Una sfida epistemologica
L’ottobre 2023 ha mostrato, con drammatica evidenza, la fragilità della verità nell’epoca della comunicazione digitale. Mentre il conflitto israelo-palestinese esplodeva nella sua brutale realtà, sui social media circolava un video che mostrava presunte esplosioni nei cieli di Gaza. Migliaia di condivisioni, centinaia di commenti indignati, persino alcuni media tradizionali pronti a rilanciare quelle immagini. Eppure, quel video era del 2021, manipolato digitalmente, colorato artificialmente, sonorizzato ad arte per apparire attuale. La verità dei fatti, emersa successivamente, non ha potuto che rincorrere affannosamente la menzogna già cristallizzata nelle coscienze di milioni di persone. Questo episodio paradigmatico ci conduce al cuore di una questione che attraversa l’intera storia del pensiero occidentale: il rapporto tra realtà e verità, tra fatto e interpretazione. Il termine stesso “fatto”, dal latino factum, participio passato di facĕre, rivela nella sua etimologia l’ambiguità costitutiva di ciò che chiamiamo realtà: il fatto è ciò che è “stato fatto”, dunque già sempre mediato dall’azione umana, mai pura datità immediata.
Il percorso del pensiero occidentale verso il relativismo contemporaneo ha radici profonde. Gli antichi greci distinguevano tra ἀλήθεια (alétheia), la verità come “disvelamento”, e δόξα (doxa), l’opinione mutevole e ingannevole. La sofistica antica aveva già mostrato come la retorica potesse manipolare l’apparenza fino a renderla indistinguibile dalla verità, aprendo la strada a quella che sarebbe diventata una progressiva erosione della fiducia nella possibilità di una verità oggettiva. Questo processo si è intensificato con l’empirismo di David Hume, che ha messo in discussione la possibilità stessa di derivare certezze assolute dall’esperienza. Immanuel Kant, spingendosi oltre, ha teorizzato l’impossibilità di accedere alla realtà in sé, confinando la conoscenza umana al mondo dei fenomeni prodotti dal soggetto. Il colpo definitivo è arrivato con Friedrich Nietzsche e la sua celebre proclamazione che “non esistono fatti, solo interpretazioni”, aprendo la strada al relativismo contemporaneo.
L’avvento del digitale sembra aver portato questo processo al suo culmine. La tecnologia non si limita a riprodurre o trasmettere informazioni: le crea, le manipola, le trasforma in tempo reale. L’Intelligenza artificiale può generare immagini, video, voci indistinguibili dalla realtà. Il deepfake non è solo una tecnologia di manipolazione, ma il simbolo di un’epoca in cui la distinzione tra vero e falso sembra dissolversi completamente. In questo contesto, la pretesa di un fact-checking tradizionale appare quasi ingenua. L’esperienza stessa è mediata da algoritmi e filtri tecnologici, in un mondo dove la realtà diventa sempre più virtuale, simulata, aumentata. Il flusso continuo di dati e narrazioni in costante metamorfosi sembra confermare definitivamente l’impossibilità di una verità stabile e oggettiva.
Ma non potrebbe essere proprio questa apparente dissoluzione della verità a mostrarci la necessità del suo recupero? Se davvero non esistesse alcuna verità oggettiva, se tutto fosse solo interpretazione e costruzione, come potremmo distinguere l’informazione dalla disinformazione? Come potremmo parlare di fake news se non esistesse un parametro di verità rispetto al quale misurare la falsità? Non potrebbe essere proprio la complessità del mondo digitale, con la sua moltiplicazione delle fonti e la sofisticazione delle tecniche di manipolazione, a richiedere un ripensamento più profondo del nostro rapporto con la verità? Non potrebbe essere proprio la sfida della verifica nell’era digitale a diventare paradigma di una più ampia sfida culturale? Non potremmo vedere in questa apparente crisi l’opportunità di riaffermare la possibilità della verità oggettiva in un contesto che sembra negarla?
In questo senso, non dovremmo forse chiederci se il vero compito che ci attende sia quello di arrenderci alla apparente impossibilità della verità, o piuttosto quello di percorrere nuovi e non interrotti sentieri per il suo accertamento? E non è forse proprio questa la sfida più urgente: comprendere come la verità, per quanto complessa, rimanga il fondamento necessario di ogni autentica comunicazione e di ogni vera conoscenza?
Aggiornato il 09 gennaio 2025 alle ore 17:56
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link