Tanto Musk, qualche aneddoto personale, il ringraziamento «a chiunque abbia contribuito» per la liberazione di Cecilia Sala. Nelle due ore e mezzo di conferenza stampa di inizio anno la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha toccato gran parte delle questioni d’attualità, dai rapporti con gli alleati alla legge sul terzo mandato dei presidenti di regione impugnata dal Cdm, dalle guerra in Medioriente e Ucraina alle riforme cardine di questa legislatura: premierato, autonomia, giustizia.
Ma è dalla liberazione di Sala che Meloni parte, dopo che un lungo applauso dell’aula dei Gruppi di Montecitorio, gremita di giornalisti, aveva risposto alla soddisfazione espressa dal presidente dell’Odg Carlo Bartoli per l’operazione che ha riportato la collega in Italia. L’inquilina di palazzo Chigi non scende nei dettagli, ma spiega che quella di mercoledì «è stata una bella giornata per il sistema Italia, per me, per l’Italia intera». Un’operazione frutto di «un lavoro complesso, non c’è stato un momento di svolta, sono stati messi insieme una serie di tasselli», ha affermato la presidente del Consiglio descrivendo come «l’emozione più forte» l’annuncio della liberazione fatto alla madre di Cecilia, così come tutti gli altri messaggi analoghi trasmessi ai genitori di ostaggi poi liberati in questi due anni e poco più di governo.
Musk e l’accordo con Starlink
Poi risponde a una domanda sull’eventuale accordo con le società di Elon Musk per la protezione dei dati sensibili, spiegando che «il dibattito è tra non avere protezione dei dati o affidarla a un privato, entrambe soluzioni non ottimali, visto che l’alternativa pubblica al momento non c’è». Di Musk tornerà a parlare, ma c’è spazio prima per le dimissioni di Elisabetta Belloni dal vertice dei Servizi segreti. «Per lei ho stima e rispetto, è ora di chiudere questa antipatica querelle», dice Meloni a chi le chiede se l’addio di Belloni sia stato causato, come sembra, da screzi tra l’ambasciatrice e il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano (presente in sala assieme al ministro della Giustizia, Carlo Nordio), oltre che con il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Riforme della giustizia e carcere
E a proposito di Nordio, Meloni tocca poi il tema della riforma della giustizia, definendola «una delle priorità di questa legislatura» proprio mentre a poche decine di metri da lì, alla Camera, si stanno votando gli emendamenti al ddl sulla separazione delle carriere. «So che anche partiti dell’opposizione sono d’accordo (Iv e Azione, ndr), ma difficilmente si arriverà alla soglia dei due terzi». Dunque che referendum sia, «se riusciamo entro la fine di questa legislatura ma l’importante è portare a casa la legge», chiosa la presidente del Consiglio. «Sul merito – chiosa poco dopo – penso che la separazione delle carriere serve a rafforzare la terzietà del giudice, ma al di là del merito, mi stupisce sempre il tono apocalittico col quale si risponde a qualsiasi tentativo di riforma della giustizia, come se fosse un attacco: vuol dire escludersi dalla possibilità di dibattito per collaborare, e impedisce il contributo positivo che può arrivare dai vertici della magistratura».
E sempre a proposito di giustizia, la leader di FdI tocca anche il tema carceri, dopo il quinto suicidio dietro le sbarre da inizio anno. «La mia idea -ha sottolineato la presidente del Consiglio – è che non si debba adeguare il numero dei detenuti o i reati alla capienza delle nostre carceri, ma adeguare la capienza alle necessità: questo fa uno Stato serio ed è la ragione per la quale nelle scorse settimane abbiamo nominato un commissario straordinario all’edilizia penitenziaria, che ha l’obiettivo di realizzare settemila nuovi posti in tre anni a partire dal 2025». Dunque niente amnistie, indulti o svuotacarceri, ma, ha aggiunto, «stiamo lavorando per rendere più agevole il passaggio dei detenuti tossicodipendenti in comunità».
Migranti, lo stop a Salvini
Non è mancato un veloce passaggio sui migranti e i centri in Albania, che secondo Meloni «sono pronti a partire, abbiamo un dispositivo pronto per partire in qualunque momento». Su questi e sul trattenimento dei migranti «mi pare che le sentenze della Cassazione diano ragione al governo: spetta al governo stabilire quali siano i Paesi sicuri e che il giudice non possa sistematicamente disapplicare il trattenimento dei migranti», ha rassicurato. «Ho ragione di credere che la maggioranza dei Paesi membri dell’Ue sosterrà la posizione italiana davanti alla Corte» europea sui cosiddetti Paesi sicuri, ha concluso la presidente del Consiglio.
Sul fronte interno, la premier ha negato l’eventualità di un rimpasto di governo, né di un possibile passaggio di Matteo Salvini al Viminale. «Non penso che allo stato attuale, sia per la vicenda del rimpasto sia perché abbiamo già un ottimo ministro degli Interni questa cosa sia all’ordine del giorno. Non sono tendenzialmente a favore del rimpasto», ha detto. A proposito di una personale ricandidatura «non lo so, questo è un lavoro faticoso ed è una decisione quella su un eventuale ricandidatura al termine della legislatura che prenderò quando devo prendere, valutando anche i risultati. Ma sapete che non sono abbarbicata alla poltrona». Meloni ha anticipato la decisione, ufficializzata poche ore dopo in Cdm, e già anticipata dal Dubbio, di impugnare la legge regionale della Campania sul terzo mandato: «C’è un tema di metodo prima ancora della questione di merito – il ragionamento – La questione riteniamo sia di competenza dello Stato».
“Non leggo un libro da due anni”. Poi la politica estera
Infine, dopo innumerevoli domande su Elon Musk, qualche aneddoto personale («l’unica serie tv che ho potuto vedere in questi due anni è Per Elisa, sul caso Elisa Claps»), arriva la politica estera. E dunque in primo luogo la guerra in Ucraina, con Meloni che in serata accoglie a palazzo Chigi Volodymyr Zelensky. «Io sono disposta a sostenere le opzioni che è disposta a sostenere l’Ucraina, questo è fondamentale per avere una pace giusta – ha scandito la presidente del Consiglio – Sono convinta che per l’Ucraina siano fondamentali le garanzie di sicurezza, perché tutti sappiamo che in passato la Russia ha violato gli accordi, e senza garanzie di sicurezza non possiamo avere la certezza che non si ripeta quello che è accaduto nel 2022». Spiega poi che «la guerra sarebbe dovuta durare tre giorni e il 25 febbraio saranno invece 3 anni: insomma, sono stati i tre giorni più lunghi della storia della Russia» e che non prevede «un disimpegno» degli Stati Uniti sotto la presidenza Trump.
Presidenza Trump che partirà il 20 gennaio con l’insediamento a Washington, al quale Meloni a margine della conferenza spiega che parteciperebbe «volentieri». Chissà se anche per parlare delle nuova strategia russa in Libia, vista la fine del regime di Assad in Siria e la conseguente perdita di un alleato strategico per Mosca. «Siamo molto concentrati sulla vicenda della Libia, sia sul piano del monitoraggio sia sul piano della diplomazia», ha detto Meloni. La questione di un possibile aumento della presenza russa nel Paese «è reale perché la Russia aveva una forte presenza in Siria, e particolarmente aveva in Siria la sua flotta sul Mediterraneo».
Poi via verso la conclusione, questa volta senza fughe precipitose in bagno come l’anno scorso ma con altri impegni in agenda, dal Cdm alla visita di Zelensky. «Non so se mi ricandiderò, il mio è un lavoro faticosissimo», si lascia scappare la premier prima di scivolare via nei corridoi di Montecitorio.
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