Nuove regole sugli affitti brevi. Una struttura su cinque non è a norma

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Con l’inizio del 2025 sono entrate in vigore le nuove misure per regolare il mercato degli affitti brevi e contrastare l’iperturismo che svuota le città italiane, divenute sempre più invivibili per i residenti, ma anche studenti e lavoratori in trasferta, a causa del costo delle case e dei servizi in continuo aumento.

Per limitare questa logica distorsiva che non produce vera occupazione, ma ha effetti pesantissimi sul tessuto urbano, dal 2 gennaio è scattato l’obbligo per tutte le strutture ricettive (e anche per gli immobili affittati per brevi periodi) di avere un Codice identificativo nazionale, chiamato Cin, da esporre nello stabile. Il Cin fa parte di un sistema di tracciamento che obbliga tutti i proprietari di immobili destinati a locazioni brevi a registrarsi al portale telematico gestito dal Ministero del Turismo. Questo codice sarà univoco per ogni immobile e dovrà essere riportato in tutti gli annunci, sia online sia offline.

Stando ai dati ufficiali del ministero del Turismo, al 6 di gennaio, risulta che ancora il 21% delle strutture ricettive in Italia non abbia il codice identificativo nazionale. Secondo la normativa vi è una sanzione applicabile che varia da 800 a 8.000 euro in caso di strutture prive di Cin e da euro 500 a euro 5.000 in caso di mancata esposizione del Cin all’esterno dello stabile in cui è collocato la struttura. Si va incontro a un’uguale sanzione anche per la mancata indicazione del Cin in ogni annuncio ovunque pubblicato e comunicato. Ciononostante, sembra che il governo voglia procedere con cautela nell’applicazione della normativa: la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha chiesto di «evitare di creare agitazione. Nei primi mesi procederemo insieme alle Regioni per effettuare verifiche e correzioni. Siamo decisi, ma consapevoli della necessità di dialogare con tutti. Non intendiamo fare terrorismo. Agiremo in modo fermo, nel rispetto di tutti, ma non vogliamo punire nessuno. Inoltre, chi si comporta in modo sconsiderato dovrebbe considerare ciò che è successo a New York o a Barcellona; non mi sembra che regole tanto restrittive abbiano funzionato».

Le difficoltà riscontrate, secondo l’associazione di categoria degli albergatori, Federalberghi, sono in prevalenza attribuibili alle imprecisioni contenute nei data base che hanno alimentato la banca dati nazionale. «Ad esempio, se gli estremi della struttura o del titolare non sono esatti o aggiornati, il sistema non consente l’abbinamento automatico delle richieste. Tra le strutture che mancano all’appello ci sono anche casi di “falsi negativi”, dovuti alla presenza in data base di record duplicati, con la prima posizione già in possesso del Cin e il doppione che all’apparenza risulta privo».

Stando alla banca dati delle strutture ricettive, al 6 gennaio, le regioni in cui è stato rilasciato, in termini assoluti, il maggior numero di Cin sono la Toscana (54.148), il Veneto (49.329), la Lombardia (48.775), il Lazio (40.665), la Puglia (37.194) e la Sicilia (35.854). Tutte regioni con una forte vocazione turistica: come si vede anche dai numeri contenuti nei Quaderni dell’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi), nel 2023 a Venezia i proprietari di casa che hanno optato per l’affitto breve hanno potuto finora contare su un’entrata annua di 26.250 euro; a Firenze, invece, il ricavo ammontava a 23.067 euro, mentre a Roma la rendita arrivava a 19.530 euro. L’offerta degli immobili ha un peso rilevante nel determinare le entrate pro-capite: nelle città più grandi, come Roma e Milano, gli alloggi offerti sono rispettivamente 24.774 e 23.696 mentre in città con meno disponibilità, come Venezia, sono 6.880 le offerte tra cui scegliere. Anche il numero medio di notti varia a seconda del numero di alloggi disponibili, che va da un massimo di 105 notti per Venezia a un minimo di 64 notti per Milano. Partendo dai dati relativi al ricavo pro-capite, dietro Venezia (26.250 euro), Firenze (23.067 euro) e Roma (19.530 euro), si posizionano: Bologna (12.069 euro), Milano (11.584 euro), Palermo (8.960 euro), Napoli (8.211 euro) e Bari (6.448 euro). In termini assoluti il ricavo annuo maggiore è quello della città di Roma, con entrate per 483,8 milioni di euro; seguita a distanza da Milano (274,5 milioni), Firenze (261,1 milioni) e Venezia (180,6 milioni). A Napoli le entrate complessive da affitti brevi ammontano a 66,2 milioni, a Palermo a 50,8 milioni, a Bologna 48,2 milioni e a Bari 14,2 milioni.

Le buone performance dell’anno appena trascorso sono legate soprattutto al turismo straniero: secondo le stime del Centro Studi Turistici di Firenze per Assoturismo Confesercenti, il 2024 dovrebbe chiudere con oltre 458,5 milioni di presenze, in aumento del +2,5% sul 2023. Il turismo interno, caratterizzato da una lunga fase di rallentamento collegata probabilmente alla perdita del potere di acquisto, potrebbe, invece, chiudere con una flessione stimata del -2,8% di presenze e del -2,9% di arrivi, portando i valori complessivi rispettivamente a 207 milioni e 63,8 milioni. In netta controtendenza l’andamento dei visitatori stranieri, che chiuderebbero con circa 251,5 milioni di presenze (+7,4%) e 72,1 milioni di arrivi (+6,3%).

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