“Basta con i lavoratori poveri”

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Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil di Rovigo hanno proclamato, per il prossimo 15 gennaio uno sciopero di 8 ore nelle aziende metalmeccaniche del Polesine che aderiscono a Federmeccanica per la rottura del tavolo di trattativa sul Contratto collettivo di lavoro nazionale, con una manifestazione davanti alla sede di Rovigo di Confindustria Veneto Est, in piazza Duomo.

Ieri i segretari delle tre sigle, Davide Benazzo per la Fiom, Luca Gazzabin per la Fim e Mirco Bolognesi per la Uil, hanno spiegato le ragioni della mobilitazione. “Lo sciopero – ha spiegato Gazzabin – è stato deciso dopo la rottura del tavolo della trattativa per il rinnovo contratto nazionale, perché Federmeccanica ha presentato una controproposta con un sostanziale diniego a tutte le richieste sindacali. Non solo, ma la formula presentata andava a stravolgere anche quanto contenuto nel contrato passato scaduto giugno 2024. Dal punto di vista salariale sostanzialmente vogliono far ‘pagare’ la regola di salvaguardia che avevamo inserito, un automatismo del riconoscimento dell’inflazione. Un altro punto è quello della contrattazione aziendale, perché ci è stato risposto che sarà prevista solo per le aziende con redditività solo il 10%, ma nel settore metalmeccanico solo il 15% supera l’8%”.

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Tracciando anche un quadro del panorama polesano, i tre sindacalisti hanno evidenziato che “il comparto metalmeccanico conta circa 7.400 addetti, ma le aziende più strutturate e sindacalizzate sono una trentina per un totale di circa 4mila lavoratori che riusciamo a intercettare, mentre tutte le piccole e medie imprese, che sono numeroso, occupano oltre 3mila lavoratori che non sono sindacalizzati. Dal punto di vista delle dimensioni, non c’è nessuna azienda sopra i mille addetti, mentre solo la Tmb ne ha più di 500. Poco sotto l’Irsap e il gruppo Sit, poi la Carraro, mentre la Draxton è poco sotto i 150 e la Solmec sull’ottantina”.

Un comparto che, anche per effetto dello stallo della Germania e della frenata del settore automotive, sta vivendo un momento a dir poco difficile, “ma non vanno dimenticate anche le ripercussioni della fine del bonus 110% in edilizia e degli incentivi per le caldaie a gas”, ha notato Bolognesi.

“La crisi della Berco – ha rimarcato Benazzo – con i suoi pesantissimi effetti anche nella nostra provincia, è emblematica. Purtroppo, però, temo che a breve poco avremo altre crisi anche in Polesine. Le ore di cassa integrazione, con il dato aggiornato ad ottobre, a Rovigo nel metalmeccanico sono aumentate del 600% sul 2023. Per questo nella nostra richiesta di contratto abbiamo chiesto proprio la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, perché altrimenti le crisi si scaricano o sulla cassa integrazione o sugli esuberi”.

Per questo, ha spiegato Bolognesi, “lo slogan è proprio ‘più salario meno orario’, perché è evidente che ormai la svalorizzazione del lavoro è ai massimi termini. E se è vero che un modo per diventare competitivi e l’abbattimento dei prezzi, bisogna anche considerare che se i lavoratori non hanno soldi da spendere l’economia si ferma e le famiglie non comprano più. Ecco allora la proposta della diminuzione dell’orario, anche per allargare la platea dei lavoratori, perché non va dimenticato che nel prossimo futuro ci sarà il problema sociale della sostenibilità del sistema pensionistico, e perché bisogna porre un freno alla precarietà, per i nostri figli. Perché anche chi lavora si trova ad essere povero. E quando ci sono le crisi, se hai il contratto precario dalla sera alla mattina ti ritrovi senza lavoro”.

Un problema che ha interessato, ha sottolineato Benazzo, “di recente anche un’azienda qui vicino che detto di avere una riduzione produttività e aveva un 30% di somministrati e staff leasing, che sono gli indeterminati con le agenzie e anche qualcuno con 14 anni di anzianità in azienda è stato lasciato a casa. Quando ci siamo confrontati con questa azienda ha detto: non sono dipendenti nostri.

Intanto non rinnovano 12 determinati alla Draxton, 22 fra i due siti Sit, solo per citarne alcuni. Ma i somministrati li stanno lasciando a casa dappertutto. Tuttavia, noi parliamo anche di redistribuzione del reddito perché se andiamo a vedere i dati effettivi dai bilanci del Veneto studio Fiom scopriamo che costo lavoro dal 2019 al 2023 è cresciuto del 19,6%, il risultato operativo dell’89,89%, mentre se vediamo l’utile nelle aziende metalmeccaniche è aumentato del 108%”.

Riepilogando il dato “economico”, Bolognesi spiega: “La nostra proposta era 280 euro al mese di adeguamento, la controproposta intorno ai 133. Otto mesi di discussione e siamo arrivati a un nulla di fatto”. Gli scioperi sono iniziati già il mese scorso. In Veneto si sono aperti il 12 dicembre, con le prime 4 ore di sciopero in provincia di Vicenza, proseguendo poi a Padova, Verona e Venezia venerdì 13 dicembre con 8 ore complessive per ognuna delle province. Considerati i periodi di cassa integrazione e di ferie, Belluno, Treviso e Rovigo hanno invece deciso di scioperare a gennaio, rispettivamente il 13 e, appunto, il 15, così come Vicenza che terminerà le altre 4 ore di sciopero il 14.





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