Acque depurate in agricoltura: le proposte di ANBI e l’esempio virtuoso del Consorzio Acque Risorgive

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La sfida dell’azoto nelle acque depurate: il modello virtuoso del Consorzio Acque Risorgive per il disinquinamento della Laguna di Venezia

La recente bozza di Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) proposta dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha generato profonde preoccupazioni tra i Consorzi di bonifica e il mondo agricolo. Questa normativa prevede che le acque reflue depurate siano destinate all’irrigazione, ma impone oneri e responsabilità che rischiano di gravare sui Consorzi e, di riflesso, sugli agricoltori.

Per approfondire la questione Affaritaliani ha intervistato Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI, che ha affermato: Siamo disponibili a concertare le modalità di utilizzo di un patrimonio idrico come quello delle acque depurate in maniera complementare alle consuete fonti irrigue riducendo, ad esempio, i prelievi in falda, rischiosi per l’assetto idrogeologico dei territori. Al tempo della crisi climatica e delle ricorrenti stagioni siccitose, l’uso di acque reflue, certificate e garantite da soggetti terzi nella loro qualità, potrà dare maggiore equilibrio agli ecosistemi, garantendo al contempo sicurezza di risorsa, quindi anche di produzione e reddito, all’agricoltura“.

L’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) ha richiesto una revisione del testo per evitare costi aggiuntivi che minerebbero la competitività del settore primario. La normativa europea sul riutilizzo delle acque reflue impone un uso crescente di acqua depurata in agricoltura, ma il suo elevato contenuto di azoto – ritenuto un nutriente dalle aziende di depurazione – rappresenta un problema complesso: utile solo per tre mesi all’anno, l’azoto si trasforma per i restanti nove mesi in un inquinante dannoso.

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Azoto: nutriente o inquinante?

L’azoto, se presente in eccesso, rappresenta un rischio significativo per l’ambiente. Quando le acque reflue depurate vengono utilizzate senza adeguati trattamenti, l’elevato contenuto di azoto può contaminare i corsi d’acqua, favorendo fenomeni di eutrofizzazione. Questi processi, caratterizzati dallo sviluppo incontrollato di alghe che consumano ossigeno, possono portare alla morte della fauna ittica e alla degradazione degli ecosistemi. ANBI sottolinea l’importanza di garantire acque certificate e sicure per l’uso agricolo, un elemento cruciale non solo per la tutela della salute pubblica ma anche per la qualità della produzione alimentare. Inoltre, il carico economico di eventuali trattamenti aggiuntivi non dovrebbe ricadere sugli agricoltori, già penalizzati da costi crescenti e margini sempre più ristretti.

Il modello del Consorzio Acque Risorgive

Il Consorzio di bonifica Acque Risorgive rappresenta un esempio virtuoso nella gestione del problema dell’azoto: grazie a interventi finanziati dalla Regione Veneto nell’ambito del piano per il disinquinamento della Laguna di Venezia, il Consorzio ha adottato soluzioni innovative basate su processi naturali di depurazione come la fitodepurazione, a testimonianza di come la concentrazione di tale elemento possa diventare un problema per l’equilibrio ambientale.

La fitodepurazione è un sistema semplice ed efficace”, spiega Carlo Bendoricchio, Direttore del Consorzio di bonifica Acque Risorgive ai microfoni di Affaritaliani. “Consiste nel mantenere una vegetazione specifica lungo i canali o all’interno di bacini di laminazione e fitodepurazione, che solitamente sono aree parallele ai canali ma separate da essi. In queste aree viene convogliata una quantità calcolata di acqua dai canali, stabilendo con precisione la portata necessaria per ottimizzare il processo depurativo”.

Questo metodo utilizza zone umide naturali e fasce tampone vegetali per assorbire e trasformare l’azoto nitrico (N-NO3) in azoto molecolare (N2), liberandolo nell’atmosfera e riducendone l’impatto nelle acque. I risultati sono straordinari: riduzioni annuali di azoto totale tra il 36% e il 70% e di azoto nitrico tra il 52% e il 94%. Questi interventi hanno migliorato la qualità dell’acqua, ridotto i rischi di eutrofizzazione e incrementato la biodiversità, trasformando le aree umide in ecosistemi di alto valore naturalistico.

Un approccio basato sulla natura

Il Consorzio Acque Risorgive ha scelto un approccio sostenibile, evitando tecnologie invasive e privilegiando soluzioni basate sulla natura (NBS, Nature-Based Solutions).

Le piante utilizzate attivano processi di nitrificazione e denitrificazione attraverso il loro apparato radicale immerso nell’acqua. Questo permette di trasformare le sostanze azotate disciolte nell’acqua in azoto gassoso, che viene poi rilasciato nell’atmosfera”, aggiunge Bendoricchio nell’intervista ad Affaritaliani.

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Gli interventi non prevedono l’impermeabilizzazione dei bacini o l’uso di materiali incompatibili con l’ambiente, lasciando spazio alla colonizzazione spontanea della vegetazione. Le fasce tampone, ampiamente utilizzate, seguono il corso di fiumi e canali e intercettano i nutrienti prima che raggiungano i corpi idrici. Con una larghezza che può raggiungere i 50 metri, queste fasce non solo filtrano l’inquinamento ma valorizzano il paesaggio e la biodiversità.

“Noi abbiamo scelto di utilizzare la fitodepurazione come uno strumento di valorizzazione ambientale. Questo approccio enfatizza l’aspetto ecologico dei corsi d’acqua, sacrificando parzialmente l’efficienza depurativa per favorire il recupero ambientale. Ad esempio, con impianti più intensivi avremmo potuto ottenere una maggiore riduzione delle sostanze nutrienti a parità di superficie. Tuttavia, abbiamo ritenuto che il valore aggiunto in termini di biodiversità e qualità ecologica fosse essenziale”, sottolinea Bendoricchio.

Dal 2003 al 2024, il Consorzio ha portato a termine interventi di notevole rilevanza, che hanno incluso la realizzazione di 215,3 ettari di aree umide, 81,3 ettari di boschi igrofili, 24,2 chilometri di fasce tampone arboree e la riqualificazione di 56,9 chilometri di corsi d’acqua.

L’obiettivo regionale fissato nei primi anni 2000 era di limitare il carico annuo nel bacino scolante della laguna a 3.000 tonnellate di azoto e 300 tonnellate di fosforo. Grazie agli interventi effettuati, crediamo di aver raggiunto questo traguardo”, ha concluso Bendoricchio.

Le richieste di ANBI

ANBI insiste sulla necessità di certificare la qualità delle acque depurate prima che siano utilizzate in agricoltura. La bozza del D.P.R. attribuisce infatti ai Consorzi di bonifica responsabilità e costi per monitorare e migliorare le acque, senza adeguate garanzie di supporto economico. Non tutte le acque reflue trattate sono uguali”, sottolinea Gargano. “È essenziale introdurre principi e sistemi di certificazione che garantiscano, sia ai consorzi di bonifica e agli agricoltori, sia ai consumatori, la sicurezza assoluta della qualità di queste acque”.

Il rischio altrimenti è di danneggiare gravemente la competitività del settore agricolo, soprattutto in aree idricamente svantaggiate.Facciamo appello al Ministro Pichetto Fratin: incontriamoci, discutiamo. Troverà interlocutori con idee chiare, pronti a confrontarsi per trovare soluzioni, siamo certi che il Ministro comprenderà che la nostra richiesta è di avviare un confronto costruttivo e basato sui fatti”, aggiunge Gargano. La corretta gestione delle acque reflue è cruciale non solo per l’agricoltura ma per la sostenibilità ambientale complessiva, e il modello del Consorzio Acque Risorgive dimostra che soluzioni efficaci e rispettose dell’ambiente sono possibili. “L’acqua è un bene comune e deve essere gestita come tale, applicando pienamente il regolamento comunitario”, conclude il Direttore Generale ANBI ai microfoni di Affaritaliani.



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