La visita di Meloni a Trump per chiedere il permesso di liberare Cecilia Sala

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 


Ieri sera, nella notte italiana, a Palm Beach, in Florida, davano un film: Eastman Dilemma – Lawfare or justice, documentario sulle presidenziali statunitensi del 2020 rubate «dalla legge alla giustizia», cioè da Joe Biden a Donald Trump. Una perla di complottismo incentrata sulla figura di John Eastman, l’avvocato (radiato dall’ordine) che consigliò il tycoon nella sua lunga serie di ricorsi – tutti persi – contro la «sovversione del voto». 

È in questo contesto che la premier Giorgia Meloni è andata a chiedere se può applicare la legge italiana, cioè negare l’estradizione negli Usa dell’ingegnere iraniano Mohammed Abedini, arrestato a Malpensa il 16 dicembre, e scambiare il prigioniero con Cecilia Sala, la giornalista italiana reclusa nel carcere di Evin a Teheran dal 19 dicembre. 

Meloni, partita da Roma nella mattinata di sabato, è arrivata negli Usa all’1.30 della notte – le 19.30 in Florida – e, nell’ormai celebre tenuta di Mar-a-Lago, ha incontrato, insieme all’ambasciatrice Mariangela Zappia, il presidente eletto Donald Trump, il futuro segretario di Stato Marco Rubio, quello del tesoro Scott Bennett, il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Walz e il prossimo ambasciatore degli States in Italia, Tilman Fertitta. Il momento della foto di rito parla da solo. Da sinistra: Trump guarda un punto indefinito all’orizzonte, Meloni è in posa col sorriso, Marco Rubio pure ma senza sorriso, sua moglie Jeanette Dousbedes ha gli occhi immersi nel suo smartphone.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Secondo il New York Times, con questa visita privata l’italiana spera di vedere rafforzata la sua sua speranza di diventare «l’alleata di riferimento di Trump in Europa», cioè l’apripista dei dossier più delicati: dalla guerra in Ucraina alle tensioni in Medio Oriente,  passando per l’aumento delle spese militari dei paesi Nato e i dazi in arrivo. Si vedrà, anche se va detto che la premier non è arrivata prima nella corsa dei leader dell’estrema destra europea a rendere omaggio al quarantasettesimo (e quarantacinquesimo) inquilino della Casa Bianca: davanti a lei c’è Viktor Orbàn, che a Mar-a-Lago c’era venuto un mese fa. Trump, ad ogni buon conto, è stato gentile con l’ospite italiana: «Sta prendendo d’assalto l’Europa», ha detto su di lei. Se per l’Europa questo sia un bene o meno si può discutere, ma dall’altra parte dell’Atlantico la questione appare ben rappresentata dalle continue ingerenze del grande fratello (e grande sponsor) Elon Musk, che, infaticabile, ogni giorno utilizza il suo social network X per gettare fango sui partiti progressisti, diffondere fake news, costruire campagne d’odio contro il nemico politico del momento. 

Nella serata di Palm Beach, comunque, si è parlato anche di Cecilia Sala e Meloni avrebbe «spinto aggressivamente» (parola del New York Times) sul punto. L’idea di fondo resta quella di risolvere l’affaire entro il 20 gennaio, data del reinsediamento di Trump, ma per farlo bisognerà accordarsi con l’uscente Joe Biden, che giovedì arriverà in Italia e resterà fino a domenica. Il sogno (proibito) è che gli Usa rinuncino a chiedere la consegna di Abedini (hanno tempo fino alla fine del mese per presentare le carte, e sin qui non l’hanno fatto), risolvendo così alla radice ogni problema. 

L’ipotesi di road map in ogni caso prevede tempi più stretti: il 15 gennaio c’è l’udienza della Corte d’Appello di Milano sugli arresti domiciliari dell’ingegnere iraniano detenuto a Opera (si pensa che non verranno concessi, ma è un affare dei giudici e non del governo), seguono quattro giorni per organizzare nel dettaglio lo scambio con l’Iran (mettere Sala su un aereo per Roma e Abedini su un volo per Teheran) e consentire a Nordio di firmare per consentire la scarcerazione e negare l’estradizione.

Il ministro della Giustizia può farlo quando vuole in forza all’articolo 718 del codice di procedura penale. Ma il problema non è il dettaglio tecnico, quanto il quadro politico in cui questa decisione viene presa, cioè l’evidente torto che si farebbe agli Usa, che considerano Abedini un terrorista perché ha venduto componenti per droni ai Guardiani della rivoluzione iraniana e vorrebbero processarlo quanto prima. In Italia però non ci sono accuse nei suoi confronti perché se negli Stati Uniti i Pasdaran sono un’organizzazione criminale, in Europa non è così. E se Washington non ha rapporti diplomatici con Teheran, Roma ne ha parecchi e non sono mai stati particolarmente tesi.

Ce ne sarebbe abbastanza per scarcerare Abedini subito e procedere allo scambio con Sala, ma la sovranista Giorgia Meloni non ha alcuna intenzione di muoversi senza il placet degli «amici americani». Da qui l’inchino di Mar-a-Lago, avvenuto peraltro a sorpresa. Nella maggioranza nessuno ha saputo del viaggio verso gli States fino all’ultimo momento.

L’azione di Meloni, a ben guardare, scavalca a piedi pari gli sforzi che stanno portando avanti la Farnesina, i diplomatici e i servizi d’intelligence per riportare a casa Sala. Un’ammissione implicita che dall’inizio di questa storia gli ingranaggi hanno girato a vuoto e che la vera partita è cominciata solo adesso. 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link