Sembra una copia di Squid Game ma non lo è. Sudcoreana, scritta e diretta da Han Jae-rim, The 8 show trascina gli spettatori all’interno di un game show inquietante e spietato, chiamato Money Game. Qui 8 partecipanti vengono rinchiusi in un palazzo di otto piani, monitorato da telecamere onnipresenti. La sfida? Sopravvivere cento giorni nell’edificio – che non dispone di cibo, acqua o elettricità. La ricompensa: 44,8 miliardi di won, l’equivalente di circa 30 milioni di euro.
L’8 Show è realizzato a uso e consumo di un’audience misteriosa. Invisibile e muta, segue incessantemente otto individui che, avvicinati con la proposta di partecipare al gioco in cambio di cifre potenzialmente astronomiche, accettano di lasciarsi riprendere mentre trascorrono il tempo in una sorta di casa del Grande fratello.
L’aspetto disturbante non si limita al format: lo show è confezionato per intrattenere un’audience misteriosa e invisibile, che osserva silenziosa i protagonisti. I partecipanti accettano di entrare in questa sorta di casa del Grande Fratello, abbandonando ogni riservatezza in cambio di una promessa di ricchezza. Ciascuno di loro riceve un appartamento su uno degli otto piani dell’edificio, collegati da una scala centrale e una corte interna. La scenografia spoglia, quasi asettica, sembra una provocazione mirata rispetto all’estetica elaborata di Squid Game.
Prima di continuare la narrazione occorre fare una premessa: in Corea del Sud chi occupa i piani più alti di un condominio ha più prestigio, e per questo tali locali vengono venduti a cifre superiori ai più abbienti. La famigliola di Parasite, adesempio, vive in un sottoscala, occupando anche gli strati più bassi della società.
Questo classismo si riflette in The 8 Show: gli appartamenti si riducono in dimensioni e comfort scendendo ai piani bassi, e allo stesso modo i concorrenti percepiscono compensi per rimanere nel gioco (più va avanti, più si guadagna) proporzionali. A seconda del piano i concorrenti percepiscono un differente compenso al minuto che forma il proprio montepremi. Per capire di che cifra si tratti, occorre fare un semplice calcolo: 10 mila won moltiplicati per il numero di piano in cui si sta; dunque, chi occupa il primo ottiene 10 mila won al minuto, chi invece vive all’ottavo ne prende 80 mila, e così per tutti gli altri. Non disponendo di alcun bene di prima necessità, i concorrenti sono obbligati a spendere i soldi del proprio montepremi per far fronte ai loro bisogni. Unica eccezione è la piazza comune, dove i partecipanti possono fare acquisti utilizzando come merce di scambio il proprio tempo a disposizione: ogni minuto speso riduce la permanenza nel gioco, diminuendo il potenziale guadagno finale.
Quindi, chi sta all’ottavo piano non è solo più ricco, ma è anche più potente. Ad aver aderito al game show sono otto individui selezionati strategicamente per innescare tensioni e scontri. Al primo piano troviamo un artista circense zoppo e mite (Bae Seong-woo, Veteran); al secondo un’esperta di arti marziali dai solidi principi morali (Lee Joo-young, Believer). Via via, salendo, incontriamo personalità sempre più complesse: al terzo c’è un giovane mediocre e senza personalità (Ryu Jun-Yeol, Alienoid), di cui sentiamo spesso pensieri e riflessioni; al quarto un’impiegata cinguettante e servile (Lee Yul-em, Emergency Declaration); il quinto piano è occupato da una donna di mezz’età arrendevole (Moon Jeong-hee, Seven Years of Night), mentre al sesto c’è un uomo brutale e prevaricatore (Park Hae-joon, Arthdal Chronicles). Infine, al settimo piano si è collocato un ragazzo intelligente e pacato (Park Jung-min, Deliver Us From Evil) e all’ottavo (Chun Woo-hee, Vampire Idol) una giovane donna svampita e disinibita.
Ma non finisce qui, per farsi apprezzare dal pubblico e quindi rimanere il più a lungo possibile all’interno del palazzo, i partecipanti del game show dovranno trovare dei modi per intrattenere gli spettatori e qui comincia la follia: all’inizio regna un’apparente armonia, con i concorrenti intenti a collaborare per fronteggiare le difficoltà comuni, ma ben presto il gioco si evolve in una spirale di violenza e crudeltà.
Dunque: è una serie tv sudcoreana, c’è un gioco con dei concorrenti che fanno cose folli e si vincono un sacco di soldi,… vien da sé pensare automaticamente a Squid Game. È innegabile che ci siano delle analogie e il paragone venga piuttosto spontaneo anche solo dopo aver visto i primi dieci minuti, ma The 8 show si differenzia dalla sua cugina più famosa, più popolare e forse fatta meglio. Il punto di partenza è lo stesso. Il primo episodio ci presenta un giovane indebitato fino al collo che, a un passo dal suicidio, viene salvato dall’allettante proposta di partecipare all’incriminato game show. Qui conosce i suoi avversari che, come in Squid Game, incarnano uno stereotipo, ci sono: l’intelligente, la svampita, il violento, la severa, il timido, il sempliciotto, la subdola e quella che fa tutto ciò che le viene detto. Ogni inquilino è identificato solo dal numero del proprio piano, privato persino del proprio nome.
Nel gioco si sviluppano delle dinamiche sociali senza che nessuno le condizioni, gli autori dello show si limitano a creare un ambiente in cui i rapporti tra i partecipanti possano seguire una normale evoluzione. Ed è per far sì che il game sia interessante che selezionano otto individui completamente diversi tra loro. Qui risiede la differenza principale con Squid Game: la violenza non è né imposta da regole esterne né necessaria per proseguire nel gioco, come avviene in Squid Game. In The 8 show il ricorso alla violenza nasce spontaneamente, un riflesso delle pressioni e delle ambizioni personali. Dapprima solidali e collaborativi finiranno, spinti dall’esasperazione di non trovare espedienti per far divertire il pubblico, per infliggersi pratiche sempre più crudeli per continuare a guadagnare. C’è chi si trasforma in vittime e chi in aguzzino, ognuno manifestando all’estremo la propria indole.
Il parallelo con il mondo reale è evidente: quello che avviene all’interno del game show non è nient’altro che la simulazione di una piccola società, un campione rappresentativo di ciò che è realmente la collettività moderna che la serie vuole criticare senza mezzi termini, sottolineandone il consumismo sfrenato e l’alienazione che caratterizzano la nostra epoca. La pazzia a cui arrivano i partecipanti è la stessa che, in maniera meno esasperata, viviamo nella nostra realtà quotidiana. Anche per questo The 8 Show è diversa ed è ancor più angosciante. Dove Squid Game ci mostrava un incubo improbabile nel quale cento persone si districavano tra prove letali e scenari surreali (una follia impossibile da realizzare), qui sono solo 8 persone che hanno il compito di vivere insieme e gestire tempo e denaro. 8 come i miliardi che popolano il mondo e che ogni giorno falliscono nel medesimo intento.
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