Suicidio assistito, in due anni 15 richieste in Veneto ma il vuoto normativo rimane

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di
Michela Nicolussi Moro

L’anno scorso la bocciatura della legge in Consiglio, Roma non decide. Riesplode la polemica

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Sono 15 le richieste di suicidio medicalmente assistito presentate alle Usl del Veneto dalla fine del 2022 al settembre 2024. Una ha ricevuto parere favorevole (quella di Vittoria), otto responso negativo, due sono in fase di valutazione, due si sono convertite in rinunce, due sono decadute per la sopraggiunta morte dei pazienti e tre sono pendenti, perché riguardano persone affette da malattia mentale. Lo certifica una nota di Massimo Annicchiarico, direttore generale della Sanità regionale, in risposta alla richiesta della consigliera Elena Ostanel («Il Veneto che vogliamo»)

La «sentenza Cappato»

«Le patologie correlate alle richieste sono di tipo oncologico, neurodegenerativo o riguardanti vascolopatia cerebrale, gastrointestinale, respiratoria, reumatologica — scrive Annicchiarico —. Solo in tre casi viene indicato un sostegno vitale (uno dei requisiti stabiliti dalla Corte Costituzionale per ottenere il suicidio assistito, ndr), quale: terapia farmacologica con assistenza continua; trasfusioni; ventilazione meccanica non continuativa». Va ricordato che la «sentenza Cappato» emessa dalla Consulta il 23 settembre 2019 è l’unico provvedimento a regolare il fine vita in Italia. Soprattutto dopo la bocciatura, il 16 gennaio 2024 da parte del Consiglio regionale del Veneto, della legge di iniziativa popolare depositata con 9.072 firme dall’Associazione Luca Coscioni attraverso il movimento «Liberi subito», il cui testimonial diventò Stefano Gheller. Il cinquantenne di Cassola (Vicenza) malato di distrofia muscolare e il 13 ottobre 2022 autorizzato dall’Usl Pedemontana al suicidio assistito, quando avrebbe voluto. Ma di cui non usufruì, perché morì di Covid nel febbraio 2024.




















































«Scelta di civiltà»

La legge di iniziativa popolare, che il governatore Luca Zaia definì «una scelta di civiltà» ma che finì affossata dalla spaccatura del centrodestra (Lega favorevole, Fdi e FI contrari), chiedeva tempi certi per accedere al suicidio assistito, obbligando l’azienda sanitaria competente per territorio a «esaurire la verifica delle condizioni del paziente entro venti giorni dal ricevimento della richiesta». La sua mancata approvazione non inficia il diritto dei malati con i requisiti richiesti ad accedere al fine vita, ma lascia tempi e modalità all’organizzazione delle varie Usl, che infatti procedono in ordine sparso. Per non dover aspettare, nell’estate 2022 una malata terminale di tumore di Spinea, Elena Altamira, 69 anni, scelse di andare a morire in una clinica svizzera. «Servono tempi certi, si arrivi subito ad una norma a tutela dei pazienti — esorta Elena Ostanel —. Il caso di Vittoria dimostra ancora una volta quanto la proposta di legge respinta dal Consiglio regionale sia necessaria. Ci sono malati che non sono riusciti a ottenere il via libera al suicidio assistito e altri morti nell’attesa. Ho risollecitato l’Ufficio di presidenza della commissione Sanità a convocare il governatore Zaia e l’assessore alla Sanità, Manuela Lanzarin, affinché relazionino sul suicidio medicalmente assistito e su come si stia garantendo questo diritto nel Veneto. Se non sarà la commissione Sanità a riportare il testo in consiglio, dovrà essere la giunta Zaia a impartire linee guida che indichino tempi e modalità certi per l’accesso a tale procedura».

Libertà di scelta, dignità e dolore

Intanto si sta lavorando a livello nazionale. «Lo scorso novembre sono iniziate in commissione Giustizia del Senato le audizioni relative al progetto di legge sul fine vita depositato da Alfredo Bazoli, deputato del Pd — ricorda Annamaria Bigon (Pd), vicepresidente della commissione regionale Sanità, che contribuì alla bocciatura della legge popolare astenendosi dal voto —. Quel testo, nella passata legislatura, era già passato alla Camera ma poi è cambiato il governo e l’iter è ripartito dall’inizio. Il fine vita va regolamentato a livello nazionale, con norme uguali per tutti sull’intero territorio nazionale. Resto di quest’idea». D’accordo Alberto Villanova, capogruppo della Lista Zaia: «Concedere la libertà di scelta a chi soffre e rispetta i requisiti previsti dalla Consulta significa rispettare la libertà di scelta, la dignità e il dolore del malato. Serve una legge nazionale in grado di garantire a questi pazienti uguali diritti e una risposta in tempi ragionevoli».

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