I Comuni possono controllare le bollette di acqua luce e gas?

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Come si svolgono i controlli comunali sulle utenze domestiche per scovare le finte residenze e le false dichiarazioni per l’esenzione dal pagamento IMU e TARI.

Molti lettori ci domandano se i Comuni possono controllare le bollette di acqua, luce e gas delle abitazioni situate nei loro territori, e, in caso affermativo, quando e perché. In questo articolo ti spiegheremo come, e in base a quale normativa, i Comuni possono accedere ai dati dei fornitori delle utenze domestiche.

Poteri di controllo dei Comuni sulle bollette

Ti anticipiamo subito che il potere di controllo dei Comuni sulle bollette è legale e avviene per una precisa ragione: capire se le case sono veramente abitate per la maggior parte dell’anno – e in tal caso i proprietari hanno diritto all’esenzione IMU prevista per le abitazioni principali, nonché ad alcune riduzioni della TARI – oppure vengono utilizzate soltanto per le vacanze, e perciò non possono esserci sconti sull’importo dovuto per il possesso e l’utilizzo dell’immobile.

In sostanza, i controlli dei Comuni sulle utenze domestiche servono a scovare le finte residenze di comodo, dichiarate e stabilite proprio per beneficiare – indebitamente – di esenzioni e riduzioni IMU ed anche TARI, la tariffa sui rifiuti.

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Questo fenomeno è particolarmente diffuso nelle località turistiche, sia estive sia invernali, ma talvolta riguarda anche le grandi città, se i proprietari cercano di eludere il pagamento dell’IMU dichiarando falsamente la propria residenza in quell’immobile, mentre in realtà si tratta di una seconda casa, per la quale il tributo (salvi casi particolari) è dovuto in misura piena.

Ricordiamo che, per quanto riguarda l’IMU, l’esenzione dell’abitazione principale è concessa solo se l’immobile costituisce la residenza effettiva ed anche la dimora abituale del possessore, mentre per la TARI la tariffa applicata varia in base al numero di occupanti dell’immobile, alla superficie calpestabile e ad altri parametri – compresi quelli relativi all’agibilità del fabbricato – idonei a quantificare, sia pur presuntivamente, la quantità di rifiuti prodotta.

Come i Comuni contrastano l’evasione IMU e TARI

Per contrastare l’endemico fenomeno dell’evasione dei tributi locali – tra cui, soprattutto, l’IMU e la TARI – i Comuni hanno a disposizione diversi strumenti di controllo, tra cui c’è proprio la verifica “a tavolino” dei consumi di acqua luce e gas. Il monitoraggio è facilitato dal fatto che ormai questi dati sono interamente informatizzati, e, come vedremo adesso, possono essere acquisiti direttamente dalle società erogatrici e fornitrici dei servizi.

Lo strumento che ora analizzeremo nel dettaglio si aggiunge alle altre metodologie di controllo applicate dai Comuni, come:

  • il classico sopralluogo della Polizia locale per verificare se le case sono effettivamente occupate ed utilizzate come residenza;
  • i controlli incrociati con le informazioni presenti negli archivi anagrafici, catastali ed altre banche dati delle Pubbliche Amministrazioni;
  • la facoltà di richiedere ai contribuenti la documentazione necessaria a verificare la veridicità o meno delle dichiarazioni presentate (e in tal senso l’intestazione formale della bolletta è soltanto una presunzione, mentre il dato concreto è rappresentato proprio dai consumi effettivi rilevati).

Controlli comunali sulle utenze domestiche: normativa

La normativa di riferimento che consente ai Comuni di accedere ai dati dei consumi delle utenze domestiche (acqua, luce, e gas) esiste dal 2011 e concerne il sistema informativo della fiscalità locale (art. 2 e ss. D.Lgs. n. 23/2011), che prevede, tra l’altro, la specifica possibilità di accesso dei singoli Comuni ai dati relativi alla «somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio», nonché «a qualsiasi altra banca dati pubblica, limitatamente ad immobili presenti ovvero a soggetti aventi domicilio fiscale nel comune, che possa essere rilevante per il controllo dell’evasione erariale o di tributi locali».

Queste facoltà sono state potenziate dalla recente introduzione del “Portale dei consumi”, un’applicazione istituzionale gestita da ARERA (Autorità di Regolazione Energia, Reti e Ambiente), che consente di esaminare e monitorare nel dettaglio i dati storici dei consumi di energia elettrica e gas, inseriti periodicamente dai vari fornitori.

Tutto questo significa, in pratica, che i Comuni, tramite il sistema informativo della fiscalità locale, possono accedere ai dati dei consumi delle utenze domestiche per verificare l’effettivo utilizzo degli immobili e, quindi, l’effettiva residenza dei contribuenti ai fini del pagamento della TARI e dell’IMU.

Anche la famosa sentenza della Corte Costituzionale 209/2022 – che consente ai coniugi di usufruire dell’esenzione IMU su due abitazioni principali, in caso di residenza e dimora abituale separate – pone un monito contro le false residenze di comodo, ricordando che i Comuni possono svolgere appositi controlli proprio per arginare questo fenomeno. Infatti proprio le bollette distinte e separate – cioè intestate all’uno ed all’altro coniuge nelle rispettive abitazioni utilizzate – servono per dimostrare, documentalmente, di abitare ciascuno nell’immobile per il quale si fruisce dell’esenzione IMU. Ma ciò non basta, perché per aver diritto all’esenzione occorre anche la dimora effettiva.

Controlli comunali sulle utenze domestiche

Per verificare l’effettiva residenza e utilizzo dell’immobile da parte degli occupanti dichiarati, i Comuni possono richiedere ai contribuenti le bollette di acqua, luce e gas, oppure – come spesso avviene – acquisirle direttamente dai fornitori e distributori dei servizi idrici, di energia elettrica e di gas: lo consente la normativa che abbiamo descritto sopra.

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In entrambi i casi, l’analisi dei consumi nell’anno di osservazione consente di individuare tutte le anomalie indicative di un utilizzo saltuario e sporadico, anziché abituale e continuativo, dell’immobile.

Ad esempio, consumi idrici, di energia elettrica e gas molto bassi o pari a zero per lunghi periodi (interi bimestri di fatturazione) possono far ragionevolmente desumere che l’immobile non sia realmente abitato, e che dunque la residenza sia soltanto di comodo, e fissata lì proprio allo scopo di ottenere le esenzioni dal pagamento dell’IMU. Come abbiamo detto, per fruire delle esenzioni non basta il formale requisito della residenza anagrafica, ma occorre anche quello della dimora effettiva.

Marco e Anna, due coniugi, abitano entrambi nella casa familiare a Roma. Hanno anche una seconda casa di proprietà, in una località turistica al mare, dove Marco ha stabilito la propria residenza fittizia, per non pagare l’IMU. Il Comune, controllando i consumi fatturati, lo smaschera: risulta che essi si concentrano soltanto nei mesi estivi, e per tutto il resto dell’anno sono nulli. Mancando il requisito della dimora abituale, necessario per godere dell’esenzione, il Comune può recuperare l’imposta dovuta.

Allo stesso modo, i dati delle bollette possono servire ai Comuni per contestare l’indebita fruizione delle agevolazioni sulla TARI, come le riduzioni per le case con un unico occupante (mentre i consumi dimostrano che vi abita una famiglia numerosa) o le esenzioni per i fabbricati inagibili, e in quanto tali insuscettibili di produrre rifiuti.

Vincenzo ha presentato al Comune la dichiarazione di inagibilità di un fabbricato da egli posseduto, per ottenere l’esenzione dal pagamento della TARI, ma i consumi di acqua, luce e gas proseguono: sono stabili e costanti per tutto l’anno. Questi dati inoppugnabili dimostrano che l’immobile continua ad essere utilizzato. La dichiarazione è fraudolenta e la TARI è dovuta senza nessuno sconto.

Va detto che questi controlli sui consumi, per l’impegno che richiedono, solitamente non vengono effettuati a tappeto, ossia nei confronti della generalità dei contribuenti, bensì a campione, quindi su una platea limitata di soggetti, che tuttavia varia di anno in anno e quindi complessivamente potrebbe riguardare molti residenti e abitanti nel territorio comunale.

Quando scatta l’accertamento basato sulle incongruenze dei consumi

Le incongruenze tra i consumi rilevati e la stabile residenza dichiarata, o anche le caratteristiche “ufficiali” del fabbricato, possono far sospettare un’evasione dell’IMU e, talvolta, della TARI.

Quando si presenta questa situazione, l’Ufficio tributi del Comune solitamente invia al al contribuente, in via bonaria e prima di emanare l’avviso di accertamento, una richiesta di chiarimenti, invitandolo a spiegare il fenomeno e a rappresentare ogni elemento utile a dimostrare l’effettivo utilizzo dell’immobile almeno per la maggior parte dell’anno.

Se il contribuente non fornisce elementi rilevanti  spiegare l’accaduto, o non risponde affatto alla richiesta, il Comune emana un avviso di accertamento per recuperare i tributi locali evasi, applicando anche le sanzioni previste e gli interessi sulle somme dovute.

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Come avviene il recupero del tributo dovuto

A questo punto la pratica per il recupero del tributo evaso prosegue con il consueto iter: se il contribuente non paga entro i termini, o non impugna l’avviso di accertamento con ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado territorialmente competente, le somme dovute vengono iscritte a ruolo e il credito del Comune si trasforma in cartella di pagamento.

Se neanch’essa verrà saldata o impugnata entro i termini, l’Agenzia Entrate Riscossione (o il Concessionario convenzionato con l’Ente locale) potrà intraprendere l’esecuzione forzata e così avviare i pignoramenti sui beni del debitore inadempiente. Sono possibili anche le misure cautelari, come il fermo amministrativo dei veicoli.

Ricordiamo, infine, che il Comune può accertare solo le ultime cinque annualità di tributi locali (IMU, TARI, ecc.) poiché le precedenti sono cadute in prescrizione.

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