La tesi dell’accusa dei presunti collegamenti fra Ilva e le istituzioni ha tenuto banco nell’udienza di ieri. Il pm Remo Epifani, proseguendo la sua requisitoria iniziata lunedì, ha puntato il dito contro diversi esponenti delle istituzioni pugliesi, fra cui l’ex governatore Nichi Vendola, l’ex presidente della Provincia Gianni Florido, l’ex assessore all’Ambiente Michele Conserva, fra i 47 imputati (tre sono società) nel processo “Ambiente svenduto”. Secondo la pubblica accusa, “Ilva, bypassando gli organi amministrativi, puntava ad un proficuo confronto con gli organi politici” per ottenere “il rilascio delle autorizzazioni necessarie per la fabbrica, soprattutto quelle di carattere ambientale”. Obiettivo dell’Ilva gestione Riva “era quello di discuterne direttamente con i politici e non con i tecnici e gli amministrativi”. Il trait d’union era Girolamo Archinà come si evince, secondo la tesi accusatoria, da alcune intercettazioni. Epifani ha citato una conversazione con Fabio Riva il quale sosteneva: “Bisogna darsi da fare sulla parte politica che le dicevo perché ho risposte che non si stanno interessando”. Archinà, ha aggiunto il pm relativamente all’aspetto relativo alle autorizzazioni per le discariche di Ilva, “frequentava assiduamente gli uffici della Provincia”. Secondo il pm, funzionari e dirigenti non volevano fare quello che chiedevano gli amministratori provinciali perché non c’erano le condizioni normative. “Nella Provincia di Taranto – ha detto ancora il pm – Ilva agiva attraverso la figura di Archinà”, chiamato a seguire “gli affari dell’azienda”. Riguardo il ruolo di Archinà, dipendente del Siderurgico, il pm ha sostenuto che “aveva una sofisticata strategia volta anche ad influire sui mezzi di informazione quando si tratta di conseguire un interesse aziendale”. “Ci sono tanti episodi che lo coinvolgono e che lo rendono – secondo la ricostruzione del pm – il dominus delle trame di Ilva, ricevendo esplicito appezzamento da parte del suo datore di lavoro”. Sono state le affermazioni di Epifani che poi ha ceduto la parola alla sua collega Giovanna Cannarile che ha concentrato il suo intervento sulle responsabilità contestate ai fiduciari Giovanni Rebaioli, Agostino Pastorino, Enrico Bessone, Alfredo Ceriani, Cesare Corti, Lanfranco Legnani e Giuseppe Sartelli. “Figure presenti dal 2006 nello stabilimento di Taranto, conosciute ai sindacati e ai media prima che agli investigatori della Guardia di Finanza” ha detto il pm che ha fatto riferimento ad alcune testimonianze in aula fra le quali quella di Rocco Palombella, leader nazionale della Uilm. “I fiduciari sono stati fondamentali nella gestione del Siderurgico. Hanno governato lo stabilimento di Taranto fino al 2012 insieme al direttore, dando disposizione anche ai capi area. Dell’esistenza e dell’attiva presenza emerge dalle dichiarazioni degli ufficiali di pg. Rappresentavano la proprietà, esercitando ordini di controllo e impartendo disposizioni in forma verbale. A livello gerarchico – ha sottolineato il pm Cannarile- erano al di sopra dei capi area, si interfacciano con i responsabili, sopravanzandoli anche in alcune circostanze, occupandosi dei diversi settori del Siderurgico”. Il pm ha parlato di “gestione occulta” e ha definito la scelta della proprietà di affidarsi ai fiduciari, “una linea strategica e di condotta della famiglia Riva che hanno seguito la gestione dello stabilimento proprio attraverso i fiduciari. La figura dei fiduciari era il vero pilastro su cui la proprietà poteva fare sicuro affidamento. Una governance parallela – ha proseguito il pm – i cui componenti non erano inquadrati in alcun organigramma ufficiale dell’Ilva ma come consulenti di altre società del gruppo dei Riva con i quali operavano in simbiosi. Dalle intercettazioni – ha aggiunto – emergono contatti diretti con la famiglia Riva e la loro presenza nello stabilimento di Taranto”. Il pm ha ravvisato una “piena sussistenza degli elementi di prova dei reati loro contestati”. Dopo Cannarile, l’ultima requisitoria sarà quella del pm Raffaele Graziano sui due infortuni mortali confluiti nel maxi processo sul disastro ambientale e l’avvelenamento di sostanze alimentari. Oggi è prevista la conclusione degli interventi della pubblica accusa, con le richieste nei confronti degli imputati. La parola tornerà di nuovo al pm Mariano Buccoliero. Nella prossima udienza in calendario lunedì prossimo, via alla discussione dei legali di parte civile e, infine, della difesa. Il processo tornerà nell’aula bunker della vecchia sede della Corte d’appello.
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