Oltre 200 Comuni svizzeri hanno “adottato” villaggi in Romania che altrimenti rischiavano di scomparire sotto il regime di Nicolae Ceausescu. Reportage dall’ultima assemblea dell’Operazione Villaggi Rumeni – Svizzera.
Le elezioni che si sono tenute in Romania sono state argomento di discussione anche nella palestra di un villaggio vallesano di Nendaz, soprattutto l’annullamento del primo scrutinio delle presidenziali. È un pomeriggio di novembre e sul podio si alternano gli oratori. Il presidente dell’Operazione villaggi rumeni – Svizzera (OVR-Suisse) ricorda che le elezioni in Romania si tengono durante due fine settimana consecutivi. “Dunque, è questa la democrazia?”, si chiede, rispondendo subito dopo. “Probabilmente sì”. Questo “probabilmente” può essere interpretato come una critica velata.
Prima dello scrutinio nessuno avrebbe immaginato che la Corte costituzionale della Romania potesse annullare le elezioni presidenzialiCollegamento esterno per sospette ingerenze della Russia. Tuttavia, già prima del voto, la democrazia era argomento di discussione nell’ex Repubblica sovietica. Infatti, alcuni sostenevano che organizzare le elezioni presidenziali e parlamentari in due fine settimana consecutivi fosse una manovra politica del governo.
Pascal Praz è il presidente di Opération Villages Roumains Suisse (OVR-Suisse). L’associazione, nata negli anni Ottanta, si è riunita nel novembre del 2024 per sancire il suo scioglimento.
Solidarietà con i villaggi durante la dittatura di Nicolae Ceausescu
OVR-Suisse è un esempio di come un Paese occidentale potesse aiutare la popolazione locale in uno Stato a regime neostalinista. L’impegno internazionale è diventato ancora più importante dopo la caduta del regime comunista all’inizio degli anni Novanta.
A oltre 30 anni dalla fine della dittatura di Ceausescu, dopo decenni di collaborazione consolidata tra i villaggi svizzeri e quelli rumeni, l’OVR-Suisse ha deciso che era giunto il momento di sciogliere l’organizzazione mantello.
Durante l’Assemblea generale a Nendaz, gli ultimi sviluppi politici in Romania non erano al centro della discussione. “La collaborazione con i Comuni svizzeri proseguirà anche dopo le elezioni, ne sono convinto”, afferma Bogdan Mazuru, ambasciatore rumeno in Svizzera, ricordando ai presenti, in gran parte persone anziane, l’importanza dell’impegno dell’OVR-Suisse per il suo Paese.
Tra il pubblico è presente anche la scrittrice rumena Florina Ilis. “Spero soltanto che le elezioni si svolgano regolarmente e che tutti abbiano la possibilità di decidere autonomamente”, dice Ilis.
L’arrivo delle ruspe
Nel 1988, Florina Ilis ha 20 anni quando i primi escavatori meccanici fanno la loro apparizione nei villaggi rumeni per attuare il trasferimento forzato della popolazione rurale, “I miei nonni sarebbero stati vittime di questi piani di reinsediamento se non fosse sopraggiunta la rivoluzione del 1989”, racconta la scrittrice, che in Svizzera ha portato il romanzo “Le Livre des nombres”, pubblicato nel 1997.
Nel libro descrive la vita oppressa della popolazione contadina nel corso di quattro generazioni e come, negli anni Ottanta, la dittatura di Nicolae Ceausescu avesse pianificato di cancellare i villaggi rurali dalla mappa della Romania.
Le attività di OVR-Suisse nei villaggi rumeni. Immagini tratte dagli archivi dell’organizzazione:
Salvare i villaggi rumeni dalla distruzione: questo fu lo scopo che portò alla creazione, nel 1988, della “Opération Villages Roumains”, associazione fondata a Bruxelles.
Elaborato negli anni Settanta in Romania, il piano di “sistematizzazione dei villaggi” mirava a creare una “società completamente socialista” entro il 2020. Questo era l’obiettivo dichiarato dal presidente Nicolae Ceausescu durante un discorso pronunciato alla nazione nel 1988. In realtà, questo programma consisteva nella distruzione della metà dei 13’000 villaggi rumeni e nel trasferimento forzato degli abitanti in insediamenti “agroindustriali” e in case popolari in stile sovietico.
La minoranza ungherese, presente soprattutto nelle zone rurali della Transilvania, e i tedeschi di Romania sarebbero stati i gruppi più colpiti da questa sistematizzazione. Il piano suscitò proteste anche in Ungheria, dove le autorità locali espressero le loro obiezioni.
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Profughi ungheresi in Svizzera: uno sguardo sul passato e sul presente
Un anno prima dell’esecuzione della coppia presidenziale nel dicembre 1989, si formò una forte opposizione internazionale contro il programma di Ceausescu. In Svizzera, la resistenza venne guidata da esuli politici, giornalisti e intellettuali che si opponevano al regime.
La diffusione del movimento
L’OVR si diffuse principalmente nei Paesi francofoni grazie all’affinità linguistica tra il francese e il rumeno, entrambe lingue di origine latina. Il movimento fu particolarmente attivo in Francia, sostenuto dalla presenza di intellettuali in esilio. “Lo stato d’animo nella Svizzera francese era simile a quello vissuto nel 2022 dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia”, dice Rose-Marie Koch, la segretaria di OVR-Suisse.
Negli anni Ottanta, a scuotere le coscienze delle svizzere e degli svizzeri furono in particolare alcuni documentari, tra cui “La catastrofe rossa” della televisione belga. Le immagini girate di nascosto mostravano la povertà estrema della popolazione rurale e il loro trasferimento forzato a causa della cosiddetta “sistematizzazione”.
OVR-Suisse contro la minaccia dell’”etnocidio”
In seguito OVR-Suisse parlò addirittura di minaccia di “etnocidio”. “I film belgi furono uno shock per noi all’epoca”, dice Rose-Marie Koch.
Alla fine degli anni ’80, lavorava come segretaria per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa. Improvvisamente ricevette innumerevoli richieste da parte di gruppi e organizzazioni come la Lega svizzera per i diritti umani, che le chiedevano gli indirizzi di tutti i Comuni per “adottare” i villaggi.
Koch ha distribuito gli indirizzi. “Tutti erano molto entusiasti, era un vero e proprio crescendo di solidarietà”, racconta Rose-Marie Koch. Gli aiuti non erano motivati da sentimenti anticomunisti. “Abbiamo sempre agito per motivi umanitari, mai per motivi politici”.
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Oltre 200 Comuni svizzeri adottano villaggi rumeni
“L’Opération Villages Roumains è un movimento atipico”, afferma Hubert Rossel, vicepresidente di OVR-Suisse. “Non siamo funzionari, ma persone del ceto medio, provenienti da diversi Paesi che hanno preso parte al movimento”.
Negli anni Ottanta, le attiviste e gli attivisti svizzeri scrivevano lettere di protesta e cartoline indirizzate in Romania o all’ambasciata rumena in Svizzera. Anche Rossel inviò una lettera. “Scrivemmo che eravamo a conoscenza di ciò che stava succedendo e delle condizioni in cui viveva la popolazione rurale. Era una denuncia che portava la mia firma”. Alcuni preferivano restare anonimi per paura della polizia segreta, la Securitate. “Ma la Posta rumena non poteva controllare tutta la corrispondenza proveniente da ogni angolo del mondo e così riuscimmo a raggiungere il nostro obiettivo. Le autorità furono costrette ad ammettere che qualcosa non andava”.
Alcune lettere erano indirizzate anche al Consiglio federale e alle autorità comunali. La nostra richiesta: scrivere a Ceausescu e adottare simbolicamente i villaggi rumeni. Migliaia di Comuni svizzeri, belgi e francesi sostennero questa iniziativa, oltre 200 solo nella Confederazione.
La libertà dopo la fine del regime di Ceausescu
Dopo la fine del regime di Ceausescu, ai nonni di Ilis viene restituita la terra che era stata collettivizzata nel 1947, all’inizio del comunismo. “Erano molto felici e anch’io lo ero, poiché finalmente eravamo liberi e potevamo lasciare il Paese”, ricorda la scrittrice, riferendosi agli anni successivi alla caduta della dittatura.
In seguito, Ilis decide di rimanere in Romania. Oggi lavora presso la biblioteca dell’Università di Cluj-Napoca, dove si intende creare un archivio dell’OVR-Suisse. Anche questo è un argomento all’ordine del giorno dell’assemblea a Nendaz. L’archivio comprenderà principalmente fotografie delle attiviste e degli attivisti che hanno sostenuto la popolazione dei villaggi, distribuendo cibo e vestiti e fornendo assistenza medica nella Romania postcomunista.
“Questi documenti sono un tassello importante della storia contemporanea della Romania”, dice Ilis. Nelle aree rurali, infatti, le macchine fotografiche erano una rarità. Le immagini scattate dai gruppi OVR permettono di farsi un’idea della vita nei villaggi dopo la caduta del comunismo.
L’OVR-Suisse acquistò vecchi veicoli militari provenienti dall’ex DDR affinché potessero essere impiegati per il trasporto degli scolari, soprattutto di quelli residenti nei villaggi più remoti. Più tardi promosse la creazione di 12 caserme dei vigili del fuoco, fornendo i mezzi di soccorso necessari.
“Movimento dei villaggi”
“La OVR è stata soprattutto un movimento dei villaggi”, ricorda l’ambasciatore rumeno in Svizzera durante il suo discorso a Nendaz. Persone comuni di Svizzera, Belgio e Francia hanno sostenuto persone comuni in Romania, aiutandole a preservare le proprie tradizioni e la propria cultura. “Oggi la Romania non ha più bisogno di aiuto umanitario, ma di amicizia. Possiamo imparare gli uni dagli altri”.
Un pensiero condiviso dal presidente dell’OVR-Suisse, Pascal Praz. “Non abbiamo salvato i villaggi”, aggiunge. “Gli abitanti hanno lottato da soli per la loro libertà. Noi abbiamo solo fornito il nostro sostegno”.
Trentacinque anni dopo, le associazioni OVR hanno raggiunto il loro scopo. Nonostante la decisione di sciogliere l’organizzazione in Svizzera, molti membri assicurano che i progetti andranno avanti. Le decisioni prese a Nendaz sono simili a quelle adottate in altre assemblee di scioglimento in Francia e Belgio. È giunto il momento di chiudere un capitolo, ricordare gli sforzi profusi, brindare e distribuire mazzi di fiori.
La voce dei villaggi in Romania viene ascoltata dai politici?
Oggi la Romania fa parte dell’Unione europea e gode di una maggiore stabilità economica. Rispetto al passato, la povertà non è più uno dei principali problemi del Paese; sono invece la corruzione, la disinformazione e “il mancato coinvolgimento politico dei villaggi”. Questo è quanto sostiene lo storico rumeno Cosmin C. Rusu, anch’egli presente a Nendaz.
“Si parla di politica solo durante le elezioni, come in questo momento. Poi, per quattro anni, calerà il silenzio più assoluto”, aggiunge Rusu. Secondo lo storico, la politica dovrebbe prestare maggiore attenzione alle aree rurali affinché i villaggi, che in passato avevano rischiato di finire sotto il “compressore della sistemizzazione”, siano maggiormente coinvolti nel processo politico.
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La nostra newletter sulla democrazia
Articolo a cura di Benjamin von Wyl
Traduzione di Luca Beti
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