Via Poma: il delitto (im)perfetto. “Ecco l’identikit del vero killer”

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Un omicidio con troppi colpevoli, senza una sentenza. Nella galleria degli orrori della giustizia italiana il giallo di Via Poma merita una menzione a sé, con quattro presunti colpevoli triturati. Il suo fidanzato del tempo Raniero Busco, il portiere del palazzo Pietrino Vanacore (fermato il 10 agosto, incarcerato e rilasciato dopo 26 giorni, scagionato ma morto suicida) e suo figlio Mario, il vicino di casa Federico Valle, il cui padre, Raniero lavorava nello stabile, incastrato dalla strana testimonianza del commerciante di auto austriaco Roland Voller, un tizio «raccomandato» dal Viminale, forse dei servizi.

Nonostante siano passati quasi 35 anni per la legge l’assassino di Simonetta Cesaroni, uccisa il 7 agosto del 1990 a Roma, è un fantasma. O forse è Mister X, di cui un criminologo ha fatto nome e cognome ai pm, descritto dal colonello Giovanni Danese agli inquirenti mentre saliva all’Aiag alle 16.10 per scendere 15 minuti dopo. Alla fine della scorsa legislatura una commissione parlamentare d’inchiesta ipotizzò «un’attività post delictum, intesa ad occultare il fatto omicidiario o quantomeno a differirne la scoperta», cercando anche di spostare la salma della ragazza. Ma di chi? La ragazza all’epoca 21enne lavorava per l’Associazione alberghi della gioventù dentro il palazzone a ferro di cavallo a Prati. Quel sabato pomeriggio, secondo le indagini tra le 17,30 e le 18,30, venne inseguita colpita al viso e finita con 29 coltellate. Il movente? Mistero. Una possibile violenza sessuale? Forse, e post mortem. Intorno al corpo seminudo molte macchie di sangue che qualcuno aveva tentato di pulire. Non c’è il killer, non c’è l’arma, non c’è il movente, non ci sono testimoni. Slip, giacca e gioielli sono spariti, la borsetta è aperta, il contenuto è sparso nella stanza. L’autopsia del medico legale Ozrem Carella Prada rivela sul seno un segno discontinuo, forse un pizzicotto, che può anche sembrare un morso. Nei giorni scorsi l’ordinanza del Gip romano Giulia Arcieri ha fatto piazza pulita di molte illazioni e falsi miti, prendendo in serissima considerazione ciò che da anni sostiene il criminologo Carmelo Lavorino, che alla procura di Roma ha inviato due esposti, il proprio libro (Via Poma inganno strutturale tre) e un’istanza di cui il giudice ha tenuto conto, parlando di «spunti seri, nuovi e concreti». Nel curriculum di Lavorino l’assoluzione per lo stesso Valle, graziato per il Dna il 18 giugno 1994 in Appello, la doppia assoluzione per il delitto di Arce di Carmine Belli e dei Mottola, quella di Pietro Pacciani: le conclusioni partono da assunti logici e scientifici.

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Cosa sostiene il criminologo? L’assassino di Simonetta è mancino ed ha usato per ben 30 volte la mano sinistra contro la vittima; ha sangue gruppo A DQalfa 4/4 come quello sul telefono; l’arma del delitto è un tagliacarte, con altissima probabilità quello della stanza n° 3, di Maria Luisa Sibilia; l’omicidio è stato consumato prima delle ore 16:45 e non dopo le 17:45 come invece sinora erroneamente ipotizzato; i servizi segreti hanno depistato senza però volere coprire l’assassino, ma solo i segreti dei loro collegamenti con l’ufficio Aiag che monitorava giovani e stranieri nella Capitale; l’assassino è stato fortunato ed ha avuto la super-collaborazione di un soggetto pulitore; il sangue rinvenuto nell’ascensore ben tre settimane dopo il delitto è stato messo dall’assassino o da un complice per depistare e seminare confusione; l’agendina rossa Lavazza della famiglia Vanacore era sulla scena del crimine; il custode del palazzo si è suicidato perché, secondo Lavorino, «l’unico mezzo per non confessare è il suicidio, e il suicidio senza confessione è sempre una confessione», Probabilmente aveva un segreto troppo forte e non confessabile, contenuto forse una lettera autografa di cui non c’è traccia, e ha pagato per tutti. Era il 9 marzo del 2010, Vanacore morì in 90 centimetri d’acqua, la caviglia legata a una corda, pochi giorni prima di deporre al processo contro l’ex fidanzato della Cesaroni, Busco: «Vent’anni di sofferenze e di sospetti ti portano al suicidio», il suo macabro messaggino agli inquirenti lasciato a bordo della vecchia Citroen Ax abbandonata sul litorale di Torre Ovo.

Già, Busco, meccanico di 25 anni con cui allora aveva una burrascosa relazione. Processato a distanza di vent’anni, è stato assolto con formula piena dopo una condanna in primo grado a 24 anni. Dopo una vita era spuntato da un armadietto della Procura il reggiseno di Simonetta, c’era del Dna e i Ris si scatenarono: furono passati al setaccio 31 possibili sospetti (la cui identità viene rivelata da Matrix), alla fine si arrivò a lui. Il pizzicotto sul seno divenne un morso, «è la dentatura di Busco» ma non era vero niente. In appello verrà scagionato da una superperizia, il Dna sul reggiseno appartiene a tre uomini diversi e il morso sul seno di Simonetta tornò magicamente a essere un pizzicotto. I carabinieri puntano invece su l’allora trentenne Mario Vanacore, il figlio del portiere, entrato nell’ufficio pensando fosse vuoto per fare delle extraurbane, come spiegherebbe l’agendina telefonica di famiglia ritrovata sulla scrivania. Troppe suggestioni, «forti perplessità», meglio archiviare.

A distanza di molti anni, secondo Lavorino, si può sostenere che il medico legale ha commesso troppi errori: non ha preso le temperature cadaveriche (interna ed esterna) e quella ambientale; non ha analizzato il contenuto gastrico; non ha tamponato e repertato la superficie del capezzolo lesionato e che poteva contenere il Dna del suo aggressore (probabilmente la saliva); non si è accorto che l’assassino ha usato solo la mano sinistra; non ha individuato l’orario del decesso.

C’è la pista del Videotel, messaggistica antesignana di whatsapp, tirata fuori dal tabaccaio di Gaeta Antonio Ciano, che dice di aver chattato con una Simonetta di Roma proprio il 7 agosto. Il nome in codice Veronica diventa dead is here, il morto è qui.

A scrivere è un ragazzo che dice di aver appena ucciso la fidanzata con una trentina di coltellate. È un nome simile all’appunto trovato su un block notes, Ce dead. Morta come Simonetta, come la verità, come la giustizia.



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