A proposito di integrazione: quale futuro ci attende?

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Lo spunto delle riflessioni della puntata del Bar di oggi parte da quella serie di avvenimenti che hanno caratterizzato i primi giorni del 2025, e che riguardano la convivenza civile tra noi italiani da generazioni e parte dei giovani islamici di seconda e terza generazione che abita nel nostro paese e, più in generale, in Europa.

Lo scandalo che sta investendo Starmer negli UK, colpito duramente dai commenti di Elon Musk riguardo allo stupro di qualcosa come 250.000 tra bambine e ragazzine inglesi che in diversi anni hanno subito la violenza da parte di gruppi organizzati di pakistani adulti, coperti dalle autorità britanniche in nome del contrasto all’”islamofobia”;

 

la polemica intorno ai carabinieri che, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno provocato la morte di un giovane di origine nordafricana che non si era fermato al blocco stradale o di un altro che girava armato di coltello minacciando i passanti;

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l’incredibile vicenda del liberiano che ha tentato, non più di un mese fa, di violentare una donna all’interno della canonica della Chiesa di Vicofaro, ecco, queste vicende, riportate più nei giornali locali che nei media nazionali, rappresentano ormai un problema generale più grande che va affrontato una volta per tutte.

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Siamo stati circondati da un gruppo di sette o otto ragazzi, intorno ai 20, 25 anni. ‘Italiani di m., ora vi ammazziamo‘, ci hanno detto. Ognuno di loro aveva in mano un coltello e ce lo puntavano a pochi centimetri dalla pancia, mimando il gesto di ferirci. Nel farlo, ridevano e scherzavano tra di loro“, …

È stato choccante. Credo volessero soltanto fare i bulli, non penso avessero altre intenzioni, tipo quella di rapinarci o di ferirci veramente. È stata comunque una situazione molto spiacevole. Ho segnalato il tutto a una pattuglia incontrata poco dopo, poi me ne sono tornato a casa. Cose del genere non dovrebbero succedere

 

Questa è una dichiarazione da parte di una persona da un fatto di cronaca accaduto a Ferrara negli ultimi giorni, che fa da corollario alle vicende di Capodanno di Milano, dove delle ragazze sono state palpeggiate da gruppi violenti di “stranieri” (così ha dichiarato una delle vittime), che hanno praticato fattualmente il “taharrush gamea”, un rituale arabo in cui la donna è vittima di violenza collettiva da parte di decine di uomini in segno di disprezzo, e dove centinaia di giovani si sono arrampicati sul piedistallo del monumento a Vittorio Emanuele II gridando insulti all’Italia e sventolando bandiere di altri paesi (islamici).

 

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Insomma, il problema c’è, inutile nasconderlo, e viene quasi completamente da una gioventù che fa parte di un gruppo sociale preciso. Non si tratta, badiamo bene, di uno scontro di civiltà: qui, di civiltà, non c’è manco l’ombra, anzi, parleremmo proprio di volontà di dominio dell’inciviltà più assoluta.

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Come intendiamo rispondere, come cittadini e come Stato, a questa montante volontà di sopraffazione che cresce sempre di più, e che impedisce a qualunque individuo animato dal buon senso di parlare ancora di integrazione, quando l’integrazione, nei fatti, è rifiutata proprio da chi dovrebbe esserne protagonista?

Sia chiaro: soprattutto nelle città è evidente l’importanza del lavoro svolto da persone immigrate nel nostro paese con l’intenzione di lavorare onestamente, e di questo siamo tutti testimoni. Ma se l’onesto padre lavoratore non riesce a trasmettere al proprio figlio l’amore per la Nazione che li ospita e in cui vivono la loro vita, allora abbiamo un grosso problema, che mi sembra (ahimè) sia sempre più diffuso.

Centra il tema religioso? Si, è fondamentale. E non dovrebbe esserlo: per secoli le tre grandi religioni monoteiste hanno convissuto fra pace, guerre e persecuzioni, e ora sarebbe venuto il momento di ricercare un equilibrio. Ma la microstoria ci dice che questa fase di pacificazione è ancora lontana, per non parlare dei grandi avvenimenti geopolitici che coinvolgono Occidente e Medio Oriente. Ci sono manovre dall’alto, che spingono allo scontro perenne? Il probla non è culturale ma semplicemente di chi manovra i popoli per i proprio scopi? Può darsi, non possiamo affatto escluderlo. Ma riportare alle alte sfere delle decisioni calate dall’alto significa sfuggire il problema dietro l’alibi del “non possiamo fare nulla”, come la poliziotta in Piazza Duomo che invece di intervenire, piangeva impotente.

Forse bisognerebbe smettere di farci da parte ogni qual volta vediamo che qualcosa non va. Forse dovremmo, prima ancora di aspettarci l’intervento dello Stato, rimettere al primo posto il valore della nostra cultura e del nostro modo di vivere che da noi, piaccia o no, sono ancora quelli che si richiamano a memorie latine e cristiane. Insomma, dovremmo farci sentire di più anche noi, nel nostro piccolo, e riconoscere una gerarchia dei valori della nostra società..

Certo, seguendo questa linea, il rischio è che la gente cominci a farsi giustizia da sé. Come a Paternò, dove è partita qualche giorno fa la spedizione punitiva contro chi ha fischiato la processione del Santo Bambino, dopo che un gruppetto di immigrati aveva

 

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fortemente fischiato al passaggio della statua dedicata a Gesù Bambino e anche in seguito, quando il parroco, educatamente, ha cercato di parlare agli stranieri. Poi, visto che c’era il pericolo di aggravare la situazione, ha preferito accorciare la processione e fare rientrare la statua in Chiesa. (Fonti La Sicilia, Voxnews)

 

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Ma il problema è vicino a esplodere, noi dobbiamo decidere, in questa fase, quale ruolo vogliamo giocare come cittadini, Insomma, citando Totò, di fronte all’inciviltà vogliamo essere “uomini o caporali”?

Ne parliamo al Bar con Massimo, Giampaolo e Giulio.

Buona visione!

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