Il nodi della legge
Il 14 dicembre è entrata in vigore la riforma: mette in evidenza diverse criticità che fanno molto discutere, a partire dalla «guida sotto sostanze psicotrope». L’avvocato penalista Luca Musso: «La norma viola il principio di uguaglianza»
Il 14 dicembre è entrato in vigore il nuovo Codice della strada, una riforma che, oltre a suscitare timori e preoccupazioni, mette in evidenza diverse criticità che fanno enormemente discutere media e cittadini. La portata dei cambiamenti introdotti ha sollevato interrogativi e preannuncia innumerevoli ricorsi.
Ma cosa è cambiato davvero nel nuovo Codice? A rispondere è l’avvocato penalista Luca Musso, che mette in luce come le implicazioni della nuova normativa rappresentino una vera e propria rivoluzione, non priva di zone d’ombra.
Cosa è cambiato
«Partiamo dalle differenze sostanziali: nell’art. 186, guida in stato di ebbrezza, la novità si lega all’alcolock». Ossia l’installazione sulle automobili dei conducenti che hanno subito una condanna penale definitiva (e cioè quando è stato riscontrato un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l), di uno strumento in grado di impedire l’avviamento del veicolo se rileva un tasso alcolemico superiore a 0. La vera rivoluzione copernicana, tuttavia, riguarda il 187.
«Mentre prima il reato era “guida in stato di alterazione psicofisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope”, ora il reato è “guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope” – spiega Musso -. In altre parole sembrerebbe essere sufficiente che risulti che, in un’epoca indeterminata, il conducente abbia assunto la sostanza. Non c’è più la necessità di alterazione e non sono più privilegiate le analisi del sangue o urine per la determinazione dello stato, ma può essere sufficiente anche solo il test salivare».
Questo significa che anche tracce residue di sostanze, magari assunte giorni prima, possono configurare una violazione, indipendentemente dal fatto che il conducente fosse realmente in uno stato di alterazione al momento del controllo. Un cambiamento radicale che trascina con sé una serie di «profili di incostituzionalità» che, sottolinea l’avvocato, «potranno essere fatti valere in sede processuale».
L’incostituzionalità
Per comprendere appieno i profili è necessaria, però, una doverosa premessa: nel Codice penale ogni reato è posto a tutela di un cosiddetto «bene giuridico», ossia ogni reato deve mettere in pericolo, ledere o offendere un interesse meritevole di tutela.
«Nel caso del Codice della strada il bene giuridico è la sicurezza stradale – spiega -. Tuttavia, nella misura in cui il reato, oggi, non richiede più la prova dell’alterazione, ma è sufficiente un generico “aver assunto” la sostanza, viene da chiedersi: qual è la lesione del bene giuridico?».
In altre parole, così com’è, il reato è concepito per sanzionare penalmente anche condotte che potrebbero non essere offensive del bene giuridico (in assenza di alterazione) e questo è un grave profilo di incostituzionalità. Si potrebbe obiettare sostenendo che il bene giuridico è un altro: la salute dei cittadini. «Ma c’è stato un referendum che ha stabilito che il consumo di stupefacenti non può costituire di per sé reato». Pertanto, la nuova formulazione pare entrare in conflitto con decisioni già prese dalla volontà popolare.
La violazione
La norma sembra violare altresì il principio di uguaglianza, potendosi configurare un secondo profilo di incostituzionalità. «Perché, rispetto alla sicurezza stradale, per quanto riguarda l’alcol è necessaria l’alterazione e per gli stupefacenti no? – si chiede l’avvocato -. Non sembra esserci una ragione che riguardi la sicurezza stradale. Per superare questi problemi di incostituzionalità potrebbe non essere necessario il ricorso alla Corte Costituzionale, perché (vista l’ampiezza della norma) il giudice potrebbe dare direttamente un’interpretazione conforme a Costituzione, cioè, ritenere necessario anche adesso lo stato di alterazione».
L’ultimo profilo attiene al principio di legalità e, in particolare, di prevedibilità della sanzione penale, «in base al quale colui che compie un’azione deve poter sapere se integri o meno reato. Intendo dire che, mentre quando era richiesta l’alterazione il conducente era in grado di sapere se mettendosi alla guida stava commettendo un reato, ora che lo stato di alterazione non è più richiesto dalla norma, tale consapevolezza potrebbe venire meno». In definitiva, la riforma sembra sollevare più domande che risposte, specie sul piano della coerenza costituzionale.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link