In pochi giorni bruciata un’area più estesa di Manhattan
Quello che sembra lo scenario di un film apocalittico girato nei famosi Studios della città è la verità: interi quartieri completamente distrutti in poche ore.
Negli ultimi giorni, Los Angeles è stata teatro di una delle peggiori tragedie naturali della sua storia recente. Da Malibu a Santa Monica, da Altadena alla San Fernando Valley, le fiamme hanno divorato ogni cosa sul loro cammino, trasformando la capitale mondiale dell’industria cinematografica in un autentico scenario di guerra. Gli incendi, alimentati dai forti venti di Santa Ana e da mesi di siccità, hanno già distrutto oltre 10.000 strutture, tra case, aziende e edifici pubblici, e hanno provocato la morte di almeno dieci persone. Le autorità locali stimano danni economici che potrebbero superare i 150 miliardi di dollari.
La devastazione e i tentativi di contenimento
Le immagini aeree della zona colpita mostrano un panorama desolante: quartieri interi rasi al suolo, strade ingombre di macerie e veicoli abbandonati, alberi inceneriti e un’atmosfera cupa resa ancor più soffocante dal fumo che oscura il cielo. Il Palisades Fire, il più vasto dei roghi, ha già bruciato oltre 21.300 acri ed è contenuto solo per l’8%. L’Eaton Fire, che imperversa nei pressi di Pasadena, ha distrutto quasi 5.000 strutture e si trova in una fase di contenimento del 3%.
Malibu, una delle località più iconiche della costa californiana, famosa per le sue case su palafitte a ridosso dell’oceano e per i suoi paesaggi mozzafiato, è stata quasi interamente cancellata dalle fiamme. Pacific Palisades, residenza di numerose star di Hollywood, è stata ridotta a cenere: ville lussuose e dimore storiche sono scomparse nel nulla, lasciando solo un paesaggio spettrale di macerie e cenere.
Altadena, una comunità che ospitava famiglie di ceto medio e lavoratori, ha subito gravissimi danni, con interi isolati rasi al suolo. Anche Santa Monica, con le sue famose spiagge e il celebre molo, ha vissuto momenti di grande tensione, quando il fuoco minacciava di raggiungere il centro cittadino.
La reazione politica: tra polemiche e accuse
In questo contesto drammatico, la politica americana non si è fatta attendere. Il presidente Joe Biden ha dichiarato lo stato di emergenza, autorizzando l’erogazione di fondi federali per supportare gli sfollati e finanziare le operazioni di soccorso. Tuttavia, l’evento ha rapidamente assunto una dimensione politica. Donald Trump, presidente eletto, ha attaccato duramente il governatore della California Gavin Newsom, accusandolo di cattiva gestione e chiedendone le dimissioni. Anche il sindaco di Los Angeles, Karen Bass, è finita sotto accusa per la sua assenza durante le prime fasi della crisi, essendo impegnata in una missione ufficiale in Ghana.
“Non lasceremo che la politica interferisca con il nostro lavoro”, ha replicato Bass in una conferenza stampa, sottolineando che la priorità resta la salvaguardia delle vite umane. Nel frattempo, le autorità stanno indagando sulle cause degli incendi: sebbene un piromane sia stato arrestato a Woodland Hills, le prime ipotesi indicano che la scintilla iniziale possa essere partita da un guasto alla rete elettrica locale.
La risposta della comunità: solidarietà e resilienza
Di fronte alla distruzione, la comunità di Los Angeles ha mostrato una straordinaria resilienza. Oltre 150.000 persone sono state evacuate dalle loro abitazioni e molte hanno trovato rifugio presso amici, parenti o in hotel che offrono tariffe scontate per gli sfollati. Airbnb ha messo a disposizione alloggi gratuiti per chi ha perso la casa, numerosi alberghi si sono improvvisati come campi per rifugiati, mentre aziende come Uber e Lyft offrono corse scontate verso i rifugi.
“Abbiamo perso tutto, ma siamo vivi”, ha dichiarato un residente di Pasadena che ha visto la sua casa ridotta in cenere. Come lui, migliaia di persone stanno cercando di ricostruire le proprie vite partendo da zero, affrontando la difficile realtà di aver perso non solo i beni materiali, ma anche i ricordi di una vita intera.
La città continua a lavorare, dove può, mentre l’immensa industria cinematografica si ferma e si mobilita per supportare con raccolte fondi gli interventi di soccorso e la futura ricostruzione. Ad andare in fumo non sono state, infatti, solo le ville milionarie delle ‘celebrities’, ma anche centinaia di migliaia di operatori coinvolti da tutto l’indotto. Un’industria che è legata inevitabilmente alle sorti di questa città, e viceversa. Un’industria che negli ultimi anni ha attraversato il Covid, il lunghissimo sciopero di sceneggiatori e attori e, oggi, una devastazione peggiore di molti film catastrofici creati con effetti speciali.
Il futuro incerto di Los Angeles
La domanda che tutti si pongono è: Los Angeles potrà mai tornare quella di prima? Gli esperti sono scettici. La città dovrà affrontare enormi sfide nei prossimi anni, a partire dalla ricostruzione delle abitazioni distrutte fino alla gestione delle polizze assicurative. Negli ultimi anni, molte compagnie hanno abbandonato il mercato californiano a causa dell’aumento del rischio legato ai cambiamenti climatici. Il cambiamento climatico, la forza degli elementi e la continua siccità sono certamente sul banco degli imputati. Difficile metterlo in dubbio.
La crisi degli incendi ha sollevato anche un dibattito sulle disuguaglianze sociali. Se da un lato celebrità e miliardari possono permettersi squadre di vigili del fuoco privati per difendere le loro ville, dall’altro migliaia di famiglie a reddito medio-basso hanno perso tutto, senza la certezza di poter ricostruire le proprie case. Victor Shaw, un fattorino di 66 anni, è morto carbonizzato mentre cercava di salvare la casa dei genitori con una semplice pompa da giardino.
Anche la storica comunità di Calabasas ha subito gravi danni: le sue colline, note per ospitare ville di lusso e set cinematografici, sono ora uno scenario di desolazione. La San Fernando Valley, con i suoi quartieri popolari e i numerosi studi televisivi, è stata parzialmente evacuata, e molte aziende del settore dell’intrattenimento hanno sospeso le attività.
Una città sospesa tra tragedia e speranza
Nonostante la distruzione, molti cittadini restano determinati a rimanere. “Tutti sanno quali sono i rischi di vivere qui, ma nessuno vuole andarsene”, ha affermato un residente di Topanga Canyon. La costa di Los Angeles ha sempre esercitato un fascino irresistibile e, nonostante i pericoli, continua a rappresentare un luogo di sogni e opportunità.
Nel frattempo, gli sforzi per contenere gli incendi proseguono senza sosta. Con la minaccia di nuovi venti di Santa Ana prevista per la prossima settimana, la città vive in una continua tensione. Gli occhi del mondo sono puntati su Los Angeles, una città simbolo di glamour e successo che oggi lotta contro una delle sue più grandi sfide.
Se la ricostruzione sarà lunga e costosa, una cosa è certa: lo spirito indomabile di Los Angeles non si spegnerà facilmente. La comunità, nonostante le divisioni politiche e sociali, ha dimostrato una capacità straordinaria di unirsi di fronte all’avversità, offrendo un barlume di speranza in mezzo al fumo e alle fiamme che avvolgono la città.
Per tutti coloro, e tra questi il sottoscritto, che hanno avuto l’occasione, il piacere e il privilegio di vivere, lavorare o anche solo visitare questi luoghi, vedere le immagini di distruzione che provengono dalla California è impressionante. Los Angeles risorgerà, come la Fenice, dalle sue ceneri e l’unica certezza è che lo spirito di questi luoghi saprà dare una risposta all’altezza.
Il mio pensiero, in particolare, va anche alla grande comunità italiana locale (circa 36 mila registrati AIRE e quasi 60 mila stimati) che, di Los Angeles. è una delle presenze più vibranti e apprezzate.
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