare la fiducia, ad esempio attraverso l’uso di contenuti autentici generati dagli utenti (UGC) e il coinvolgimento di influencer e micro-influencer e brand ambassador con una forte reputazione, oppure istituendo processi, interni, di fact-checking accurati.

Inoltre, l’introduzione delle Community Notes potrebbe offrire nuove opportunità per il coinvolgimento diretto del pubblico attraverso contenuti che incoraggiano la partecipazione attiva degli utenti, creando uno spazio per il dialogo e la co-creazione. Questa strategia non solo migliorerebbe l’interazione con il pubblico, ma contribuirebbe anche a costruire una community più solida attorno al brand.

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Un’opportunità per sperimentare nuove forme di pubblicità

La riduzione della moderazione, inoltre, può rappresentare un’opportunità per sperimentare nuove forme di pubblicità, meno regolamentate ma più creative, sfruttando i trend emergenti – anche e soprattutto dall’attualità – e la viralità dei social media. Tuttavia, questa libertà comporta anche rischi, come la possibilità di associare il brand a contenuti controversi o polarizzanti. Sarà quindi essenziale per i professionisti del marketing bilanciare innovazione e responsabilità, garantendo che le campagne rispettino i valori aziendali e le aspettative del pubblico.

Europa e Stati Uniti: due velocità, un unico obiettivo

Ma non tutto il mondo segue lo stesso copione. In Europa, le aziende dovranno continuare a rispettare le rigide normative del DSA, che garantisce un livello di moderazione più alto rispetto agli Stati Uniti. Questo significa che i marketer europei dovranno sviluppare strategie differenziate, adattandosi a un pubblico che si aspetta un maggiore controllo sui contenuti.

D’altro canto, negli Stati Uniti, la maggiore libertà potrebbe essere un terreno fertile per sperimentare nuovi approcci. Tuttavia, le aziende globali dovranno trovare un equilibrio tra queste due velocità, sviluppando strategie che rispettino le normative locali ma che siano abbastanza flessibili da sfruttare le opportunità offerte dal nuovo contesto americano.

Ernesto Belisario, avvocato, esperto di diritto delle nuove tecnologie spiega che il Digital Services Act europeo prevede precisi obblighi di contrasto della disinformazione per le piattaforme digitali. In Europa, qualsiasi modifica significativa ai sistemi di moderazione dovrà essere valutata attentamente, dimostrando l’efficacia delle soluzioni alternative. Aggiunge Belisario: “Ma attenzione: la questione va oltre la semplice contrapposizione ‘regolamentazione UE vs deregulation USA’ o ‘diritti vs innovazione’. Quello che emerge è la necessità di un approccio equilibrato: regole chiare ma intelligenti, la cui applicazione venga costantemente monitorata per verificarne l’efficacia e l’impatto sull’intero ecosistema digitale”.

Un futuro tutto da scrivere

Il cambiamento introdotto da Meta non è solo una questione burocratica o politica, è un’opportunità per ripensare alcune strategie di marketing e della comunicazione in un mondo in continua evoluzione.

“Un ambiente digitale moderato può sicuramente esistere, servono delle regole, delle policy, serve un corretto utilizzo che giustamente può essere portato avanti dagli utenti stessi però un ambiente moderato al 100% mi sembra un po’ complicato” afferma Francesco Di Costanzo.

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La sfida per i marketer sarà quella di saper interpretare questi segnali, trasformandoli in azioni concrete che generino valore e provare ad anticipare i tempi che verranno. Perché, come sempre, il digitale non aspetta: chi si ferma, è perduto.



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