Il copyright è di Paolo Condò che ieri, sulle colonne del Corriere della Sera, ha definito Claudio Ranieri un ottimo allenatore di giocatori, ma il migliore allenatore di cuori. La chiave tattica, ma forse anche sentimentale, caratteriale, animistica della vittoria del derby è stata infatti Lorenzo Pellegrini, preferito a Pisilli nell’11 titolare scelto dal “nucleo”, così lo ha definito lo stesso Ranieri, di giocatori di cui ormai si fida senza incertezza alcuna. In quella posizione, Lorenzo, se sta bene fisicamente ma soprattutto psicologicamente, resta uno dei top player della Serie A e lo ha dimostrato dopo soli 12 minuti, indirizzando la sfida in maniera decisiva e inaugurando così nel modo migliore un anno che, come l’Epifania ha fatto ieri per le feste, speriamo che tutte le tristezze della Roma del 2024 possa portarsi via. La bellezza del gol di Pellegrini risiede innanzitutto nella gestazione e dunque in quel pallonetto utile a servire Dybala dopo lo scarico di Dovbyk, usato da Ndicka (come vedremo, non per l’unica volta nella sfida) come terminale geograficamente di riferimento per far partire le transizioni più pericolose.
Con quel gesto tecnico Pellegrini ha liberato Dybala che a sua volta ha potuto servire nello spazio Saelemaekers che a sua volta, come da indicazioni chiare evidentemente ricevute da Ranieri, non deve pensarci troppo quando vede l’aria riempita e quindi deve servire immediatamente il pallone verso i suoi compagni, dove qualcosa succederà. E quel qualcosa stavolta è il controllo di Pellegrini che con una finta di piede ha spostato via mezza difesa, così come fece Paulo Roberto Falcao con l’Italia al Mondiale dell’82, per poi concludere in porta, Paulo Roberto lo fece di forza, Lorenzo di classe, e scusate se è poco. Uno e bino. Due posizioni, decisive, assai congeniali a Pellegrini: la rifinitura di smarcamento nel cerchio di centrocampo e la rifinitura per la conclusione nell’area avversaria.
Pellegrini è mezzala e assistman, centrocampista e attaccante, Pellegrini è un tesoro che la Roma non deve mai pensare di svilire perché sul mercato ci sono diversi avvoltoi che non aspettano altro che affondare il colpo, strappando il talento di Lorenzo al club a prezzi di saldo. Mossa geniale, dunque, nata però non nel freddo del laboratorio tattico ma nel caldo di una chiacchierata tra uomini, come ha svelato Ranieri a fine partita. Il tecnico ha colto l’urgenza del capitano della Roma: guidare la squadra sul campo nell’occasione più importante, almeno di questo scorcio di stagione. A volte la leva sentimentale incide più di quella tattica.
La strategia offensiva
Ma la Roma capace di prendersi il derby è stata anche tanto altro, non solo le scelte di Pellegrini, o dell’immenso Dybala o dell’incursore di fascia Saelemaekers, o della boa spartiacque Dovbyk. La Roma è stata l’intelligente gestione della costruzione verticale a sfruttare i difetti delle rivedibili coperture preventive laziali. La Roma è stata quella del raddoppio sulla falsariga del primo gol, con un intelligente passaggio stavolta di Svilar verso il centravanti ucraino, non cercato sulle spizzate di testa difficilmente sfruttabili da Dybala, ma trovato morbidamente a disegnare ripartenze immediate sugli scarichi mirati. Così pochi minuti dopo il primo gol è arrivato anche il raddoppio, stavolta con una perfetta copertura del pallone a lanciare Dybala nello spazio vuoto, lasciando alla lucidissima interpretazione dell’argentino la scelta del tempo per l’assist decisivo, giusto all’ultimo momento utile, né prima, né dopo, perfetto per consentire a Saelemaekers di tirare in porta con un solo controllo, anche se poi a facilitare il gol è arrivata la corta respinta di Provedel sul primo tentativo del belga. L’incertezze di Gila in copertura, l’attacco alle spalle di Tavares, le verticalizzazioni con le sponde per attirare la difesa avversaria e superarla in contropiede, idee scovate nelle analisi delle partite precedenti della Lazio e mirabilmente interpretate sul campo da giocatori tecnicamente di primissimo livello. Qualcun altro raccontasse la barzelletta che ormai non fa più ridere dello scarso valore tecnico della prima squadra della Roma. Di giocatori forti ce ne sono tanti. Il mercato servirà per le rifiniture.
L’efficacia difensiva
L’altro capolavoro giallorosso è stato nella fase di non possesso, con la squadra pronta a chiudersi a testuggine già nel primo tempo quando però c’era ancora la forza nelle gambe per ripartire dopo ogni colpo assorbito, proprio come chiede continuamente Ranieri. Pellegrini diventava la mezz’ala di sinistra, con Koné, diversamente che a Milano, spostato sul centro destra, Paredes nel mezzo e Dybala con Dovbyk a sporcare la prima impostazione, quasi sempre lasciata al dinamismo non sempre vellutato di Rovella. Dietro una linea molto elastica di cinque giocatori, con tre muri quasi insuperabili, i tre centrali, e con gli esterni sempre pronti alle aggressioni dei dirimpettai (a volte i terzini avversari, a volte gli attaccanti esterni) ma con l’impulso sempre di attaccare e accompagnare esternamente la manovra offensiva. Questo ha messo in difficoltà la Lazio, già colpita due volte e quindi timorosa e incerta nell’applicazione dei dettami offensivi. L’intervallo è servito però da reset soprattutto ai biancocelesti che nel secondo tempo si sono presentati più convinti anche per via del maggior dinamismo e della maggior sostanza garantite da Dia e Tchaouna, a sostituire Dele Bashiru e l’evanescente Isaksen. La colpa della Roma in questa fase è stata quella di farsi accarezzare dalla tentazione di rivivere una partita mourinhana, quando il blocco basso sul campo aumentava la frustrazione degli avversari che attaccavano caricando senza avere mai la minima soddisfazione di uno spiraglio da cui intravedere la luce della rimonta.
Attitudine che ancora una volta ha pagato, ma che resta rischiosa. In certi casi, un golletto rimediato chissà come, può dare inattesi impulsi alla squadra inizialmente in difficoltà e annebbiare la combattività di chi quel risultato invece è chiamato a difenderlo. Per fortuna è andata bene. Con questo risultato crescerà anche l’autostima. E senza impegni infrasettimanali per un paio di settimane si potranno preparare al meglio le prossime partite, in attesa del nuovo tour de force di fine gennaio, con l’obbligo di continuare a scalare posizioni in campionato e avvicinare almeno il play-off di Europa League per una seconda parte di stagione da protagonisti. Ora la squadra ha un’identità precisa e un nucleo definito di giocatori su cui contare. Al gruppone si è aggiunto anche Lorenzo Pellegrini, restituito dal derby alla sua dimensione di prima grandezza. Del gruppone fanno parte anche Pisilli, El Shaarawy, Shomurodov e Baldanzi, sempre attivi, quando vengono chiamati in campo, a dare il loro contributo. Resta da capire come recuperare anche quelli che per motivi diversi sembrano ai margini: Hermoso in difesa, Le Fée e Cristante in centrocampo, Soulé in attacco. Ma zio Claudio ha dimostrato di saper trovare spazio per tutti. Ad allenare i giocatori è bravo, ad allenare i cuori il migliore.
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