«Per fortuna il 2024 è finito»

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In alcune regioni, c’è chi nel corso del 2024 ha perso fino al 45% della propria cifra d’affari rispetto all’anno precedente. Normale allora che, come spiega Nunzio Longhitano, presidente di GastroLagoMaggiore e Valli, si guardi ora sorridendo al 2025. «Finalmente il 2024 è finito». In particolare, proprio la sua regione è stata quella più colpita dal maltempo, con l’alluvione abbattutasi sull’alta Vallemaggia. Alzarsi, ripartire, non è stato facile, ma per i professionisti del settore, in realtà, non esistono alternative. E ora si sorride al 2025, complici un buon autunno e delle ottime – spesso soleggiate – vacanze invernali. «Come mi ha detto qualche collega, peggio del 2024 non potrà andare», aggiunge Michele Unternährer, presidente di GastroLugano.

Meteodipendenti

Massimo Suter, presidente di GastroTicino, prova a riassumere, senza drammatizzare: «Sì, in effetti è stata un’annata in chiaroscuro». D’altronde, volenti o nolenti, aggiunge, il Ticino resta un cantone meteodipendente per quanto concerne l’economia turistica. «E la primavera ha messo in difficoltà alcuni operatori del settore, con una partenza a rilento. Poi in estate molti hanno potuto recuperare il terreno perduto, chiudendo in crescendo, con il passare dei mesi, un’annata che di certo non rimarrà nella storia come la più positiva, ma neppure come la più negativa, almeno in termini generali».

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Certo, il presidente cantonale sottolinea le difficoltà incontrate da alcune regioni, come per esempio la Vallemaggia. «Per loro è stato un anno funesto». Ma i centri hanno invece incontrato una situazione «chiaramente migliore rispetto alla periferia, sfruttando manifestazioni e mercatini». Lo ammette anche Unternährer, riferendosi alle vacanze invernali. «Io stesso, essendo in piazza Manzoni, mi rendo conto del movimento portato dalle “casette”. Ottima è stata l’idea di prolungare la durata del mercatino. In giro continua a esserci tanta gente». Un buon modo per chiudere bene un anno complicato. «O meglio, per iniziare quello nuovo con altre premesse».

La frustrazione

«Speriamo proprio che nel 2025 possiamo tornare su livelli normali», sottolinea sempre Unternährer. «Io tendo a essere positivo, e in effetti nel Luganese, generalmente, con l’avanzare del 2024 il turismo è cresciuto, anche se spesso era turismo di giornata, ma tanti esercenti hanno fatto molta fatica». Si riferisce in particolare alla primavera e alla prima parte dell’estate. «Sì, perché esci dai mesi freddi con la speranza e la convinzione di poter lavorare al meglio con l’arrivo della primavera, ma ti ritrovi con una Pasqua rovinata e con i vari weekend lunghi caratterizzati dal maltempo. Hai aspettato per mesi qualcosa che poi non è arrivato». È frustrante.

Lo stesso Longhitano, dal Locarnese, parla di un’annata che non può essere descritta come «felice». Il bicchiere è mezzo vuoto, per qualcuno al massimo mezzo pieno, «ma la primavera con tutta quell’acqua non ha certo giocato a nostro favore. Ha piovuto in tutti i weekend, a Pasqua ma anche a Pentecoste e all’Ascensione. Alcuni locali hanno patito più di altri, basti pensare ai grotti». Si è chiuso un 2024 deludente per molti esponenti del settore. Con una nota positiva, almeno quella: «Sì, dopo gli anni del COVID, quest’anno è ripartita la tendenza a organizzare le cene aziendali».

Danni enormi

Longhitano non dimentica la Vallemaggia, «che ha vissuto una situazione pesantissima. Molti non hanno potuto lavorare per tutto il mese di luglio, sulla carta quello più prezioso. L’alta Valle si è fermata completamente, con danni enormi. Dopo la ricostruzione del ponte, qualcosa si è mosso. E ora, parlando per tutta la regione, nelle vacanze di Natale, grazie anche al bel tempo, si è spostata molta gente, in particolare nelle case di vacanza. Il che ci ha permesso di lavorare bene e di vivere alcune buone serate».

A Locarno molto si è detto su Winterland. Queste manifestazioni spesso non mettono d’accordo tutti i ristoratori. «Come associazione, appoggiamo la manifestazione. I locali più vicini alla piazza hanno lavorato molto, altri si lamentano: è difficile fare l’unanimità. Però è importante portare sempre movimento, far girare la gente. È tutto ciò che conta». Winterland fa parte delle tanto auspicate soluzioni a livello turistico per lavorare tutto l’anno. Come dice Unternährer, «non possiamo basarci solo sul sole». Perché poi il settore non è dotato di bacchette magiche. «Sarebbe troppo facile. Dipendiamo sempre da molti fattori». Il presidente luganese cita l’esempio degli Harley Days. Dopo i precedenti pienoni, c’era grande attesa per l’edizione 2024. «Ci aspettavamo una marea di gente e ci siamo preparati ad accoglierla, con tanto personale e con scorte di merce abbondanti, ma la pioggia ha reso l’evento un disastro. Noi avevamo tre persone a lavorare e tre clienti in tutto. E doveva essere la giornata più importante dell’anno…». Addio, 2024.

Contratto collettivo, «giusto discuterne ma non c’è fretta»

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«Non c’è nulla da guadagnare, temporeggiando. L’unica via d’uscita è sedersi al più presto al tavolo dei negoziati con i sindacati». Si è presentato con queste parole – rilasciate ai giornali del gruppo Tamedia – il nuovo presidente di GastroSuisse, Beat Imhof. «Se non negoziamo nulla, non possiamo migliorare nulla», ha poi aggiunto riferendosi alla possibile ripresa del dialogo per il contratto collettivo. Una prospettiva, quella avanzata da Imhof, che non sorprende Massimo Suter. «È chiaro che discutere, avere un continuo scambio di opinioni, è importante. Lo è per il bene del settore. Con la nuova presidenza e la nuova struttura, c’è stata una sterzata verso sinistra da parte degli organi direttivi, per cui questa apertura ai sindacati non mi meraviglia. Non dico che il concetto sia sbagliato, non lo critico, ma insomma è giusto parlarne. E poi bisognerà vedere ciò che si deciderà, rispetto alle proposte di una parte e dall’altra. Allo stato attuale mi sembra ci sia stata troppa euforia da parte dei sindacati sulla possibilità di andare subito al tavolo di negoziazione. Spetterà innanzitutto agli organi direttivi avallare questa presa di posizione di apertura da parte della nuova presidenza».

Suter da lì ci è già passato. «È un esercizio che conosco bene. Sono riunioni su riunioni, inseguendo una quadratura del cerchio che non sempre si ottiene. Lo abbiamo visto con le trattative sui salari minimi, per cui non si è trovato un accordo. Il settore ha comunque un contratto collettivo in essere, e quindi non c’è fretta di tornare al tavolo delle trattative. Dopo sei anni, è chiaro che i sindacati cominciano a fremere. Ma quando noi abbiamo deciso di alzarci dal tavolo, avevamo i nostri buoni motivi per farlo. Motivi che restano validi. La criticità maggiore era che i sindacati cercavano di andare oltre ciò che si discuteva negli incontri, proponendo poi salari minimi cantonali». 



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