Haiti a 15 anni dal terremoto. “Per favore, non dimenticateci!”

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Il 12 gennaio di 15 anni fa, un devastante terremoto di magnitudo 7.0 colpiva il cuore di Haiti, causando una delle tragedie più gravi nella storia recente del Paese. Il sisma, una catastrofe senza precedenti, ha ucciso più di 220mila persone e causato più di 1,5 milioni di sfollati, devastando le infrastrutture del Paese, comprese migliaia di scuole.

12 gennaio 2010, uno spartiacque nella storia di Haiti

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“Questa è una data indimenticabile per tutto il mondo, non solo per noi ad Haiti. Il 12 gennaio del 2010 ha segnato uno spartiacque nella storia recente. Qui da noi si dice sempre ‘prima o dopo il terremoto’. Ogni famiglia nel Paese è stata toccata dal lutto, perché tutta Haiti ha familiari, amici o conoscenti nella capitale. La capitale ha racchiuso per anni tutto ciò che è centrale nella vita del Paese, e tutti, dalle province, vanno in capitale, continuano ad andare ancora oggi”. Lo racconta Maddalena Boschetti, missionaria a Haiti dal 2002.

Questa data ha segnato ogni haitiano non solo per il trauma vissuto, ma perché la catastrofe sembra non avere fine. Da quel devastante terremoto, la storia di questo popolo è costellata da un susseguirsi di disgrazie delle quali non si vede una fine.

Continua Maddalena: “All’uscita nord della capitale c’è una fossa comune dove sono stati raccolti i resti di 100.000 persone decedute in quell’evento. Questa zona, questo sacrario, come tante altre zone, è nelle mani dei banditi. Tutta la nostra capitale, tutto il nostro Paese sta vivendo una catastrofe umanitaria senza precedenti e non dichiarata, nascosta, oso dire, dal resto del mondo. Parliamo di una catastrofe alimentare, una catastrofe di sicurezza, una catastrofe in cui il cittadino, la persona, perde ogni valore davanti alla violenza e agli abusi di chi cerca il proprio beneficio in queste situazioni. Per favore, non dimenticateci!”.

Haiti oggi: una crisi umanitaria silenziosa alimentata dalla violenza delle gang

Negli ultimi anni Haiti è piombata in una delle crisi più gravi e silenziose della sua storia recente. Non si tratta più solo delle cicatrici lasciate dal devastante terremoto del 2010 o delle difficoltà politiche ed economiche. La nuova emergenza che sta straziando il Paese è quella della violenza delle bande criminali, che controllano ormai l’80% della capitale, e quindi del Paese. Questa escalation di violenza ha causato solo nell’ultimo anno più di 700 mila sfollati, che fuggono dai loro quartieri a causa della presenza di gruppi armati, e la chiusura di almeno 1.000 scuole. Più della metà di questi sfollati è composta da bambini e adolescenti, maggiormente esposti alla violenza, in particolare alle aggressioni, allo sfruttamento e agli abusi sessuali. Inoltre, i minori sfollati e separati dalle loro famiglie vengono facilmente reclutati dalle bande armate. Le scuole, le strutture sanitarie e i mercati sono diventati obiettivi delle gang, che li utilizzano come mezzi per esercitare il controllo su intere zone.

La violenza ha imposto dei limiti anche nella consegna degli aiuti, ha causato un’impennata dei prezzi, aggravando in modo estremo la crisi alimentare nel Paese. Le persone sono costrette a vivere sotto una continua minaccia, senza la possibilità di accedere a cibo, acqua potabile, assistenza medica o istruzione.

Migliaia di famiglie sono costrette ad abbandonare le loro case, cercando rifugio in luoghi più sicuri, sebbene non esistano ad Haiti zone immuni dalla violenza.

Una prigione a cielo aperto

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La continua violenza dei gruppi armati in questi anni ha paralizzato i progressi, lasciando il futuro dei bambini in bilico. Queste continue crisi stanno generando una infanzia interrotta per i bambini colpiti. Il loro futuro è segnato dai ripetuti spostamenti, dalle continue crisi e dalle frequenti interruzioni dell’istruzione che subiscono dal sisma del 2010 ad oggi. 

“Per molti minori nel Paese – dice Chantal Sylvie Imbeault, direttrice di Save the Children a Haiti – la vita finora è stata una serie di crisi, dagli uragani ai terremoti fino alla violenza dilagante a cui assistiamo oggi. Molte famiglie con cui abbiamo parlato sono state sfollate otto, nove, dieci volte negli ultimi 15 anni. Oggi i gruppi armati hanno trasformato Port-au-Prince – la capitale di Haiti – in una prigione a cielo aperto per i bambini. Nessun luogo della città è sicuro. Non possono andare a scuola, né giocare all’aperto, né uscire dai loro quartieri. Il loro futuro sta scivolando via. La disperazione ha spinto i bambini a unirsi ai gruppi armati, alla ricerca di cibo e di un senso di protezione”.

Secondo l’UNICEF, il reclutamento di bambini da parte delle bande armate è aumentato del 70%. Vengono utilizzati come informatori, cuochi o schiavi sessuali. La violenza sessuale a scopo intimidatorio è aumentata del 1000%.

Per favore, non dimenticateci!

Un appello dal cuore e che arriva direttamente al cuore, quello lanciato da Maddalena Boschetti. Che non siano gli anniversari di eventi infausti come questo, né l’attesa di una nuova catastrofe a farci ricordare la sofferenza di questo popolo. Non rinunciamo a cercare i segni di speranza, anche grazie alla resilienza del popolo haitiano. “Con gli occhi della Fede crediamo in un futuro possibile, fatto di ricostruzione e nuove possibilità”.

Chi vive in un paese in guerra anela alla Pace. Chi vive in un paese in guerra può solo augurare Pace, la Pace vera, quella che non è solo silenzio delle armi, ma vita vera, vita all’altezza della dignità dell’essere umano.

Cosa sta facendo Caritas Italiana

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Caritas Italiana, presente nel Paese dal 2010, con l’aggravarsi della crisi umanitaria e grazie a un fondo di emergenza stanziato dalla CEI, cerca di rispondere ai molteplici bisogni umanitari della popolazione sfollata. L’intervento, coordinato da Caritas e implementato da 5 partner locali, tra cui Caritas Haiti, ha come obiettivo quello di fornire, oltre un’assistenza alimentare, anche assistenza sanitaria e protezione all’infanzia e alle categorie più vulnerabili. Le attività si svolgeranno nell’area metropolitana della capitale haitiana, Port-au-Prince, dove si trova la maggior parte della popolazione sfollata e quindi più vulnerabile, e in altri 4 dipartimenti del Sud del Paese, che stanno accogliendo un gran numero di IDP che fuggono dalla Capitale. Un intervento verrà realizzato in Repubblica Dominicana, a favore della popolazione migrante haitiana che fugge dalla violenza e che vive nei bateyes.

Nell’isola, intanto, si continua a sostenere alcune realtà locali, tra cui la congregazione dei Petits Frères de Sainte Thérèse de l’Enfant Jésus (PFST), con la quale si sta portando avanti un intervento in ambito educativo, per la costruzione di alcune aule scolastiche a Cap Rouge, nella Diocesi di Jacmel, così da permettere ad un maggior numero di alunni di avere uno spazio sicuro dove svolgere al meglio la loro formazione.

Sempre in ambito educativo, con la congregazione dei padri Monfortani, si sta concludendo la costruzione di una scuola nella comunità di Gabriel, dipartimento della Grand-Anse, gravemente colpito dal terremoto del 2021.

Aggiornato il 12 Gennaio 2025

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