Da Luxottica fino a Ferragamo, l’Ai compie i primi passi nelle aziende

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Ray-Ban Meta smartglasses (courtesy Ray-Ban)

Analizzare migliaia di immagini presenti nei social, elaborare in tempi rapidi il filo conduttore che lega tutti quei file e trarre le conclusioni, sempre sotto forma di immagine, delle tendenze più attuali. Con conseguenti finalità di previsione. Ecco uno degli impieghi più comuni dei sistemi di intelligenza artificiale per l’industria della moda. Tutto qui? Niente affatto. Oggi si va ben oltre, e per le imprese del fashion non si tratta di una novità, perché in alcuni casi l’impiego sperimentale dell’Ai va avanti fin dal 2021. L’accelerazione è stata impetuosa negli ultimi 18 mesi e le applicazioni sono state impostate sulla base delle esigenze specifiche di ogni brand.

«L’Ai non si impone come sostituto della creatività umana, piuttosto come un amplificatore di possibilità», ha raccontato a MFF Emanuele Frontoni, professore ordinario di informatica all’Università di Macerata e co-director del VraiVision robotics & artificial intelligence lab, gruppo di ricerca multidisciplinare che raggruppa ricercatori e collaborazioni da vari atenei nazionali, attivo su molti fronti progettuali finanziati dai principali programmi di ricerca, compresi quelli per il settore del fashion & retail. Frontoni ha recentemente dato alle stampe Ai, ultima frontiera (Roi edizioni), libro dedicato alle storie di collaborazione tra esseri umani e algoritmi. Alcune di queste storie riguardano singoli brand e anche piccoli sistemi distrettuali del fashion. Perché, come ha ribadito Frontoni: «Il settore della moda sta iniziando a impiegare l’Ai non solo per ottimizzare i processi esistenti, ma anche per esplorare nuove frontiere creative. Il potenziale dell’Ai per trasformare questo settore, agendo come un catalizzatore per l’innovazione e la creatività, è immenso».

La copertina del libro di Emanuele Frontoni
La copertina del libro di Emanuele Frontoni

Alcune di queste casistiche sono state sviluppate dalle imprese del fashion proprio in collaborazione con Vrai sotto la guida della ricercatrice Marina Paolanti. È lo stesso Frontoni, uno dei massimi esperti di intelligenza artificiale e inserito nella lista World’s top 2% scientists, a elencarle, partendo da un piccolo distretto marchigiano, quello del cappello di Montappone (Fermo), dove è stato realizzato un progetto di intelligenza artificiale generativa che prende il nome di CappellAi. Partendo dalla realizzazione di un dataset di cappelli senza precedenti, collezionando immagini raccolte e annotate dai maestri del cappello insieme agli esperti di intelligenza artificiale, la coppia costituita da descrizioni e immagini ha permesso di addestrare un modello di Ai generativa che può essere interrogato in maniera semplice e accessibile dai designer.

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«Basta scrivere un prompt, ovvero un testo descrittivo ricco di dettagli stilistici, e appariranno alcune immagini generate in base alle specifiche fornite. L’algoritmo, specializzato in fase di apprendimento nel generare immagini di cappelli a partire da descrizioni testuali, è ora in grado di generare alcuni esempi. Il designer potrà modificare a piacere la descrizione per affinarla e vedere di nuovo delle immagini come fonte di ispirazione», ha aggiunto Frontoni. Il risultato dell’investimento è nell’aumento di efficienza nel processo di design, con una riduzione dei tempi di creazione dei prototipi e una diminuzione dell’impatto ambientale dei prodotti. CappellAi si pone come un progetto esemplare di sistema che va a supporto della creatività umana perché i dataset realizzati sono patrimoni aziendali e diventano strumenti di fondamentale importanza per mantenere alta la competitività a livello internazionale di quello che è l’unico distretto del cappello italiano e uno dei principali in Europa.

Luxottica, il progetto Oro
Il nome del progetto sviluppato da Luxottica è legato al suo focus, consistente nel riutilizzo delle obsolescenze ovvero delle rimanenze di magazzino. «Ma si chiama Oro anche perché il ritorno economico è tutto margine per l’azienda», ha precisato Frontoni. Si tratta infatti di un caso di studio reale relativo alla produzione di occhialeria, con un focus sull’integrazione di una soluzione ottimale per il riutilizzo dei componenti obsoleti all’interno del framework esistente. Luxottica produce complessivamente 93 milioni di occhiali da vista e da sole, e dispone di numerosi impianti di produzione, centri di distribuzione e una vasta rete di negozi al dettaglio distribuiti in tutto il mondo. L’intelligenza artificiale, in questo caso, ha matchato le rimanenze delle singole componenti dell’occhiale con lo sviluppo delle nuove tendenze, in modo da riutilizzare quelle parti per realizzare occhiali in grado di ottenere un buon risultato commerciale. «Le rimanenze, raccolte nei magazzini globali del gruppo, vengono riportate ad Agordo e il recupero determina una produzione di occhiali rimessi in vendita senza il marchio originario. Il ritorno economico è doppio, perché ai ricavi delle vendite si somma l’abbattimento degli oneri finanziari connessi alla gestione del magazzino», ribadisce l’esperto. E aggiunge: «Il ricorso all’intelligenza artificiale permette di andare oltre l’ottimizzazione. L’analisi dei dati rende possibile l’intercettazione dei trend e aumenta la possibilità di vendita degli occhiali legati a questo riutilizzo delle componenti. Il progetto è operativo da diversi anni, ma nell’ultimo biennio ha incrociato il miglioramento delle performance legate all’Ai moltiplicando i benefici commerciali». Oltre a Oro, l’azienda bellunese sta intensificando le applicazioni dell’Ai superando quelle classiche per entrare negli ambiti più strategici come la logistica e i processi legati alla supply chain perché, come sottolinea Frontoni: «Il forecasting ci permette di capire in maniera più precisa di quanti materiali potrò avere bisogno nelle successive otto settimane di gestione della produzione, ottimizzando gli acquisti ed evitando il rischio di appesantire le rimanenze».

L'interno di una manifattura Salvatore Ferragamo (courtesy Salvatore Ferragamo)
L’interno di una manifattura Salvatore Ferragamo (courtesy Salvatore Ferragamo)

Ferragamo e il forecasting delle vendite

Nel mondo del lusso, gli andamenti delle vendite rare sono comuni perché, a certi prezzi, il numero dei pezzi venduti diventa piuttosto basso rispetto a quanto può accadere nell’ambito del lusso accessibile o ancor più nell’ambito del fast fashion. Questo fatto determina alcune complessità perché, precisa Frontoni: «Tutti i sistemi di predizione, in presenza di serie storiche fatte di vendite rare, vanno in difficoltà perché, se le serie storiche tendono a zero, il predittore stesso finisce per prevedere una vendita zero. Di conseguenza, abbiamo ideato e sviluppato degli algoritmi adatti per le previsioni di vendite rare, riuscendo a migliorare le prestazioni». Un’altra difficoltà classica dell’utilizzo dell’Ai nel comparto luxury goods è la differenziazione dei mercati, con la conseguente complessità di arrivare a previsioni affidabili su mercati diversi e su categorie diverse di prodotto. I risultati dell’adattamento degli algoritmi sono stati particolarmente interessanti nel caso della sperimentazione di Ferragamo, attraverso l’impiego di quelle che vengono definite Lstm ovvero reti di memoria a lungo termine. «Il ritorno economico dei sistemi di forecasting sul venduto è enorme, perché i brand presentano catene di fornitura molto complesse e l’impiego di questi nuovi algoritmi favorisce, di conseguenza, la generazione di economie interne e la riduzione di over stock», evidenzia il docente.

Doucal’s e la frontiera learning

Il caso di Doucal’s, brand di scarpe maschili di fascia alta, è particolarmente interessante perché, grazie a un’intuizione della stessa azienda, ha determinato un ampliamento dell’orizzonte applicativo dell’Ai. Tutto nasce dall’occhiale, con una telecamera installata, che gli artigiani di Doucal’s indossano durante le lavorazioni, con un duplice obiettivo: registrare i tempi e il metodo utilizzato per l’attività in corso, ma anche cercare di misurare la qualità del prodotto direttamente nella fase manifatturiera. Questo progetto ha preso il via tre anni fa, e l’intuizione aggiuntiva dei fratelli Gianni e Jerry Giannini, proprietari di Doucal’s, è stata quella di organizzare, utilizzando le riprese, un database di filmati da utilizzare per l’apprendimento dei giovani artigiani, attivando così una serie di processi di learning e una modalità per attrarre i giovani in una maniera più efficace e contemporanea. «Dalla principale motivazione, di tipo qualitativo, è stato attivato un “sottoprodotto” ideale per un impiego di formazione», ha rimarcato Frontoni.

(riproduzione riservata)


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