Nei primi giorni del conflitto, i giornalisti nostrani con l’elmetto (cioè quasi tutti quelli asserragliati nelle redazioni dei grandi giornali) si esaltavano raccontando l’eroica risposta della popolazione all’invasione russa: dai cartelli delle indicazioni stradali spostati per sviare le colonne corazzate ai tank incendiati dalle bottiglie molotov fatte in casa. Chissà quale era la fonte di quelle sciocchezze sbattute in prima pagina. Sciocchezze e fake pericolose, però, perché accompagnate all’istigazione ai giovani ad arruolarsi.
La cruda realtà della guerra ha spazzato via ben presto quelle prime nefaste sciocchezze. I carri armati avanzavano guidati da mappe digitali e segnali satellitari, e risultavano inattaccabili perfino dai proiettili perforanti e dagli agenti chimici.
Chissà che fine hanno fatto quei ragazzi, e se qualcuno ripensa a quelle funeste istigazioni.
Armi sempre più potenti. Ma il risultato non cambia e la tensione aumenta
Allora è venuto il momento dei carri tedeschi Leopard in dotazioni a molti Paesi europei e di quelli americani Abramas (con qualche rinforzo dei Challenger britannici, anche perché il campo di battaglia è un plus di immagine da non perdere per imporsi in quello commerciale).
Furono mesi di accesi dibattiti e grandi dubbi: quanti tank? Quali modelli? Quali regole d’ingaggio? Nessuno dubitava si trattasse di un‘escalation pericolosa (i russi, del resto, denunciavano apertamente il progressivo impegno – e responsabilità – della NATO), ma si trattava di una scelta finalmente risolutiva: si sarebbero finalmente potuti inchiodare i russi sul campo di battaglia per avviare le trattative al tavolo della pace giusta.
Che fine hanno fatto i Leopard, che effettivamente sono poi arrivati? Sicuramente non hanno rovesciato le sorti del conflitto, e quindi non hanno costretto i russi alla trattativa (quanto agli Abrams, quelli che restano dopo le inattese perdite al fronte sembra siano stati ritirati per evitare contraccolpi commeciali). Agli occhi della Russia, intanto, il coinvolgimento diretto dei Paesi NATO è diventato un dato che giustifica possibili ritorsioni.
Allora è venuto il momento degli F16. Con il solito corollario di dubbi e pubblici dibattiti sui modelli, sul numero dei caccia da inviare, sull’addestramento del personale, sulle regole d’ingaggio. E, di nuovo, sui giornali paginoni colorati di modellini, soldatini, cartine. Il pericolo dell’escalation ancora più forte, certo, ma ben bilanciato da una svolta finalmente risolutiva, dato che avrebbe spezzato il controllo dello spazio aereo, vera e risolutiva risorsa dei russi.
Che fine hanno fatto gli F16, ora che effettivamente sono stati consegnati? Sicuramente non hanno bloccato i russi nel Donbass (che anzi continuano ad occupare terreno con inesorabile e accelerata progressione) e non risolveranno la mini controffensiva di Kurs (incapsulata in una piccola saccatura al confine russo, forse addirittura utile per per attirare le migliori truppe ucraine e addestrare i nordcoreani, in cambio delle munizioni da loro copiosamente fornite).
Ora è il momento dei Mirage francesi. Fra pochi giorni saranno consegnati i primi esemplari all’aviazione ucraina. La novità è che potranno lanciare i missili a lungo raggio Storm Shadow/Scalp. Non è una novità da poco perché nei mesi scorsi Francia Gran Bretagna e USA hanno autorizzato le forze armate ucraine a usare i sistemi missilistici a lungo raggio oltre i confini, colpendo direttamente la Russia.
Usare armi NATO direttamente sul territorio russo significa non solo un altro salto nell’escalation, ma spezzare il tabù per cui quel cruentissimo conflitto nel cuore dell’Europa sarebbe rimasto chiuso dentro i confini dell’Ucraina.
Anche noi facciamo la nostra parte. Il nostro Paese ha approvato un ulteriore invio di armi all’Ucraina per tutto l’anno in corso (siamo al decimo rinnovo, il quarto firmato dal governo Meloni).
Cosa invieremo sui campi di battaglia è secretato (come sempre, a differenza di molti altri Paesi europei). Sembra però che ci saranno i costosissimi missili Aster che armano il sistema antiaereo Samp-T inviato a Kiev nei mesi scorsi, ognuno dei quali costa due milioni di euro.
Che fine faranno i missili Aster data l’attuale situazione dell’esercito ucraino? Sono costosissimi, ma probabilmente inutili.
Secondo un‘inchiesta del Guardian “la carenza di soldati al fronte è diventata così acuta che lo stato maggiore ha ordinato alle unità di difesa aerea, già esaurite, di liberare più uomini da inviare al fronte come fanteria”. Il risultato, come dichiarano al giornale inglese fonti delle unità di difesa aerea ucraine è che “si sta raggiungendo un livello critico in cui non possiamo essere sicuri che la difesa aerea possa funzionare correttamente. Queste persone sapevano come funziona la difesa aerea, alcuni erano stati addestrati in Occidente e avevano delle vere capacità, ora vengono mandati al fronte a combattere, per il quale non hanno alcun addestramento”.
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