Come Trump intende smantellare il “deep state”

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La lotta contro il deep state è stato uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale di Donald Trump. Già durante il suo primo mandato si scagliò contro un esercito di burocrati che, a detta sua, stavano lavorando per sabotare le sue scelte politiche. Dopo la vittoria alle elezioni presidenziali del 2024, il Tycoon ha promesso di ritornare a combattere contro il deep state a partire dal giorno uno, implementando una serie di riforme radicali per ristrutturare l’apparato amministrativo del governo federale.

Cos’è il deep state?

Deep state, administrative state, apparati, governo ombra: sono alcune delle parole all’ordine del giorno nel dibattito pubblico statunitense. Nonostante questi termini vengano spesso associati a teorie del complotto, si riferiscono al complesso sistema burocratico degli Stati Uniti e al suo peso nel processo di decision making

Il governo federale degli Stati Uniti poggia su un apparato burocratico immenso: più di 9 milioni di impiegati, divisi nei vari dipartimenti e agenzie. Dalla fine del XIX secolo l’apparato burocratico statunitense è cresciuto velocemente, con l’espandersi delle competenze del governo federale. Sono state istituite diverse importanti agenzie, come l’FBI, la CIA e l’EPA, con competenze e poteri esecutivi rilevanti. Decisamente troppo influenti nel processo di decision making secondo Trump e il partito repubblicano, i quali negli ultimi anni hanno imbastito una vera e propria lotta contro gli apparati burocratici. 

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Secondo il GOP gli apparati costituirebbero una sorta di “governo parallelo” a quello eletto dai cittadini (Presidente e Congresso), spesso in grado di influenzare in maniera notevole le scelte e l’indirizzo politico del governo federale. I burocrati sarebbero espressione di un establishment liberal che agirebbe all’oscuro dei cittadini e contro la volontà popolare, svincolati di ogni controllo politico. 

Durante il suo primo mandato Trump ha attaccato costantemente gli apparati burocratici, accusati di bloccare le sue scelte politiche: un esempio è il tentato riavvicinamento con la Russia, verosimilmente fallito a causa dell’opposizione del Pentagono

Tuttavia, occorre precisare che conflitti simili sono sorti anche durante amministrazioni democratiche: alla scelta di Obama di iniziare il ritiro delle truppe in Afghanistan ha seguito il “no” dei militari, che invece hanno evidenziato la necessità di aumentare il numero di truppe per le operazioni di surge.

Drain the swamp: the Project 2025

Durante la campagna elettorale Trump è tornato a tuonare contro il deep state, promettendo di “drenare la palude” e di sbarazzarsi una volta per tutte dell’esercito di burocrati che proverà a ostacolare il suo programma. 

La lotta contro il deep state è uno dei capisaldi della sua agenda per il second term, e su questo sta concentrando la scelta dei componenti del futuro governo. 

Uno dei punti di riferimento dell’agenda Trumpiana sarà con molta probabilità il Project 2025, un documento elaborato dal think tank Heritage Foundation. Nonostante Trump abbia più volte preso le distanze dal progetto, tra gli autori spiccano personalità molto vicine sia a lui che al vice-presidente eletto J.D. Vance. 

Tra gli obiettivi espressamente enunciati nel documento rientrano in particolare lo smantellamento dell’Administrative state e il ritorno della self governance al popolo americano. 

Un aspetto da tenere in considerazione è la modalità di reclutamento dei funzionari

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Il Project prende di mira Pendleton civil service act del 1883, uno dei retaggi più importanti dell’era progressista. All’epoca si cercò di limitare il potere dei partiti politici nella macchina amministrativa, limitando sensibilmente il ricorso allo spoils system. La legge prevedeva che l’impiego federale fosse basato sul merito piuttosto che sull’affiliazione politica, accordando protezioni e garanzie di autonomia dal potere politico. I funzionari sarebbero stati assunti tramite concorso e svincolati dalle logiche partitiche. Tuttavia, secondo gli autori del documento, questo avrebbe esonerato i burocrati da ogni tipo di accountability, spostando il baricentro del policy-making verso le Agenzie governative e privando il congresso delle sue prerogative.

Il Project 2025 propone di superare questo sistema per “restituire sovranità al popolo” e di ridimensionare il potere di alcuni Dipartimenti, tra cui quello di Giustizia e dell’educazione: un’agenda squisitamente conservatrice

Il ritorno dello “Schedule F”

Cosa potrebbe significare in concreto? Questo porterebbe innanzitutto al ripristino del controverso Ordine Esecutivo noto come “Schedule F”, abolito da Biden subito dopo il suo insediamento.

L’atto prevedeva che vari incarichi federali (di carattere confidenziale, di policy making, di policy determining e di policy advocating) fossero inquadrati nella nuova categoria di excepted service, privandoli della protezione di cui godono grazie al competitive service, l’attuale regime di assunzione del personale federale. In sostanza, diversi funzionari non sarebbero stati più assunti in base a concorsi e non avrebbero più potuto esercitare le loro funzioni in autonomia, ma sarebbero diventati politicamente responsabili

Fatto ciò, il Presidente potrebbe iniziare a licenziare parte del personale inquadrato nella nuova categoria, sostituendo determinati burocrati con figure a lui fedeli. Si stima che più di 50.000 funzionari del civil service possano essere coinvolti. 

Nel 2020 l’ordine esecutivo non ha avuto gli effetti previsti, in quanto emanato durante gli ultimi mesi della sua presidenza, ma verosimilmente Trump avrà molto più spazio di manovra durante il suo second term. Il programma ha attirato feroci critiche, in quanto minerebbe l’indipendenza di molti funzionari, politicizzando le loro cariche, e reintrodurrebbe de facto lo spoils system, in contrasto con il Pendleton civil service act del 1883.

Rischi per il Pentagono

Il Dipartimento della Difesa è probabilmente l’epicentro della lotta al deep state

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Come già detto, il Pentagono ha svolto in passato un’importante attività di moderazione sull’operato dei Presidenti, in particolar modo su Trump. Se durante la sua prima amministrazione ebbe spesso conflitti con i militari, il secondo mandato sarà molto diverso.

Al Pentagono, il Tycoon ha piazzato Pete Hegseth, ex-militare ed ex-presentatore di Fox News che in passato ha difeso incondizionatamente le forze armate. Un profilo decisamente peculiare, considerando che nella stragrande maggioranza dei casi i Presidenti hanno sempre affidato l’incarico a figure riconducibili alle più alte cariche militari. Hegseth sarà una figura cruciale per la buona riuscita dell’agenda trumpiana, che mira a ridurre l’influenza dei Generali sull’operato del Presidente. 

Degna di attenzione è anche la recente sentenza della Corte suprema sull’immunità presidenziale e le sue ripercussioni sulle relazioni tra civili e militari. 

Nella sentenza, la Corte ha decretato che il Presidente è protetto da immunità nell’esercizio delle sue funzioni. Secondo varie figure, inclusa la giudice della Corte Sotomayor, la sentenza potrebbe avere importanti ripercussioni sul rapporto tra presidenza e apparati militari, e potrebbe dare la possibilità a Trump di utilizzare le forze armate per fini illegali.

Innanzitutto, il Presidente potrebbe sentirsi meno vincolato ad obblighi legali. Inoltre, in qualità di Commander in Chief, il Presidente ha il potere di emanare ordini che l’esercito ha l’obbligo di eseguire, poiché essi si presumono conformi alla legge (regular order system). L’esercito non può comunque operare per fini illegali, l’irregolarità di una direttiva deve essere verificata dal ramo legislativo o giudiziario. Tuttavia, l’amministrazione potrebbe fare pressione sui militari per eseguire l’ordine prima che la legalità  di questo venga provata

Trump ha anche espresso la volontà di utilizzare l’esercito per reprimere rivolte di piazza e portare avanti le operazioni di mass deportation di migranti illegali. Sebbene il ricorso alle forze armate sia vietato per operazioni di law enforcement, Trump potrebbe appellarsi all’Insurrection act del 1807, il quale prevede che l’esercito possa essere dispiegato previa dichiarazione dello stato di emergenza. In passato diversi presidenti hanno fatto ricorso a questa legge. 

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Conclusioni

La ristrutturazione del governo e degli apparati burocratici è senz’altro uno degli aspetti degni di attenzione per la prossima presidenza Trump.

Per il suo secondo mandato, il Presidente eletto cercherà di avere quanto più spazio di manovra per il suo programma, e su questo sta basando la scelta dei componenti del futuro governo, concentrandosi prima di tutto sulla fedeltà. Verosimilmente avrà molte più possibilità di successo rispetto al suo primo mandato, quando nel governo sedevano ancora personalità riconducibili all’ala più moderata e tipicamente neo-conservatrice del Partito Repubblicano, l’ultimo “bastione anti-Trump”. 

Si prospetta un vero e proprio ricambio generazionale ai vertici del governo USA, personalità relativamente giovani, cresciute nel post-guerra fredda e con atteggiamenti hawkish verso la Cina: Marco Rubio al Dipartimento di Stato è un perfetto esempio. 

Inoltre, la creazione del Department of government efficiency (DOGE), con a capo Elon Musk, rappresenta in pieno la volontà di Trump di sbarazzarsi di una parte del vasto apparato burocratico federale. 

A prescindere dal successo del suo programma, la nuova agenda Trumpiana avrà effetti rilevanti e duraturi sul tessuto amministrativo statunitense. 

  





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