Tony Effe a Sanremo, una consigliera della Regione Liguria ne chiede l’esclusione: “Rap diseducativo, sessista, irrispettoso”

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Tony Effe, il cantante ex membro della Dark Polo Gang, è di nuovo nella bufera. Nicolò Rapisarda, questo il nome del trapper romano classe 1991, è noto per i suoi testi controversi da molti considerati sessisti e violenti nei confronti delle donne.

Tony Effe è stato addirittura “censurato” dal Comune di Roma che in un primo momento lo aveva invitato a presenziare allo scorso concerto di Capodanno. A quanto pare iniziano ad esserci polemiche anche in merito alla sua imminente partecipazione al Festival di Sanremo, il prossimo febbraio.

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Importante anche il repertorio di un artista e non solo la canzone che porta a Sanremo?

La consigliera di parità della Regione Liguria Laura Amoretti ha espresso il suo disaccordo, come riporta La Stampa: “Ritengo di dovere esprimere tutta la mia preoccupazione nel vedere al prossimo Festival di Sanremo la partecipazione di artisti che hanno creato il proprio successo con canzoni i cui testi ledono e offendono la figura femminile, ponendola in una posizione di sudditanza, di oggetto, di consumo. Già in occasione della 70ª edizione, nel febbraio 2020, espressi la stessa preoccupazione per la partecipazione del rapper Junior Kelly. Tutto ciò è, ancora una volta, indiscutibilmente opposto a quello che quotidianamente istituzioni, associazioni e semplici cittadine e cittadini operano per promuovere la cultura del rispetto e della parità di genere”.

“Sebbene la scelta degli artisti e i loro relativi brani debba necessariamente aderire a quanto stabilito nel regolamento, indicato dalla commissione musicale del Festival, e sempre nel rispetto del codice etico Rai, non mi sembra opportuno non tenere conto dei contenuti del repertorio del singolo artista con cui ha costruito il proprio successo e che verrebbe ulteriormente evidenziato da una partecipazione pur corretta al Festival.

Nello specifico, esaminando il campionario di immagini che emerge dai testi di Tony Effe, cantante in gara nel prossimo Festival, ascoltiamo di donne a cui mettere una museruola e tenere al guinzaglio, donne oggetto, donne a cui tappare la bocca, questo e molto altro ancora.

E allora mi chiedo, lo stesso Tony Effe, escluso dallo scorso concerto di Capodanno a Roma, ha un curriculum congruo per essere uno degli artisti che rappresenteranno la 75° edizione del Festival della Canzone Italiana? E’ sufficiente presentare un nuovo brano, certamente conforme al regolamento, per dimenticare il pregresso su cui è nato il suo successo discografico? E’ opportuno che, vista la grande risonanza mediatica del Festival, l’immagine che Tony Effe ormai rappresenta quale rap diseducativo, sessista, irrispettoso nei confronti del genere femminile, espressione di un linguaggio violento si esibisca sul palcoscenico della città dei fiori? E’ corretto fare esibire chi ha ottenuto il proprio successo facendo del sessismo e della cultura del non rispetto un prodotto artistico?

Se è vero che la canzone rappresenta un’istantanea della società, è necessario che anche attraverso la musica si rispettino le battaglie che molte donne oggi si trovano a combattere e al tempo stesso doveroso quindi tutelare l’arte in ogni sua forma”, ha concluso.

Rapper e trapper cattivi modelli? O è la famiglia a dover educare?

Giusto censurare questo tipo di artisti? In qualche modo i testi violenti e misogini influenzano il comportamento dei giovanissimi? Oppure non sono i trapper a dover “educare”? Abbiamo spesso parlato di questi temi e ne hanno parlato spesso i diretti interessati.

L’anno scorso ha fatto scalpore la decisione del sindaco di Ladispoli, cittadina laziale, di bloccare il concerto del rapper Emis Killa previsto per Capodanno. Il cantante avrebbe dovuto esibirsi con Guè. Il motivo? Una frase contenuta in un vecchio testo di una canzone di Killa, del 2016, “3 messaggi in segreteria“.

“Preferisco vederti morta che con un altro”, queste le parole incriminate. Le polemiche, come riporta Rolling Stone, sono nate in questi giorni e il cantante ha provato a difendersi dalle critiche dicendo che non si tratta di un inno al femminicidio, ma tutto il contrario. “Nel pezzo – dice – interpreto, invento, racconto fatti che purtroppo per quanto spiacevoli accadono. Non è Emiliano che parla e non penso nemmeno di dover dare troppe giustificazioni a chi non vuole capire. In un altro storytelling molto più recente interpreto Renato Vallanzasca, non so, volete accollarmi qualche anno di galera? Per farmi un’idea di me piuttosto dovreste parlare con le donne che fanno parte della mia vita, dalla mia famiglia alle amiche. Cercate i colpevoli tra i colpevoli, non tra chi è dalla vostra parte pur avendo un altro modo di affrontare le cose”.

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L’attrice Cristiana Capotondi si è scagliata l’anno scorso contro il trap: “Ma l’avete ascoltata la musica trap, di come viene trattata la donna nella musica trap? La ascoltano gli adolescenti. Di che ci sorprendiamo se un giovane di 22 anni considera una donna come un oggetto tale per cui ti tolgo la vita”, ha detto a In Altre Parole su La7.

Come riporta La Repubblicai trapper non ci stanno. Ecco le parole di Luché: “Quanto qualunquismo in classico stile italiano. Come se la donna non fosse mai stata trattata come un oggetto nelle fantasie degli italiani, sin dall’inizio delle televisioni private dagli anni Ottanta a oggi”.

Ecco le parole del rapper Jake La Furia: “Se pensiamo all’ipotetica influenza negativa sui giovani allora bisogna abolire i film d’azione, certa letteratura fantastica, il pulp e un sacco di altre cose. Sono le famiglie — non noi — a dover insegnare certi principi. E poi la nostra musica con i Club Dogo è stata anche cronaca della realtà, e la realtà non è sempre bella”.

Anche il rapper Fred De Palma la pensa così: “Puntare il dito verso chi fa rap o trap è un modo per costruire alibi a chi viene meno al proprio ruolo. Sul palco ci si scanna con insulti anche tremendi, l’opposto del politically correct. Ma è solo fiction”, ha detto mesi fa.

“Non è giusto caricare sulle spalle di rapper di vent’anni il compito di educare, un compito che spetta ai genitori, alla scuola, alla società. Non credo che le persone si regolino nella vita in base ad un pezzo sentito alla radio. Basta accuse ai rapper, nessuno uccide per una canzone”, ha aggiunto.

“Noi artisti raccontiamo le storie. Anche quelle brutte. Non abbiamo la responsabilità di educare nessuno con le nostre canzoni. Sì, ho perso anche io fratelli per la strada ma noi rapper non siamo il male. Non toglieteci questa possibilità di racconto”, così Geolier.

“Io le robe brutte a volte le ho dette, ma il rap è arte e penso che ognuno nasca con un’educazione che arriva dalla famiglia. Non credo che le cose negative si apprendano dalla musica, se io dico ‘vai a sparare’, non è che lo fai. Ci sono sempre stati brani di grandi artisti che non hanno detto solo cose belle, ma ognuno deve avere una propria morale”, questa la risposta di Anna Pepe a chi accusa i rapper di essere cattivi modelli per i giovani.

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