Livorno conquista San Francisco: il successo di Nicotra e Avila, ambasciatori del cacciucco e del made in Tuscany

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LIVORNO. Un sogno americano che sa di cacciucco. Di melanzane sotto il pesto. Di ponce Vittori. Di interni amaranto. Di design made in Livorno. Di clienti che escono sia dal quartiere italiano di North Beach che dal cuore pulsante della downtown, l’iconico Salesforce Transit Center, azzardando un “boia dé”. Qui San Francisco, Usa. Nuovi ambasciatori di toscanità – e soprattutto del cacciucco – che finiscono nella Vetrina Toscana della Regione sono Dario Nicotra e Marco Avila. «Rappresentare la nostra terra, la nostra cucina a San Francisco è una responsabilità che ci riempie di orgoglio». Lo dicono all’unisono, rispettivamente 55 anni e 38 anni. Dalla loro città della Terrazza Mascagni in terra a stelle e strisce stanno creando un impero della ristorazione. Che deve il primo mattoncino a un incontro in spiaggia su terra pisana, al chiringuito del bagno La Siesta, al Calambrone: era il 2017. Nicotra, imprenditore, già negli Usa dal 2009 con il locale “Acquolina” incontra il cuoco Avila. Da qui è storia recente. Di chi osa e parte. Con radici bel salde, il primo tra il quartiere Fabbricotti dove è cresciuto e la casa davanti ai Pancaldi dove viene in vacanza, e il secondo dal rione della Rosa.

“Acquolina” è la prima creatura che da 10 anni a questa parte è una bandiera italo-livornese nella Città della Baia. A novembre scorso l’inaugurazione di Modì, altro tassello della “Livorno connection”, indiscutibile omaggio al grande artista labronico di fama mondiale: qui si fa cucina livornese e caraibica.

Sì, perché come ogni “fusion” che si rispetti, anche Avila che fa l’executive chef – è quello che porta Livorno nel piatto, e non solo – è nato a Cancun dove è vissuto per 15 anni prima di mettere radici nel quartiere livornese della Rosa. E a febbraio arriverà CiaoRigato, a Junior Square. «Sempre tenendo ben presenti le nostre radici che sono un po’ come il cacciucco, fatte di tante culture e tradizioni, qui a Junior Square faremo cucina italo-giapponese. La comunità asiatica è molto numerosa e faremo conoscere la livornesità anche a loro».

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Lasciare la città dei 4 Mori non è stato facile. Ma si torna spesso. A trovare la famiglia, a godersi il lungomare e la Terrazza Mascagni. A farsi un giro al Mercato Centrale per respirare “casa”. «Il mio progetto di vita che credo di poter realizzare tra tre anni è di vivere 4 mesi a Tulum dove ho una casa, 4 a San Francisco e 4 mesi d’estate, a Livorno», esclama Nicotra che un tempo lavorava come direttore finanziario all’Ansaldo Breda e girava il mondo in continuazione. Così conobbe e si innamorò di San Francisco. Poi la scelta di dedicarsi al progetto nell’ambito della ristorazione dove lui si occupa di sviluppo, di management, di concept, business.

Avila, invece, sovrintende tutte le cucine dell’impero labronico, insieme a un team di grande italianità. Tra l’altro anche il nipote di Nicotra, Dario Tobia, è un altro giovane livornese – classe ’88 – che insegue il suo sogno americano. Prima al ristorante Acquolina e poi ha intrapreso il suo percorso imprenditoriale nel settore Food & Beverage. Il suo brand si chiama Kefir Lab, fermentano shot probiotici, kefir e yogurt con colture batteriche scientifiche (simili ad Activia, Danacol, Yakult) e li vendono sia all’ingrosso che online in Nord America. Il genio imprenditoriale labronico che negli Usa mette radici. E si ramifica. Un altro aspetto della “Livorno connection” come ama ricordare Nicotra è un altro livornese che, a distanza, ha scommesso sul progetto Modì: «Massimo Bracaloni, agente generale per le assicurazioni Generali e Ina a Livorno fa parte degli investitori di capitale iniziale». E aggiunge: «Pietro Marsili e Sandra Pantani sono i due architetti livornesi che hanno seguito tutto l’interior design con materiali arrivati via container dal porto di Livorno».

E per quanto riguarda l’impresa del gusto, quella di Nicotra e Avila prende la forma di due – e a febbraio 3 – ristoranti. «Acquolina è come fosse il primo figlio – racconta con orgoglio Nicotra – La nostra bandiera italiana, o meglio livornese tanto che dentro e per le tende domina il color amaranto: qui facciamo moscardini cacciuccati, cacciucco ovviamente, a fine pasto offriamo sempre il ponce: si trova a North Beach che è il quartiere italiano qui di San Francisco». Nel cacciucco made in Usa qualche variante c’è.

Per cause di forza maggiore come spiega il 38enne Avila. «Qui il pesce di lisca non lo trovi e devi fare con alibut, branzino». Nato in Massico, nonna livornese alla Rosa: Avila è cresciuto tra conserve di pomodoro e boia dé.

«La forza del libeccio che fa parte del nostro Dna ci ha permesso qui di andare sempre avanti, insieme a quella filosofia di vita flessibile per cui in ogni situazione ci diciamo “in qualche modo si risolve”: ad oggi abbiamo 70 dipendenti, personale storico che da noi si sente a casa». Le atmosfere di mamma Italia regnano. Così come tanti sono i dipendenti italiani. «La vigilia di Natale l’ abbiamo passata tutti insieme, con i dipendenti e le loro famiglie», continua Nicotra.

E quando si torna, immancabile la colazione in Baracchina Bianca. Il giro al Mercato Centrale a respirare profumi e sapori di casa. Un tuffo sul Romito, la passeggiata fin dentro al porto, un giro in Venezia. «E non deve mai mancare una bella scorpacciata di 5 e 5: abbiamo provato a farla anche a San Francisco ma gli americani lo vedono come una sorta di polenta e sono un po’ diffidenti».

Il Ceo della società e lo chef executive guardano ai giovani livornesi. E chiudono con la voglia di spronarli a credere nei propri sogni: «I livornesi sono creativi, hanno idee, flessibilità: vincere paure e luoghi comuni è essenziale, per esempio, per uscire dalla comfort zone e partire. Come abbiamo fatto noi».

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