La mezz’ora fatale, Sumar contro il ministro alleato

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La vicepresidente del governo spagnolo e ministra del lavoro inaugura il nuovo anno alzando i toni contro il partito socialista. Yolanda Díaz, che è a capo della piccola delegazione di Sumar nell’esecutivo spagnolo, ha deciso di puntare tutte le sue carte della sua traballante esperienza politica sull’unica misura di rilievo a sua firma che vuole portare a casa prima della fine della legislatura: la timida riduzione della giornata di lavoro a 37,5 ore settimanali.

La misura – praticamente l’unica di grande impatto sociale che Sumar è riuscita a strappare ai socialisti durante i negoziati per la formazione del governo una volta fatto fuori Podemos – doveva essere introdotta gradualmente già a partire dal 2024. Secondo gli accordi, le ore settimanali dovevano essere 38,5 alla fine dell’anno appena concluso e arrivare a 37,5 alla fine del 2025. Il ministero del lavoro ha negoziato per mesi con le parti sociali ma alla fine gli imprenditori e i rappresentanti delle pmi si sono rifiutati di firmare l’accordo che invece i sindacati hanno siglato qualche settimana fa.

Non è la prima volta che Díaz, che occupava lo stesso dicastero anche nella scorsa legislatura – allora come esponente di Unidas Podemos – ha dovuto affrontare l’opposizione della Confindustria spagnola. Se il primo aumento del salario minimo del 2020 aveva ricevuto l’ok anche dei padroni, infatti, i successivi aumenti del 2021, 2022 e 2023 sono stati fatti tutti contro il loro parere. E sarà lo stesso per quello che Díaz vuole portare a casa in questo 2025.

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Il problema è che da tempo il ministro dell’economia Carlos Cuerpo (che ha sostituito Nadia Calviño un anno fa quando è diventata presidente della Banca europea per gli investimenti) sta frenando Diáz allineandosi più o meno esplicitamente sulla linea degli imprenditori. Ieri Díaz è arrivata a dire in un’intervista che «dire di no a ridurre la giornata lavorativa di mezz’ora al giorno è da persona cattiva», riferendosi a Cuerpo. Mettendo in chiaro che questa sarà la sua battaglia politica principale per questo inizio d’anno. L’ancora di salvezza perché Sumar non scompaia.

Secondo fonti del ministero dell’economia citate dai media “la riduzione della giornata lavorativa a 37 ore e mezza è una priorità per il ministro Cuerpo” e ancora “è un impegno del governo e verrà rispettato”. Secondo il ministero del lavoro, invece, il testo che ha proposto il ministero dell’economia vuole ritardare l’entrata in vigore della misura a dopo la scadenza dei contratti collettivi. Inoltre i tecnici del ministro Cuerpo non sono d’accordo con l’idea che, con la diminuzione della durata massima della giornata lavorativa, i contratti parziali debbano aumentare il salario come propone quello del lavoro, e come vuole la matematica. Se il tuo contratto di 20 ore viene pagato il 50% del salario di quello massimo, quando quello massimo diventerà di 37,5 ore, la percentuale di stipendio dovrebbe salire al 53,3%.

L’attacco sulle 37 ore e mezzo forma parte della strategia che Díaz ha deciso di inaugurare con il nuovo anno: ieri sulle reti sociali (con ben 10 tweet) ha enfatizzato i principali risultati economici del governo, che toccano il tema del lavoro. «Cominciamo il 2025 con una buona notizia – dice raggiante in un video – abbiamo di nuovo abbassato il tasso di disoccupazione».

E aggiunge: «Abbiamo dimostrato che vale la pena lottare per più e migliori diritti». E giù numeri, come piace a lei: 25.300 persone disoccupate in meno a dicembre (il totale dei senza impiego è di 2 milioni e mezzo di persone, mai così basso dal 2007); anche per le donne e i giovani, i tassi di disoccupazione sono i più bassi da 15 anni e nel caso dei giovani, mai stati così bassi. Dopo la riforma del lavoro, che determina che il contratto a tempo indeterminato è lo standard, quasi la metà dei nuovi contratti degli ultimi anni è a tempo indeterminato: prima della riforma, questa percentuale non superava il 12%. «Si dimostra che la riforma del lavoro, l’aumento del salario minimo e le politiche occupazionali migliorano la vita dei lavoratori», scrive trionfante. Ma gli equilibri parlamentari sono quelli che sono: la riduzione ci sarà, ma a che prezzo non è ancora chiaro.



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