Automotive 2025: quale strategia per uscire dalla crisi

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Un quarto delle auto nuove vendute in Europa oggi è elettrico. Il sorpasso sui veicoli a combustione in tutta la UE è previsto intorno al 2030.

“Il 2025 purtroppo sarà un altro anno molto difficile per l’industria automobilistica europea – mette in guardia Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club -. Ma credo che sarà anche un anno decisivo per provare a gettare le basi per un suo ancora possibile rilancio. Deve essere però chiaro che contrariamente alla vulgata mediatica recentemente imperante
non è il Green Deal europeo ad averne causato la crisi, ma al contrario quella scelta politica può essere tuttora l’unica ancora di salvataggio per un settore industriale così importante”. Ecco le sfide da affrontare nel 2025, un anno di solida crescita per le auto elettriche nel mondo, sapendo che “la risposta giusta e ormai non più rinviabile è il Piano Draghi, ciò che serve per salvare la competitività e il settore automobilistico in Europa”.

Nel frattempo s’intravedono segnali di compromesso fra Cina e UE nella loro disputa commerciale. Fattori che avranno un impatto nel mercato nel nuovo anno.

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La crisi dell’industria tedesca

Da un recente report dell’Economist risulta che, oltre agli annunci della Volkswagen sulle chiusure degli stabilimenti, un terzo di tutte le imprese e due quinti delle industrie, intervistate un sondaggio del DIHK di Wansleben, prevedono di effettuare drastici tagli agli investimenti in Germania. Nel frattempo in Italia, che dipende fortemente dalla manifattura tedesca, l’industria, legata soprattutto all’auto e alla moda, ha registrato 21 mesi consecutivi di declino della produzione.

Lo spettro della deindustrializzazione si aggira per l’Europa. E riguarda soprattutto l’industria automobilistica, quella che, secondo il piano di Mario Draghi, non ha saputo elaborare una strategia di decarbonizzazione, ma sta subendo la concorrenza agguerrita dell’americana Tesla, il cui patron è Elon Musk che ha riportato Donald Trump alla vittoria alle Presidenziali Usa, e della cinese Byd.

Dopo il Covid sono “evaporate” due milioni di vetture in Europa, e di queste 500mila sono Volkswagen.

Continental, un fornitore di automobili, sta chiudendo fabbriche e riducendo 7.000 posti di lavoro. Michelin, il gigante francese di pneumatici, sta tagliando 1.500 posti di lavoro in Germania, oltre a chiudere i battenti a siti produttivi. Lo scorso luglio, il fornitore tedesco di auto ZF Friedrichshafen ha annunciato che entro il 2028 avrebbe eliminato 14.000 posti di lavoro.

Soltanto il 19% delle industrie tedesche considera il proprio scenario attuale “buono”, mentre il 35% lo stigmatizza come “cattivo”, rivelando una tendenza al pessimismo che rispecchia il biennio 2002-2003. allora la Germania reagì con le riforme liberalizzatrici di Agenda 2010, per uscire dalla crisi.

Ma oggi lo scenario è più complesso. “Innanzitutto non c’è un governo in Francia (che affronta la seconda seria crisi di governo in cinque mesi, mentre sale lo spread, ndr) e in Germania (dove le elezioni sono previste per il 23 febbraio, ndr), nell’asse franco-tedesco”, ricorda Luigi di Marco, “e poi incombe l’incognita del ritorno di Trump”.

Tuttavia “la crisi dell’auto nasce ormai da oltre dieci anni: un mercato maturo, costi delle auto sempre più alti (con stipendi a dir poco stagnanti nel nostro Paese), sconfitta dell’immaginario per cui ‘auto’ e ‘libertà (di movimento)’ specialmente per i più giovani erano una volta sinonimi (invece oggi l’età della patente è passato dai 18 ai 22 anni, ndr). Sono queste le cause principali che hanno determinato il crollo delle vendite e l’overcapacity di tutti gli stabilimenti europei“, sottolinea Ferrante: “La conversione all’elettrico quindi era – e tuttora potrebbe essere se accompagnata da scelte coerenti – unico modo per poter competere con la Cina che più lucidamente di noi da tempo ha imboccato quella strada e grazie all’innovazione tecnologica (e ovviamente al costo minore della manodopera) è già in grado di produrre vetture moderne, comode e poco
inquinanti a costi sostenibili”.

Automotive 2025: serve una lucida strategia

Il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre (a settembre è stato superato l’aumento di +1,54 gradi C) e ha registrato 37,4 miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra (+0,8% in più del 2023).

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“Come scrive il rapporto Draghi, decarbonizzare è necessario, salvaguardando la competitività”, sostiene Luigi di Marco dell’Alleanza italiana dello Sviluppo Sostenibile (AsViS).

Le vendite di veicoli elettrici continuano a crescere in tutto il mondo, ma a un ritmo più lento rispetto al 2023. Il 2024 si chiude con 17 milioni di veicoli EV ed ibridi venduti, con una crescita prevista del 20% nel 2025, secondo BloombergNEF.

La Cina è di gran lunga il più grande mercato di veicoli elettrici al mondo, con tre quarti delle immatricolazioni globali nel 2024 a partire da ottobre.

Da questi dati bisogna partire per fare una panoramica sull’automotive nel 2025.

Lo scenario europeo

In questo scenario complesso, “basta indugi. Si taglieranno le multe alle case europee che non sono state in grado di raggiungere i target di riduzione di inquinamento da gas di scarico in modo da non pesare ulteriormente sui loro già ben magri bilanci, ma non si toccherà la data del 2035 quale deadline per il motore endotermico. Inoltre, gli Stati membri dovranno agevolare la ricerca, promuovere la riconversione anche tra i costruttori di componentistica (fortissimi in Italia), sostenere gli investimenti e costruire le reti di ricarica in modo da essere pronti per quella data. Nel frattempo bisogna smetterla con gli stop & go su incentivi in modo da poter marciare parallelamente nello svecchiamento del parco auto esistente con auto meno inquinanti”.

Però “ricordiamoci che quelle multe nascevano come incentivo a indurre ad adottare una politica industriale lucida e coerente e sugli incentivi bisogna essere più coerenti”, avverte Luigi di Marco. “Ora l’importante è accelerare sul piano Draghi, senza perdere tempo sui biocarburanti e soprattutto rendendo coerente il Pniec, unendo i puntini con una visione a 360 gradi”.

La storia dei veicoli elettrici nell’Unione Europea sarà probabilmente molto più positiva nel prossimo anno. Questo perché gli standard di emissione di anidride carbonica per i veicoli passeggeri sono destinati ad inasprirsi, richiedendo alle case automobilistiche dei Paesi membri di ridurre l’inquinamento climatico della loro flotta del 15% rispetto ai livelli del 2021. Secondo il piano climatico dell’UE, questi obiettivi diventano più severi ogni cinque anni, con l’obiettivo di eliminare le emissioni di auto e camion entro il 2035.

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Secondo Felipe Rodríguez, vice direttore generale per l’Europa dell’ICCT, le case automobilistiche hanno intenzione di introdurre nei prossimi mesi una serie di modelli di veicoli elettrici a prezzi accessibili, con una tempistica mirata ad aiutare le aziende a soddisfare i nuovi obblighi.

Nuovi modelli a prezzi accessibili

Tra i modelli più economici figurano la ID.2all Volkwagen (26.000 dollari) e la Fiat Panda EV (28.500 dollari).

Negli Usa, sono in arrivo una nuova Chevy Bolt e una Jeep da 25.000 dollari.

Secondo l’International Council on Clean Transportation (ICCT), in media i produttori dovranno aumentare la quota di veicoli elettrici a batteria, passando dal 16% delle vendite totali nel 2023 a circa il 28% per raggiungere l’obiettivo. Alcune case automobilistiche europee stanno aumentando i prezzi dei veicoli a combustione e tagliando quelli dei veicoli elettrici esistenti per contribuire al raggiungimento degli obiettivi. E, com’è prevedibile, alcuni chiedono alla Commissione europea di allentare le regole.

Previsioni per l’automotive nel 2025

L’andamento delle vendite in ogni Paese dipenderà ancora dalle condizioni locali e dalle decisioni politiche.

Il Mit TechnologyReview si pone la domanda se una nuova serie di incentivi fiscali o ulteriori cambiamenti politici aiuteranno la Germania, il più grande mercato automobilistico europeo, a rilanciare l’automotive nel 2025, scommettendo sulla crescita del suo settore EV. Il crollo delle vendite è avvenuto l’anno scorso, dopo che Berlino ha interrotto i sussidi alla fine del 2023.

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I veicoli elettrici rappresentano oggi circa il 25% delle nuove vendite nell’UE. L’ICCT stima che supereranno i veicoli a combustione in tutta l’UE intorno al 2030, quando le norme sulle emissioni saranno di nuovo significativamente più severe.

Lo scenario Usa

Il mercato dei veicoli elettrici negli Stati Uniti sarà un groviglio di contraddizioni.

Da un lato, le aziende stanno spendendo decine di miliardi di dollari per costruire o ampliare gli impianti di produzione di batterie, EV e caricabatterie in tutta l’America.

Entro i prossimi anni, Honda intende avviare linee di assemblaggio ringegnerizzate per la produzione di veicoli elettrici in Ohio. Invece Toyota ha in programma di iniziare a produrre SUV elettrici nel suo impianto di punta in Kentucky. GM prevede di iniziare a produrre le sue Bent rivitalizzate in Kansas, oltre a decine di altri impianti in fase di progettazione o costruzione.

Tutto ciò fa sì che possa calare il costo dei veicoli più puliti, ampliando le possibilità di scelta dei consumatori, aumentando la creazione di decine di migliaia di posti di lavoro e aiutando le case automobilistiche statunitensi a mettersi al passo con i rivali d’oltreoceano che stanno accelerando la progettazione, la produzione e l’innovazione dei veicoli elettrici.

Ma non è chiaro se ciò si tradurrà necessariamente in una riduzione dei prezzi al consumo, e quindi in una maggiore domanda. Infatti Trump si è impegnato a smantellare le politiche chiave che attualmente spingono il settore.

I suoi piani includono il ritiro dei crediti d’imposta per i consumatori, fino a 7.500 dollari, inclusi nella legge sul clima firmata dal Presidente Joe Biden, l’Inflation Reduction Act (Ira). Ha anche minacciato di imporre dazi severi sui beni importati da Messico, Cina, Canada ed altri Paesi di produzione di veicoli o parti di essi.

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Effetto Trump nell’automotive nel 2025

Il fattore Trump potrebbe annullare qualsiasi riduzione dei costi ottenuta con l’aumento della produzione di componenti e veicoli EV a livello nazionale. L’inasprimento delle restrizioni commerciali potrebbe inoltre rendere più difficile l’ingresso nel mercato statunitense di aziende straniere che producono modelli più economici.

Il più grande ostacolo per i consumatori americani è il costo elevato dei veicoli elettrici. I modelli più accessibili partono ancora da circa 30.000 dollari negli Stati Uniti. E molte auto, camion e SUV elettrici superano i 40.000 dollari.

“Non c’è nulla di disponibile nelle opzioni più accessibili”, afferma Bhuvan Atluri, direttore associato della ricerca presso la MIT Mobility Initiative. “E i modelli promessi non si vedono da nessuna parte”, riporta MIT Technology Review.

In effetti, Elon Musk non ha ancora realizzato il suo “piano generale” di 18 anni fa per la produzione di una Tesla EV a prezzo di massa. E recentemente ha definito “inutile” un modello da 25.000 dollari.

I nuovi listini prezzi effettivi saranno chiari solo quando i nuovi veicoli arriveranno nei concessionari, dopo che l’amministrazione Trump avrà tradotto in politiche reali la retorica della campagna elettorale.

Nell’automotive le fusioni acceleraranno nel 2025

A inizio 2024, Moritz Schularick, ai vertici dell’Istituto di Kiel per l’economia mondiale, ha lanciato la previsione secondo cui la crisi di una delle big delle case automobilistiche sarebbe bastata a dare la sveglia alla Germania, convincendo Berlino che è ormai al tramonto il suo modello economico fondato sulla produzione. Ma il de profundis dell’auto tedesca coinvolge tutta Europa. E non solo, visto che è imminente il sorpasso di Byd sulla statunitense Ford nella top 10 delle vendite di auto. E in Giappone, che già a gennaio ha subito il sorpasso della Cina nel mercato dell’auto, secondo Bloomberg, hanno preso il via i negoziati per una fusione tra Honda e Nissan, che coinvolgerebbe anche Mitsubishi Motor. Come amava ripetere Sergio Marchionne, al mondo rimarranno sei gruppi automobilistici: il numero è opinabile e forse esprime un eccesso di pessimismo, ma la tendenza alle fusioni accelererà nel 2025.

In Europa, da mesi si rincorrono le voci di una fusione fra Renault e Stellantis per creare l’airbus dell’auto con il coinvolgimento di ben 18 marchi. Il 2025, dopo le dimissioni dell’Ad Carlos Tavares, potrebbe essere l’anno buono per mettere in agenda questo ambizioso progetto.

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La transizione energetica

Fin o agli anni ’90 il Regno Unito andava a carbone: il carbone soddisfaceva circa il 65% della sua domanda di elettricità. A settembre scorso ha chiuso i battenti l’ultima miniera di carbone in Uk, dove i parchi eolici sono sulla strada per produrre quest’anno più elettricità delle centrali a carbone e a gas insieme.

Negli Usa, fino a quattro decenni fa, il carbone deteneva circa il 50% della fornitura di energia elettrica. Nel 2023, tale percentuale precipita a circa il 16%.

In Europa il problema è che l’energia è ancora troppo cara. Infatti “il rapporto Draghi invita a favorire la decarbonizzazione e la digitalizzazione”, avverte Luigi di Marco, per riportare la bolletta elettrica almeno in linea con quella della Francia (dove è bassa grazie all’energia nucleare).

Il ruolo cruciale delle batterie nella transizione

Nel 2024 le batterie agli ioni di litio sono state più economiche che mai. I prezzi sono scesi del 20% quest’anno a 115 dollari per kwh, secondo i dati di BloombergNEF. Si tratta del maggior declino dal 2017.

Le batterie rappresentano la tecnologia fondamentale per affrontare i cambiamenti climatici. Alimentano i veicoli elettrici su cui facciamo affidamento per contribuire a ripulire il settore dei trasporti e svolgono un ruolo sempre più importante per la rete elettrica, in quanto possono immagazzinare l’energia proveniente da fonti rinnovabili intermittenti non sempre disponibili, come l’eolico e il solare.

Poiché i veicoli elettrici sono ancora più costosi delle loro controparti a gas nella maggior parte del mondo, il taglio dei prezzi delle batterie è una buona notizia per ridurre i costi delle auto elettriche e per convincere più persone a passare all’elettrico. Si stima che circa il 45% dei veicoli in circolazione in Europa nel 2040 saranno auto termiche e ibride.

È difficile valutare la rapidità con cui i prezzi delle batterie crollano. Nel 2017, le batterie costavano il doppio di oggi. Solo 10 anni fa, i prezzi erano sei volte superiori a quelli del 2024.

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L’incognita cinese: in vista un accordo con la Ue

Byd è il primo colstruttore ckinese nella Ue per vendite di auto. Dopo decenni di investimenti strategici e politiche mirate, la Cina è oggi il produttore dominante di veicoli elettrici e il più grande mercato del mondo. Questo scenario non è destinato a cambiare nel prossimo futuro, a prescindere dalle barriere commerciali imposte dagli Stati Uniti o da altri Paesi.

In ottobre, la Commissione europea ha imposto tariffe nettamente più alte sui veicoli elettrici prodotti in Cina, sostenendo che il Paese ha fornito vantaggi di mercato sleali alle sue aziende nazionali. Ciò ha fatto seguito alla decisione dell’amministrazione Biden, lo scorso maggio, di imporre una tariffa del 100% sui veicoli cinesi, citando pratiche commerciali sleali e furto di proprietà intellettuale.

I funzionari cinesi, da parte loro, sostengono che le aziende nazionali hanno guadagnato vantaggi di mercato producendo veicoli elettrici di alta qualità e a prezzi accessibili. Secondo le stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), oltre il 60% dei veicoli elettrici cinesi sono già più economici delle loro controparti con motore a combustione.

Le barriere commerciali hanno creato rischi significativi per i produttori cinesi di veicoli elettrici, soprattutto associate alla debolezza dell’economia della Cina, alla sovrabbondanza di capacità di produzione automobilistica e al fatto che la maggior parte delle aziende del settore non è redditizia. La Cina ha anche tagliato i sussidi per i veicoli elettrici alla fine del 2022, sostituendoli con una politica che richiede ai produttori di raggiungere obiettivi di risparmio di carburante.

Ma da anni il Paese sta intenzionalmente diversificando i propri mercati di esportazione ed è ben posizionato per continuare ad aumentare le vendite di auto e autobus elettrici nei Paesi del Sud-Est asiatico, dell’America Latina e dell’Europa, afferma Hui He, direttore regionale per la Cina dell’ICCT.

Alcuni segnali indicano che la Cina e l’UE potrebbero presto raggiungere un compromesso nella loro disputa commerciale.

A livello nazionale, la Cina guarda ora ai mercati rurali per stimolare la crescita del settore. I funzionari hanno creato sussidi all’acquisto per i residenti nelle campagne e hanno chiesto la costruzione di un maggior numero di strutture di ricarica.

Secondo la maggior parte delle stime, la Cina continuerà a registrare una robusta crescita delle vendite di veicoli elettrici. Sfioreranno quota 50 milioni i veicoli a batteria e ibridi plug-in sulle strade del Paese entro la fine di quest’anno.

Automotive: nel 2025 il piano Draghi deve diventare realtà

Il tema chiave del piano Draghi è la neutralità tecnologica, soprattutto quando si parla di automotive, quando mette in risalto le criticità dell’industria dell’Europa nella sfida con Cina e Stati Uniti.

Tra le proposte dell’ex presidente della Bce e del Consiglio italiano Mario Draghi emergono i progetti europei comuni nello sviluppo software e tecnologico legati alla guida autonoma.

I progetti di comune interesse europeo (Ipcei) rappresentano uno strumento di aiuti di Stato, focalizzato sulle transfrontaliere attività di ricerca, sviluppo e innovazione (RD&I) e sulle attività di distribuzione industriale (FID). Gli Stati membri devono mettere in comune le risorse in settori strategici e tecnologie di comune interesse europeo, dove il mercato da solo non è efficiente e spesso agli albori non è economicamente sostenibile.

L’UE potrebbe supportare gli Ipcei nel settore automobilistico, dove faranno la differenza scala, standardizzazione e cooperazione, per esempio nei veicoli basati sul software e sulla guida autonoma, nello sviluppo condiviso sulle tecnologie di mobilità elettrica, dove la collaborazione può tagliare i costi e permettere economie di scala.

Altro capitolo fondamentale è la sfida con Cina e Usa. L’integrazione delle filiere produttive europee è stata un vanto fino ad oggi. Ma ora l’industria automobilistica dell’UE sta perdendo competitività a livello internazionale, soprattutto rispetto alla Cina che ha scommesso tutto, e con successo, sulle auto elettriche, ma anche sulla capacità di produrre su larga scala e di innovare rapidamente (arricchendo le eCar di gadget tecnologici molto popolari).

Le case automobilistiche europee stanno soffrendo per le politiche industriali cinesi e americane, come l’Inflation Reduction Act negli Stati Uniti, oltreché per gli alti costi energetici e le legislazioni ambientali più rigorose.

Il piano Draghi invita tutti i player a collaborare, soprattutto sui protocolli di ricarica (compresi punti di ricarica, prese e porte), opzioni di comunicazione (tra cui veicolo-punto di ricarica con ricarica bidirezionale) e il protocollo punto di ricarica-sistema di gestione.

Sul versante dell’economia circolare al primo posto è il riciclo. Invece, sul versante dell’IT, spicca lo sviluppo di sistemi di sicurezza per il data file, linguaggi di programmazione software standardizzati e protocolli di scambio dati.

Il rapporto Draghi mette infine sul banco degli imputati della crisi dell’auto il mancato raggiungimento nella Ue di una completa armonizzazione dei processi di omologazione e dell’omologazione stessa per i veicoli. Occorre invece effettuare un allineamento delle legislazioni con quelle extra UE, in particolare nell’ambito della standardizzazione di parametri tecnici e della valutazione del ciclo di vita dei veicoli.

Inoltre c’è un non detto in Europa. “E riguarda il fatto che il parco macchine è destinato a calare, perché cambiano la mobilità urbana e le abitudini dei consumatori, e i produttori d’auto dovranno pensare ad esportare i loro veicoli anche fuori dalla Ue, per questo il tema della competitività, messo in risalto da Draghi, è fondamentale”, conclude Luigi di Marco.

Nel 2025 l’accordo sui dazi fra Usa e Ue, infine, potrebbe portare a una svolta in questa disputa, scongiurando la guerra commerciale e assicurando maggiore parità di condizioni sul mercato europeo. Ma la lezione del 2024 è chira: o innoviamo o sarà il tramonto dell’automotive europeo.



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