Flop del processo telematico: Roma, Milano e altre sedi costrette a tornare subito alla carta

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di
Virginia Piccolillo

Il Consiglio superiore della magistratura boccia la riforma sulla separazione delle carriere e sull’istituzione di un doppio Csm e di un’Alta Corte disciplinare

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Avanti tutta sulla separazione delle carriere. La maggioranza tira dritto anche se il Consiglio superiore della magistratura, ieri, ha bocciato la riforma costituzionale. Con un parere che lancia l’allarme su «nodi problematici che sarà necessario sciogliere», su un «cambio di paradigma» dagli effetti «difficilmente pronosticabili» di un testo che «veicola un’idea di deficit di terzietà e imparzialità» dei giudici.

Ma i piani del governo non cambiano: «Grandissimo rispetto per il parere del Csm, ma dobbiamo rispettare il volere degli elettori», spiegava il ministro della Giustizia Carlo Nordio, ieri sera, assistendo al debutto in aula del disegno di legge di revisione costituzionale al termine di una giornata tesa. Segnata dalla liberazione di Cecilia Sala, vicenda che potrebbe richiedere un suo intervento, qualora la magistratura milanese non concedesse i domiciliari ad Abedini. «Questa è una cosa su cui non sto proprio riflettendo. Noi abbiamo un trattato di estradizione con gli Usa che viene valutato secondo parametri giuridici», ha glissato.




















































Una giornata scandita anche dalle polemiche per la app di digitalizzazione del processo penale che complica, anziché semplificare, il lavoro nelle procure: diverse procure, da Roma a Torino, da Milano a Napoli, hanno sospeso l’utilizzo della app e sono tornate alla carta. Un «allarmismo eccessivo», per il ministro, che ieri, dopo aver ricevuto dalla società che gestisce il sistema la promessa di miglioramenti significativi entro 10 giorni, ha diramato una circolare di «carattere tecnico», quantomeno per ridurre «i problemi applicativi» di un sistema varato dalla ministra Cartabia, che è vincolante per i fondi Pnrr. E che dunque «dovrà» funzionare perfettamente entro il 31 dicembre 2025.

Ma soprattutto, ieri, è stata la giornata in cui Nordio ha dovuto ricomporre la microfrattura con Forza Italia sull’emendamento di Enrico Costa che modificava il testo della riforma, tagliando via il sorteggio per i soli componenti laici del Csm. Dopo un faccia a faccia con il capogruppo di FI Paolo Barelli e un incontro con il sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano, Nordio ha spiegato: «Abbiamo voluto ricomporre la dialettica interna, il provvedimento deve essere blindato, eventuali correzioni porterebbero allo slittamento di questa che è la madre di tutte le riforme». Mentre una nota di FI azzerava i dissidi: «Abbiamo voluto dare un segnale. Si procederà con legge ordinaria».

Dunque via al voto in aula alla Camera. Il primo: respinta, con 165 no, la pregiudiziale presentata dal M5S. «Come si può dichiarare incostituzionale una riforma costituzionale che non tocca i primi 10 articoli della Carta?» ha commentato il viceministro Francesco Paolo Sisto.

Il Csm non la pensa così. Scartato il parere pro riforma di Felice Giuffrè (FdI) che riconosceva al testo il merito di «superare residue incrostazioni di una vocazione autoritaria di matrice liberale ottocentesca e poi fascista», è passata con 24 voti (tutti i togati, i due membri di diritto e due laici di centrosinistra) la proposta scritta dai magistrati Antonello Cosentino (Area), Roberto D’Auria (Unicost), Eligio Paolini (Mi), Roberto Fontana (indipendente) e dal laico in quota Pd Roberto Romboli che lancia l’allarme per un paradosso. 

Fontana lo sintetizza così: «Per eterogenesi dei fini la riforma creerà un corpo separato di 1.500 funzionari, autoreferenziale, con poteri enormi, per cui lo sbocco finale sarà che di esso assumerà il controllo l’esecutivo».

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8 gennaio 2025 ( modifica il 8 gennaio 2025 | 22:31)

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