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Naima Jamal, una ventenne etiope, viene torturata dai libici, e le sevizie sono riprese in un video dai suoi aguzzini, allo scopo di chiedere soldi alla famiglia. La madre della ragazza ha ricevuto minacce e una nota vocale in cui i trafficanti la avvisano: “Chiamateci solo quando trovate i soldi, altrimenti non possiamo aiutarvi”. La donna ha lanciato un appello: “Abbiamo urgentemente bisogno di qualcuno che ci aiuti a portarla via da lì”, ha detto a Fanpage.it.
È legata mani e piedi, le sue urla di dolore sono intervallate dal rumore della frusta sul suo corpo e dalle risate dei trafficanti. La donna ritratta nel video è Naima Jamal, ventenne etiope, che lo scorso maggio è arrivata in Libia con il sogno di raggiungere l’Europa.
“Naima è nata nella zona occidentale di Arsi, nella città di Shashamane, il 5 maggio. Frequentava l’undicesima classe, ma non ha potuto continuare gli studi per questioni politiche. Ad un certo punto lei e altri 10 suoi compagni sono stati catturati e picchiati. Hanno trascorso 8 mesi in un campo di prigionia e i suoi carcerieri ci hanno chiesto 750.000 birr – moneta etiope – per liberarla, ma noi non abbiamo potuto pagare. Per il suo ventesimo compleanno e dopo essere stata costretta ad affrontare numerose difficoltà e sofferenze imprigionata, non ha avuto altra scelta che fuggire. La sua speranza è sempre stata quella di andare in Europa”, racconta la madre di Naima, dopo aver ricevuto ieri il video che ritrae la figlia sotto tortura. “Aspettavo da giorni la sua chiamata, che mi dicesse che aveva trovato un modo per partire, per attraversare il Mediterraneo, ma quella chiamata non è mai arrivata”, continua la donna asciugandosi le lacrime sotto il burqa. Da allora la famiglia di Naima ha ricevuto numerose chiamate e messaggi da parte dei trafficanti che tengono imprigionata la giovane insieme ad altre decine di uomini e donne, con richieste di riscatto sempre diverse, l’ultima ricevuta ieri – insieme al video delle torture – è di 6.000 dollari.
“All’inizio mi parlavano via WhatsApp – continua la madre raggiunta in videochiamata nella sua casa ad Oromia, nell’area centro-meridionale dell’Etiopia, da Fanpage.it – ma poi il mio account WhatsApp è stato hackerato. In seguito, mi hanno contattato di nuovo via Telegram e mi hanno inviato un messaggio vocale. È di ieri, invece, l’ultimo messaggio in cui mi hanno inviato il video, chiesto i soldi e minacciato. Mi hanno detto: “Chiamateci solo quando trovate i soldi, altrimenti non possiamo aiutarvi”. Ora abbiamo urgentemente bisogno di qualcuno che ci aiuti a portarla via da lì. Passo le giornate nella speranza e nel terrore che arrivi un messaggio con la voce della mia Naima”.
Naima non è sola, da una ricostruzione fatta dal movimento Refugees in Lybia si troverebbe a Kufra, nella Cirenaica, dove sarebbe stata deportata insieme ad altre 50 persone in una delle prigioni utilizzate dai trafficanti per ricattare le famiglie dei prigionieri o per vendere questi ultimi come schiavi.
“Naima Jamal è una delle decine di vittime della moderna tratta degli schiavi in Libia – dichiara David Yambio, il portavoce del movimento – questa è la realtà della Libia di oggi. Non basta chiamarla caotica o senza legge; la Libia è una macchina costruita per ridurre in polvere i corpi dei neri. La Libia è l’ombra dell’Europa, la verità non detta della sua politica migratoria: un inferno costruito dal razzismo arabo e alimentato dall’indifferenza europea. Lo chiamano controllo delle frontiere, ma è crudeltà vestita di burocrazia”. Le stesse dichiarazioni sono state poi riprese e rilanciate, insieme alla denuncia di ciò che sta succedendo a Naima, da un comunicato pubblicato ieri pomeriggio dall’ong italiana Mediterranea Saving Humans.
Il destino di Naima e delle altre 50 vittime di Kufra rimane ignoto, mentre le loro grida continuano a lacerare i cuori delle famiglie che nella disperazione fanno di tutto per poter pagare i trafficanti. “I 6.000 dollari di riscatto richiesti per Naima non sono solo il prezzo della sua vita, ma anche il prezzo del silenzio di una comunità globale che permette che questo orrore accada ai figli neri – continua Yambio – la storia di Naima non è un’anomalia, ma l’eredità di una storia che si rifiuta di finire”.
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