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Il personale sanitario in Italia si trova nel pieno di una “crisi senza precedenti”. È l’allarme lanciato da Gimbe che nel suo ultimo rapporto fotografa il pessimo stato di salute in cui versa il comparto dei professionisti del Ssn.
Il personale sanitario in Italia si trova nel pieno di una “crisi senza precedenti”. Lo ha dichiarato Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe che nel suo ultimo rapporto ha fotografato il pessimo stato di salute in cui versa la sanità italiana.
All’origine delle criticità in tema di personale, Cartabellotta cita “errori di programmazione” che vanno dal definanziamento e alla generale demotivazione e disaffezione dei professionisti sanitari. Ma anche i tagli al Ssn che hanno causato una “contrazione degli investimenti per il personale sanitario dipendente e convenzionato, attraverso misure come il blocco delle assunzioni, i mancati rinnovi contrattuali e un numero insufficiente di borse di studio per specialisti e medici di famiglia”.
Il risultato è che “sempre più giovani disertano l’iscrizione a corsi di laurea come scienze infermieristiche e a specializzazioni mediche meno attrattive, come emergenza-urgenza), mentre numerosi professionisti abbandonano il Ssn per lavorare nel privato o addirittura all’estero”, ha spiegato Cartabellotta.
Tutto questo ha finito per peggiorare “la qualità e la sicurezza del lavoro per chi rimane, spesso costretto a turni massacranti in condizioni di carenza di organico”, che uniti all’aumento “dei casi di violenza fisica e verbale ai danni del personale sanitario, soprattutto nei pronto soccorso, ha ulteriormente compromesso la sicurezza e le condizioni di lavoro”.
Senza” un adeguato rilancio delle politiche per il personale sanitario, l’offerta dei servizi sanitari ospedalieri e territoriali sarà sempre più inadeguata rispetto ai bisogni di salute delle persone, rendendo impossibile garantire il diritto alla tutela della salute”, ha avvertito.
In 11 anni persi 28 miliardi per il personale sanitario
In particolare dal monitoraggio relativo alla spesa sanitaria, è emerso che negli ultimi 11 anni sono stati persi 28 miliardi per il personale dipendente. Questo capitolo di spesa infatti, “è stato quello maggiormente sacrificato”, ha spiegato Cartabellotta.
Dopo una prima contrazione tra il 2012 e il 2018 (da 36,4 a 34,7 miliardi), la curva della spesa era risalita attorno ai 40 miliardi nel 2022 per poi riscendere lentamente. “Se la spesa per il personale dipendente si fosse mantenuta ai livelli del 2012, quando rappresentava circa un terzo della spesa sanitaria totale, negli ultimi 11 anni il personale dipendente non avrebbe perso € 28,1 miliardi”, ha commentato Cartabellotta.
Di questi 28 miliardi peraltro, più di quindici ono stati sacrificati solamente tra il 2020 e il 2023.
Fonte: Gimbe
Quali sono le Regioni con più medici e infermieri
L’ultimo dato disponibile sul personale del Ssn risale al 2022 e riporta un totale di 681.855 unità, per una media di 11,6 unità per mille abitanti. Ma tra le Regioni ci sono parecchie differenze, specie tra Nord e Sud Italia.
Lazio e Campania si collocano al di sotto della soglia nazionale con 8,5 unità, così pure la Lombardia, mentre sopra la media si trovano o tutte le Regioni e Province autonome a statuto speciale di più piccole dimensioni (Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Province autonome di Trento e Bolzano e Liguria).
In generale, nel 2022 i medici che lavoravano nelle strutture sanitarie erano poco più di 120mila, con una media nazionale di 2,11 medici per 1.000 abitanti e un range che varia da 1,80 della Campania a 2,64 della Sardegna.
L’Italia risulta sopra la media OCSE come numero di medici in servizio (4,2 contro 3,7 medici per 1.000 abitanti), ma Gimbe segnala un gap rilevante tra i medici attivi e quelli in quota al Ssn. Per quel che riguarda gli infermieri invece, con 6,5 per 1000 abitanti, l’Italia è ben al di sotto della media Ocse (9,8 per mille abitanti).
Dove si spende meno per il personale sanitario
Anche la spesa pro-capite per il personale riflette questo divario. A fronte di un media nazionale di 672 euro, nel 2023 la spesa pro capite è oscillata dai circa 1.400 euro della Provincia autonoma di Bolzano ai 559 della Campania.
Mettendo in correlazione rispetto al 2022 le unità di personale dipendente con la spesa pubblica totale, emerge che la spesa nazionale è di circa 57 euro e che tutte le Regioni in Piano di rientro mostrano paradossalmente cifre superiori alla media nazionale. “Quest’inedito indicatore dimostra che l’ottimizzazione della spesa pubblica per il personale sanitario è stata gestita in maniera molto differente tra le Regioni”, ha detto Cartabellotta.
“Non a caso, quelle più virtuose nell’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni registrano una spesa per unità di personale dipendente più bassa. Un risultato verosimilmente dovuto sia alla riduzione delle posizioni apicali, sia ad un più elevato rapporto professioni sanitarie/medici, che consente di ridurre la spesa mantenendo una maggiore forza lavoro per garantire l’erogazione dell’assistenza sanitaria”, ha spiegato ancora.
In crescita il fenomeno dei gettonisti
Negli ultimi anni è cresciuto il fenomeno dei “gettonisti”, cioè quei medici e professionisti sanitari che vengono reclutati per svolgere turni negli ospedali tramite agenzie di somministrazione del lavoro e cooperative “con i relativi costi rendicontati come spese per beni e servizi” e che in genere percepiscono compensi più alti dei medici dipendenti.
Secondo il rapporto dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), parliamo di una spesa di circa 580 milioni di euro per il periodo compreso tra gennaio 2019 e agosto 2023.
Da qui l’auspicio di Gimbe a intervenire “per valorizzare la colonna portante della sanità pubblica, rendendo nuovamente attrattiva la carriera nel Ssn e innovando i processi di formazione e valutazione delle competenze professionali. Senza questi interventi, il SSN non sarà in grado di garantire universalmente il diritto alla tutela della salute, rendendo vano qualsiasi tentativo di arginare questa crisi”, ha concluso Cartabellotta.
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