Alvio custode dell’uva Greca Puntinata di Acquapendente

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da sx Alvio Fusi con Massimo Bedini

La Riserva Naturale Monte Rufeno è un territorio integro e suggestivo che copre circa un quarto dei 13.000 ettari del comune di Acquapendente, siamo nella Tuscia, a nord di Viterbo in un contesto che esprime con orgoglio la sua anima Etrusca.
Massimo Bedini ne è stato fino a qualche mese fa un dinamico direttore ma anche oggi con trasporto e passione continua il percorso di valorizzazione iniziato sul fronte del progetto Natura in campo sviluppato assieme all’ Arsial (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio) ed il Centro di Viticoltura Enologia Laboratorio di Velletri.

Uva Greco Puntinata

La Riserva Naturale ha Certificato con il Marchio Natura in Campo una trentina di aziende locali per un paniere di circa 80 prodotti enogastronomici. Accanto quindi al lavoro fatto sulla Patata dell’Alto Viterbese, oggi riconosciuta a I.G.P. e che finalmente gode di un modernissimo impianto di trasformazione che ne consente una efficace commercializzazione l’attenzione è oggi puntata ad un originalissimo vitigno che può tornare ad essere un autentico protagonista di questo territori : l’Uva Greca Puntinata.
Un nuovo punto di partenza, ci spiega Massimo, per allargare a macchia d’olio un progetto che possa riportare il settore ai mitici anni 60 in cui i prodotti finali facevano bella mostra nelle caratteristiche trattorie romane ed allo stesso tempo, trasportate lungo la linea ferroviaria da Orvieto, raggiungendo il nord Italia. Una nuova stagione contrassegnata da genuinità e tipicità strettamente biologica proprio come richiede il marchio Natura in Campo.
Catalizzatore di questo percorso è un piccolo vigneto ancestrale, sicuramente ancora a piede franco, di Uva Greca Puntinata gelosamente conservato da un’inossidabile Alvio Fusi.
“Sono nato ad Acquapendente il 17 marzo del 1934, esordisce Alvio, e nella vita le ho fatte tutte: barista, pizzaiolo e contadino coltivando grano, patate e viti.
Dovete immaginare che qui 50 anni fa c’erano centinaia di ettari di questa uva, poi tutto o quasi è stato abbandonato soprattutto dopo la chiusura della cantina sociale con anni di crisi e spopolamento.
Quando sono andato in pensione ho acquistato questi due piccoli pezzi di terra dove ho trovato questo vigneto di oltre 100 anni.”
Le viti, precisa Bedini, sono allevate su sostegno morto a doppio palo incrociato oppure su palo di castagno con pioli posti a croce sfalsata, localmente detto “mollone”.
Alvio spiega che il mollone era più praticato sulle piantate, qui siamo invece di fronte ad impianto molto fitto con viti che danno 5/6 grappoli per pianta con cui ci faccio un vino che mi piace molto, intenso e delicato. Conferma che ritroviamo nei calici degustando il vino ancora torbido dell’ultima vendemmia.

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da sx Aldo Lorenzoni, Alvio Fusi

Oggi questo vitigno non è ancora stato iscritto al registro del ministero ma solo nel registro regionale curato dall’ARSIAL, spiega Massimo, nato per la salvaguardia delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario di questa regione.
Ad oggi sono stati iscritti al Registro Volontario Regionale, quali risorse a rischio di erosione genetica,
47 varietà/biotipi di vite, di cui 44 di uve da vino e 3 di uve da tavola; per i 44 vitigni da vino tutelati dalla
LR 15/2000.
Qui l’Uva Greca Puntinata è descritta come un vitigno coltivato esclusivamente nella provincia di Viterbo, in particolare nel comune di Acquapendente.
I viticoltori del luogo lo hanno sempre chiamato con il termine dialettale “Greco”, anche se il vitigno Uva Greca Puntinata ha delle caratteristiche completamente diverse. Il primo a distinguerlo è stato Giorgio Gallesio che nel 1883 ci fornisce una descrizione della così detta “Uva Greca di Acquapendente” e ci testimonia la sua unicità rispetto alle altre varietà locali e allo stesso Greco. Il vitigno Uva Greca Puntinata deve il suo nome all’ombelico scuro e ben evidente del suo acino che lo contraddistingue.
Dal lavoro di indagine territoriale presso i vigneti più storici, infine, continuano tuttora ad emergere, in esito alle numerose analisi genetiche effettuate presso il CREA, vitigni del tutto autonomi rispetto a quanto presente nelle banche del germoplasma viticolo: negli ultimi anni sono state rinvenute ulteriori 10 risorse relitte, tutte da iscrivere al Registro Volontario Regionale della L.R. 15/2000, quale presupposto della tutela del patrimonio collettivo e della successiva caratterizzazione e micro-vinificazione.
E’ evidente che consolidare le condizioni per il recupero degli autoctoni non è un esercizio semplice, ma è una sorta di stress-test che permette di misurare la distanza esistente tra le necessità e la realtà in divenire dei diversi territori del vino nel Lazio, a partire dalle scelte per i nuovi impianti, alle competenze da rafforzare sul versante pubblico, alla necessità di ricerca applicata dalla vigna alla bottiglia, spesso su produzioni di nicchia, ma con ottime prospettive di mercato.
E per consolidare i risultati raggiunti la ricerca non si è mai fermata, dai pochi filari storici continuiamo a trovare nuove sorprese come conferma Alberto Caprasecca, classe 1945 che custodisce in località Pupirato tra Acquaviva e porticciolo un vecchio vigneto che potrebbe avere addirittura 240 anni residuo della storica piattaforma ampelografica di Acquapendente.

Alberto Caprasecca

“Prima facevo l’insegnante di educazione fisica, racconta Alberto, ma da quando sono in pensione mi dedico a questa mia vecchia passione coltivando viti, olivi ed allevando galline.
Anche se recentemente ho piantato un po’ di Sangiovese ed altre varietà moderne, qui il rosso non c’è mai stato, era tutto Greco Puntinato come dimostrano le foto aeree della seconda guerra mondiale che evidenziano le allora tantissime particelle allevate a vigneto.
Tra le viti di Uva Greca ho però trovato una varietà strana, sempre a bacca bianca che localmente chiamano Dilupercio che non ho però ancora vinificato in purezza.
Inizialmente pensavo fosse una specie di Malvasia Puntinata ma ha caratteristiche effettivamente molto diverse”.
…e qui c’è lavoro per l’Arsial, il Crea e GRASPO…

Il viaggio continua…
Foto di Gianmarco Guarise
graspo@carlozucchetti.it





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