BlackRock cambia rotta: finanza USA lascia l’alleanza green, fondi verdi in crisi

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Gli Stati Uniti fanno retromarcia sui fondi verdi. E lasciano l’Europa da sola nella finanza green. L’uscita di BlackRock, il più grande asset manager globale con oltre 11.000 miliardi di dollari di attività in gestione, dalla Net Zero Asset Managers Initiative (Nzami) è solo l’ultima di una lunga serie. Ma è anche la più simbolica, e politica. L’addio agli impegni di riduzione delle emissioni era già avvenuto per diversi attori, come Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Morgan Stanley, Vanguard e Wells Fargo. Un modo per ridurre la pressione del legislatori repubblicani, che hanno ridotto le ambizioni climatiche di Wall Street con il fine ultimo di far prevalere l’autonomia strategica degli Usa sul panorama globale dell’energia, come sottolineato da più di uno dei fondi attivisti impegnati nel contrasto all’emergenza climatica. I contraccolpi di questa decisione potranno però impattare sui rendimenti delle società finanziarie europee. Le quali si troveranno a dover escludere diversi fondi d’investimento statunitensi dai loro portafogli.

L’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca sta facendo posizionare Wall Street in una direzione specifica. Il progressismo non è più di moda. E i fondi d’investimento si adeguano. Il cambio di passo è netto. Le pressioni dei Repubblicani pure. In una lettera inviata ai clienti istituzionali, BlackRock ha citato la «confusione riguardo alle sue pratiche» e il controllo legale da parte delle autorità pubbliche come motivi del ritiro dalle alleanze. La società guidata da Larry Fink, così come altri colossi finanziari statunitensi, ha motivato l’addio sottolineando che l’adesione la ha esposta a rischi reputazionali e legali. Una grana comune a tutti gli attori in gioco, dal momento che gli Stati a trazione repubblicana negli Usa stanno intensificando le critiche, e le iniziative legislative, contro le istituzioni finanziarie che promuovono investimenti legati alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance. Vale a dire, tutto il mercato Esg. Lo stesso che dal 2015 a oggi ha rappresentato una fonte significativa di redditività per l’universo degli asset manager.

L’obiettivo di avere oltre 40 miliardi di dollari di attività finanziarie in gestione su scala globale entro il 2030, come ipotizzato dagli analisti di Bloomberg, è sempre più una illusione. BlackRock ha chiuso la porta a un mercato che nell’ultimo lustro ha creato un mercato in cui sono entrati tutti. Tuttavia, nelle ultime settimane, sono più gli addii illustri che le conferme sugli impegni. Si prenda la Net-Zero Banking Alliance (Nzba): Goldman Sachs, JPMorgan Chase e Morgan Stanley ne sono usciti.

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Sotto l’amministrazione Biden, le strategie focalizzate sull’Esg hanno guadagnato slancio, poiché i gestori patrimoniali cercavano di allinearsi con le politiche federali che enfatizzavano la mitigazione dei rischi climatici e la sostenibilità. Tuttavia, queste politiche hanno affrontato una dura resistenza dagli Stati repubblicani, i quali sostengono che i quadri Esg minano le industrie energetiche tradizionali, in particolare carbone e petrolio. Un esempio? BlackRock, insieme ad altre società come State Street e Vanguard Group, è stata accusata di collusione e violazioni antitrust. Un rapporto della Commissione Giudiziaria della Camera ha affermato che queste aziende hanno imposto «obiettivi Esg radicali» alle imprese statunitensi, scatenando azioni legali e minacce politiche.

Se da un lato dell’Oceano Atlantico la traiettoria è netta, dall’altro pure. Le banche e le istituzioni finanziarie europee continueranno a seguire gli obiettivi di transizione green e riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Del resto, secondo i dati di Morningstar, il continente europeo ha raccolto quasi 10,3 miliardi di dollari nel terzo trimestre, rispetto ai 11,1 miliardi del secondo trimestre. L’Europa, ne deriva, è il più grande mercato di fondi Esg al mondo con l’84% degli asset. Ed è questo uno dei motivi che i big del settore, da Amundi a Robeco passando per Pictet, Axa e Bnp Paribas AM e Nordea, fra altri, avrebbero intenzione di continuare con la via che hanno intrapreso da tempo.

Il rischio, sempre più concreto, è quello di creare una netta divisione fra Washington e il resto del mondo. Un elemento che non preoccupa BlackRock. «Circa due terzi dei nostri principali clienti, inclusi tutti quelli in Europa, hanno preso impegni verso il net zero», ha osservato la società, che preferisce adottare un «più pragmatico» approccio. «Continuiamo a valutare i rischi materiali legati al clima, insieme ad altri rischi d’investimento, per soddisfare le esigenze dei clienti», ha evidenziato. Tuttavia, la posizione del board riflette le dinamiche in evoluzione degli investimenti green. Una volta sostenitore vocale, anche se i voti nei cda delle partecipate sono stati ridotti al lumicino, Fink ha riconosciuto la politicizzazione del termine e ha preso le distanze dall’etichetta Esg.

La principale conseguenza potrebbe essere l’impedimento per i fondi europei dedicati all’universo verde di investire nelle società finanziarie, e nelle banche, che hanno target di abbattimento climatico inferiori agli standard Ue. Un blocco de facto che potrebbe congelare un mercato che negli ultimi cinque anni ha dato ossigeno all’Ue. E che potrebbe frenare il processo di transizione energetica ed ecologica che vede impegnata l’Europa.



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