Quanto è facile comprare un’arma sul web (anche in 3D)

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2 novembre 2024. Apparentemente è una serata come un’altra. Un sabato come tanti. Santo Romano ha 19 anni, ed esce con i suoi amici vicino a casa. Vanno in piazza a San Sebastiano, in provincia di Napoli. Con lui c’è anche la fidanzata, Simona. «Ho sentito il primo sparo e non pensavo lo avesse colpito» racconta a Panorama, con gli occhi lucidi. «Poi Santo cammina, fa tre lunghi passi. E alla fine si accascia».
Il ragazzo viene ucciso da un proiettile che lo colpisce al petto. A sparare è un diciassettenne. La discussione avrebbe avuto origine da una scarpa calpestata. «Un nostro amico per sbaglio ha toccato le sneakers di questo ragazzo» racconta ancora Simona «e lui lo ha accusato in maniera molto aggressiva. Santo si è intromesso per fare da paciere, ma l’assassino cercava a tutti i costi lo scontro».

Quello di Santo, purtroppo, non è un caso isolato: nello stesso periodo, solo a Napoli, sono stati uccisi altri due ventenni. Entrambi dopo liti futili. E tutti con pistole detenute in modo illecito.
La detenzione illegale di armi è un fenomeno in preoccupante crescita, specie perché diventa – da Nord a Sud – sempre più facile anche per i giovanissimi riuscire a procurarsi pistole. A rivelarlo sono i sequestri, ormai quotidiani, effettuati dalle forze dell’ordine. Solo nelle ultime settimane, a Palermo, un uomo – che aveva allestito un laboratorio artigianale per modificare revolver che rivendeva alla criminalità organizzata – è stato arrestato con un piccolo arsenale: 14 tra pistole e fucili, 1.431 proiettili, otto caricatori, quattro silenziatori. Simile quanto accaduto a Nesso, pittoresco borgo nel Comasco, dove un 72enne deteneva un fucile e due rivoltelle con matricola rimossa (oltre a spade, balestre e un arco con frecce).

Ma com’è possibile che sia così facile (anche per dei minorenni, come accaduto a Napoli) procurarsi una pistola?
Se risaliamo lungo i vari canali di vendita si scopre che il principale deriva dai furti in appartamento: «Ci sono bande di ladri che sanno quali sono le case o le ville di persone che hanno regolare porto d’armi. In alcuni casi si trovano autentici arsenali che vengono svaligiati e poi, tramite ricettatori, rivenduti a piccole o medie organizzazioni criminali». Non c’è da sorprendersi. Nel nostro Paese, infatti, con una licenza per uso sportivo (in pratica per andare al poligono di tiro) si può arrivare a detenere tre pistole, fucili da caccia illimitati e fino a 12 fucili semiautomatici (tra questi, tanto per dire, anche kalashnikov, fucili a pompa e Ar-15). In questi casi il «malloppo» viene ceduto a criminali che poi, ovviamente, si preoccupano di cancellare la matricola dell’arma di modo che diventi irrintracciabile.
In altri casi, invece, le armi arrivano direttamente dalla criminalità organizzata. A spiegarcelo è un ex boss della camorra, oggi pentito, Gennaro Panzuto, detto «’O terremoto»: «Oggi vari clan sono stati decimati, chi comanda non ha più lo stesso peso di una volta. E così quello che resta degli arsenali di una volta viene venduto anche a prezzi stracciati a chiunque abbia un minimo contatto».

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Accanto alle modalità più comuni, però, ce ne sono altre. Che arrivano direttamente dal web e, in particolare, dal dark web e da Telegram. Chi scrive questo articolo è riuscito a mettersi in contatto, tramite una persona «interna» a questo mondo, con un «rivenditore» di armi illegali. Nelle storie il contatto pubblica una marea di oggetti: dalle pistole col silenziatore (illegale in Italia anche per chi ha un porto d’armi) fino ai mitra. Noi gli chiediamo una Glock, una delle pistole più comuni. Il contatto ci dice addirittura che c’è scelta a riguardo fra le tre varianti 17,19 e 43x (ciò che cambia è di base la lunghezza della canna). Propendiamo per una Glock 43x. A questo punto, però, chiediamo come possa essere garantito anonimato e, soprattutto, sicurezza nella spedizione. Per mettere alla prova il contatto, specifichiamo di non avere alcun porto d’armi. Ma subito lui ci tranquillizza, facendoci capire innanzitutto che non è la prima volta che spedisce pistole in Italia e che riceveremo tutto tranquillamente eludendo i controlli alla dogana. Dobbiamo a questo punto solo pagare: 700 euro in bitcoin (di modo da rendere la transizione sicura e irrintracciabile). Se avessimo pagato, tempo qualche giorno e avremmo ricevuto comodamente a casa il pacchetto.
Ma non è, questo, l’unico modo per procacciarsi un’arma. Ci sono anche le cosiddette «pistole fantasma», altrimenti chiamate «ghost gun», in inglese. Parliamo di armi da fuoco assemblate privatamente attraverso l’ausilio di stampanti 3D (con moduli scaricati dal deep web) o di kit acquistabili legalmente. Prive di numero di serie, che le rendono del tutto non tracciabili, sono balzate alle cronache dopo l’assassinio di Brian Thompson, ceo di UnitedHealthcare, freddato lo scorso 4 dicembre da Luigi Mangione.
Negli Stati Uniti il loro utilizzo in attività criminali è in aumento: solo nel 2022 l’agenzia Atf (Federal bureau of alcohol, tobacco, firearms and explosives) ne ha confiscate 25.785. Ma, secondo quanto rivelano a Panorama alcuni investigatori che si occupano della questione, anche in Italia il fenomeno è in crescita. Solo pochi mesi fa a Roma è stato arrestato un ventenne nella cui casa erano state trovate, appunto, armi realizzate con la stampante 3D.

«Sono tecnologie che hanno permesso uno sviluppo importante in vari ambiti» spiega Silvio Tassinari della Fab Factory di Roma, una delle società più autorevoli in questo mondo. «Dalla medicina alla cinematografia. Per cui con queste macchine si può fare del bene, ma anche del male».
Per fare del male basta avere a disposizione dei moduli e possedere le competenze del caso. Anche se, ci spiega Fabio, «è ovvio che non tutte le stampanti sono idonee. Ci vorrebbe, per esempio, una macchina che stampa metallo per pensare di fabbricare una pistola funzionante. O, quantomeno, prevedere che alcune parti siano in metallo». A partire, per esempio, dalla canna. Perché altrimenti la plastica a contatto col proiettile potrebbe esplodere.
Modifiche, queste, che rischiano di diventare sempre più comuni. Come ci spiega ancora un investigatore della Sco (Servizio centrale operativo) della Polizia, «sono in aumento i casi in cui si parte da una scacciacani o anche da una pistola giocattolo: si inseriscono parti in metallo ed ecco che quell’arma diventa funzionante». E potenzialmente letale.





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