“CREDIBILE IL PENTITO DEI CLAN JONICI”. RISCONTRATE LE ACCUSE DI WILK AL FRATELLO SUL TENTATO OMICIDIO DEL PRESUNTO BOSS

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IL QUOTIDIANO DEL SUD – EDIZIONE DI BASILICATA

FONTE
IL QUOTIDIANO DEL SUD – EDIZIONE BASILICATA

MALA
LUCANA. RISCONTRATE LE ACCUSE DI WILK AL FRATELLO SUL TENTATO OMICIDIO DEL
PRESUNTO BOSS

«CREDIBILE IL PENTITO DEI CLAN IONICI»

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LA CASSAZIONE RESPINGE
IL RICORSO DI UNO DEGLI INDAGATI DELL’INCHIESTA SUI MITIDIERI DI POLICORO

POTENZA
– Sono credibili, almeno a livello cautelare, le accuse del pentito della mala del
metapontino Wilk Mateusz Jacub.

Lo
ha stabilito la Corte di cassazione confermando la custodia cautelare in
carcere per
il fratello del collaboratore di giustizia, Lucasz Marcin Wilk, indagato per il
tentato omicidio del presunto boss di Policoro, Vincenzo Mitidieri, e poi per
danneggiamento, anche
mediante incendio, e tentata estorsione. La
sesta sezione della Cassazione ha respinto il ricorso di Lucasz Wilk contro l’ordinanza
emessa a metà maggio dal Tribunale del riesame di Potenza di conferma.

Per
i giudici della libertà potentini, infatti: «molti dei particolari afferenti
alle condotte illecite, alcune delle quali commesse dal ricorrente in concorso
con il collaborante (il
fratello pentito, ndr), erano tali da poter essere note solo ai partecipi al reato
o alle vittime». Dunque le valutazioni sull’attendibilità delle dichiarazioni
rese ai pm dell’Antimafia di Potenza da Mateusz Wilk sono state effettuate a ragion
veduta.

La
Cassazione menziona, sempre a proposito dell’attendibilità delle rivelazioni del
pentito, il caso un atto intimidatorio che sarebbe stato commesso: «mediante la
collocazione di una testa di cinghiale dinanzi l’abitazione della vittima di
tentata estorsione».

«Analoghe
considerazioni – aggiunge la sesta sezione presieduta da Pierluigi Di Stefano –
valgono anche per il danneggiamento eseguito mediante l’esplosione di più colpi
di arma da fuoco contro un’autovettura».

«Nella
fase delle indagini preliminari – insiste la Cassazione -, i gravi indizi di colpevolezza
richiesti per l’applicazione di una misura cautelare, che devono essere tali
da lasciar desumere la qualificata probabilità di attribuzione all’indagato del
reato per cui si procede, possono fondarsi sulla dichiarazione precisa, coerente
e circostanziata rilasciata anche da un solo collaboratore di giustizia, sempre
che tale dichiarazione
abbia trovato riscontro in elementi esterni, anche di natura logica, tali da
renderne verosimile il contenuto (…) Applicando tale principio al caso di
specie, ne consegue la correttezza del percorso motivazionale seguito dal
Tribunale, lì dove ha riscontrato la sussistenza di elementi fattuali che
confermavano le modalità delle condotte illecite riferite dal collaborante».

A
questo punto la Corte sostiene che «il giudizio di attendibilità estrinseca»
del pentito Wilk sia «ancor più solido» in relazione al tentato omicidio di
Mitidieri, che nel 2019 venne colpito da una raffica di colpi di pistola assieme
al braccio destro, Mario Lorito, dal titolare di un chiosco-paninoteca di
Policoro, Antonio Gialdino.

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Sul
punto il riscontro alle rivelazioni del collaboratore di giustizia sarebbe arrivato
da alcune intercettazioni «dalle quali emerge il ruolo assunto dai fratelli Wilk».
Un riscontro incontestato, secondo la Corte, dal momento il ricorso esaminato
non avrebbe «specificamente
censurato le valutazioni rese con riguardo a tali elementi indiziari» dal
Tribunale del riesame.

La
Cassazione ha respinto, infine, le eccezioni sulle esigenze cautelari poste
alla base della detenzione di Lucasz Wilk.

«A
differenza di quanto sostenuto dal ricorrente – sottolinea la Cassazione – quanto
meno con riguardo al tentato omicidio permane la contestazione dell’aggravante del
metodo mafioso». Lucasz Wik era stato raggiunto da un’ordinanza di custodia
cautelare in carcere assieme ad altre 13 persone nell’ambito di un’inchiesta dell’antimafia
di Potenza centrata sui traffici di droga del presunto clan Mitidieri.

Mateusz
Wilk, invece, è stato già condannato a 6 anni di reclusione in via definitiva, dopo
aver optato per il rito abbreviato, per essersi associato al clan mafioso degli scanzanesi.
Il mese scorso, però, la Cassazione ha creato un evidente contrasto di
giudicati confermando l’assoluzione degli altri presunti componenti del clan e smentendo
l’esistenza di un’associazione mafiosa come quella ipotizzata dall’Antimafia
lucana.

l.a.



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