Il ddl Bernini va fermato. Ricercatori e lavoratori dell’università uniti contro il governo Meloni e la precarietà! – Partito Comunista Rivoluzionario

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Pubblichiamo il testo del nostro volantino sul ddl Bernini.

Il ddl Bernini va fermato. Ricercatori e lavoratori dell’università uniti contro il governo Meloni e la precarietà!

Dopo aver assestato un duro colpo alla scuola con la riforma Valditara e aver smantellato ulteriormente la sanità, il governo Meloni sta preparando un nuovo affondo: quello all’università pubblica. Il ddl Bernini rappresenta un attacco così profondo che bisogna tornare alla riforma Gelmini del 2008 per trovarne un altro della stessa portata.

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I diretti interessati sono i ricercatori precari. La maggiore novità del decreto infatti riguarda il pre-ruolo, ovvero quel percorso infernale che devono attraversare tutti i precari prima di essere stabilizzati, qualora ci riescano. La riforma Bernini allunga i tempi di questo calvario e istituisce quattro nuove figure: l’assistente alla ricerca junior (a cui possono accedere i neolaureati), l’assistente alla ricerca senior (a cui possono accedere i neodottorati), i contratti post-doc, e i contratti di ricerca. La durata di questi contratti va da un minimo di pochi mesi ad un massimo di tre anni. Insomma, gli assegni di ricerca non ci sono più ma ora possiamo essere precari in quattro modi diversi, uno peggiore dell’altro!

A queste figure, che nella quasi totalità dei casi non prevedono un vero contratto di lavoro, se ne aggiunge un’altra, quella del professore aggiunto. Questo docente, che sarà nominato su cooptazione da chi gestisce i fondi di ricerca, potrà venire anche dal mondo imprenditoriale, avrà incarichi di didattica e di ricerca e dunque potrà modificare gli insegnamenti in base ai suoi interessi economici particolari. Questa è una gestione privatistica di fondi pubblici!

Ma l’attacco all’università pubblica va oltre il ddl Bernini. Il governo Meloni ha già tagliato il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) del 2024 di oltre 513 milioni di euro, e ulteriori tagli sono inclusi nella legge di bilancio del 2025. Le università nei prossimi anni subiranno perdite di fondi per 1,3 miliardi di euro. Nessuna università è esclusa dai piani del governo e i rischi ricadono soprattutto sugli atenei di piccole dimensioni e su quelli del sud.

Nel mentre il governo porta la spesa militare al suo picco massimo nella storia della repubblica (32 miliardi di euro) e concede enormi agevolazioni alle università telematiche e private, vere e proprie società di capitali in cui investono politici e padroni.

Ma cosa succede se non ci sono i fondi? Semplice! Si aumentano le tasse universitarie, si riducono i servizi per gli studenti e si chiudono i corsi di laurea. Senza fondi non si potranno assumere nuovi docenti, su cui peraltro ricade anche il blocco del turnover, non si potranno rinnovare i contratti del personale tecnico-amministrativo e bibliotecario adeguandoli all’aumento dell’inflazione, ma non si potranno neanche finanziare le borse di studio e la costruzione delle residenze universitarie. Tutto questo provocherà l’espulsione di una fascia di studenti, soprattutto i figli di lavoratori, dall’università. L’attacco è grave e non possiamo permettere al governo di distruggere il diritto al lavoro e quello allo studio. È arrivato il momento di mobilitarci in difesa dell’università pubblica, di mettere in piedi un percorso di lotta che necessariamente dovrà passare anche per la proclamazione di uno sciopero di tutto il settore università.

Chiediamo:

– La stabilizzazione di tutti i ricercatori precari. Ne sono 40mila, e corrisponde esattamente al numero che, per stessa ammissione del governo Meloni, servirebbe per superare la condizione di sotto-organico in cui si trova l’università.
– Applicazione del contratto di lavoro per tutti i ricercatori precari. Riconoscimento del diritto alla malattia, alla maternità, alle ferie e allo sciopero.

– Sblocco del turnover. Nei prossimi anni andrà in pensione il 18% del corpo docente. Per ogni professore in pensione ne venga assunto un altro!

– Scala mobile dei salari per tutti i lavoratori dell’università, a partire dal personale tecnico-amministrativo, bibliotecario e dei precari.

– Libri, non bombe. Si finanzi il diritto allo studio ripristinando i finanziamenti sottratti e destinandone ogni anno almeno altrettanti. Si prendano i soldi dalle spese militari.

– Ritiro della riforma Gelmini e di tutte le riforme che hanno smantellato l’università. Vogliamo l’università pubblica, di massa e di qualità.

 



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