In Italia come in Iran, la violenza sistematica delle forze dell’ordine e la lotta per i diritti umani (Aurelio Tarquini)

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La vicenda di Cecilia Sala, giornalista italiana detenuta in Iran, ha riacceso il dibattito sui diritti umani e le condizioni di detenzione in regimi autoritari. Secondo i resoconti delle sue telefonate forniti dalla famiglia, Sala sarebbe vittima di trattamenti degradanti nel carcere politico di Evin, noto per gli abusi sistematici sui detenuti. Tuttavia, non esistono prove ufficiali o documenti a sostegno di queste affermazioni: la veridicità dipende esclusivamente dalla fiducia nei resoconti dei suoi familiari.

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Se non vi é certezza assoluta sul contenuto di queste famose telefonate, vi é certezza che l’Iran sia tristemente noto per le sue violazioni dei diritti umani. Tuttavia un’analisi più approfondita rivela che anche l’Italia, patria di democrazia e stato di diritto, ha una storia inquietante di abusi commessi dalle forze dell’ordine, spesso documentati e sanzionati a livello internazionale.

I casi simbolo degli abusi delle forze dell’ordine in Italia

Genova, G8 (2001) Gli orrori della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto
Uno degli episodi più gravi di violazioni dei diritti umani in Italia negli ultimi 24 anni si verificò durante il G8 di Genova, nel luglio 2001. Le forze dell’ordine compirono violenze sistematiche contro manifestanti giovanissimi e giornalisti, culminate negli abusi avvenuti nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto.

Dopo il corteo del 21 luglio, le forze di polizia fecero irruzione nella scuola Diaz, usata come dormitorio per manifestanti e giornalisti. Gli agenti picchiarono indiscriminatamente le persone presenti, causando ferite gravi e traumi permanenti. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha definito questi eventi come veri e propri atti di tortura. Nella caserma di Bolzaneto centinaia di manifestanti furono sottoposti a trattamenti inumani, inclusi pestaggi, minacce e umiliazioni sessuali. Diversi agenti e medici furono condannati, ma molte delle pene sono state ridotte o coperte dalla prescrizione e molti colpevoli di queste violenze di fatto l’hanno fatta franca.

Stefano Cucchi: il simbolo delle violenze di Stato
Stefano Cucchi (nella foto), un giovane geometra romano, è morto il 22 ottobre 2009 dopo un arresto per possesso di droga. Le autopsie hanno rivelato lesioni multiple, tra cui fratture alla colonna vertebrale e alla mascella, causate da un pestaggio durante il fermo. Dopo anni di indagini e processi, due carabinieri sono stati condannati per omicidio preterintenzionale nel 2019, e altri hanno affrontato accuse di depistaggio. Il caso Cucchi ha portato alla luce una realtà sistemica di abusi e insabbiamenti nelle forze dell’ordine italiane.

Federico Aldrovandi ucciso senza motivo durante un controllo di polizia
Il 18enne Federico Aldrovandi è morto a Ferrara nel 2005 durante un controllo di polizia. Le indagini hanno rivelato che gli agenti lo hanno colpito ripetutamente, provocandone la morte. Quattro poliziotti sono stati condannati per eccesso colposo nell’uso della forza, ma le sentenze leggere hanno alimentato l’indignazione pubblica.

Riccardo Rasman morto durante un intervento della polizia
Riccardo Rasman, affetto da schizofrenia, è morto nel 2006 a Trieste durante un intervento della polizia. Gli agenti sono stati condannati per omicidio colposo, ma le dinamiche dell’arresto sollevano ancora interrogativi sulla gestione di persone vulnerabili da parte delle forze dell’ordine.

Giuseppe Uva morto in una caserma di Varese
Nel 2008 Giuseppe Uva è stato fermato e portato in una caserma di Varese, dove avrebbe subito maltrattamenti. La sua morte, avvenuta in caserma poche ore dopo, è stata accompagnata da accuse di insabbiamento. Gli agenti coinvolti sono stati infine assolti, ma il caso resta uno degli esempi più controversi di mancata giustizia.

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Caserma Levante di Piacenza: torture, arresti illegali, maltrattamenti e abusi sessuali
Nel 2020, sette carabinieri della Caserma Levante di Piacenza sono stati arrestati per accuse che vanno dalla tortura al traffico di droga. Documenti ufficiali e testimonianze hanno rivelato arresti illegali, maltrattamenti e abusi sessuali da parte di questi carabineiri. Le condanne, variabili tra i 3 e i 12 anni, evidenziano come gli abusi siano spesso coperti da una rete di complicità interna.

Santa Maria Capua Vetere: violenza sistemica in carcere
Lo stesso anno, episodi di violenza contro i detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere hanno scioccato l’opinione pubblica. Video emersi successivamente mostrano agenti penitenziari che picchiano detenuti con manganelli, calci e pugni. Nel 2021, 52 agenti sono stati arrestati con accuse di tortura e lesioni multiple.

Il contesto storico della violenza di Stato in Italia: dalla morte di Pinelli alla strategia della tensione

Le radici della cultura della violenza nelle forze dell’ordine italiane affondano nel passato, con episodi emblematici come la morte di Giuseppe Pinelli nel 1969. Pinelli, ferroviere anarchico, morì dopo essere “caduto” dalla finestra della Questura di Milano durante un interrogatorio. Le indagini ufficiali conclusero con l’assurda formula del “malore attivo”. Questo episodio, legato alle indagini sulla strage di Piazza Fontana, ha segnato l’inizio della “strategia della tensione”, un periodo oscuro della storia italiana caratterizzato da violenze politiche e terrorismo nero, spesso con la complicità delle istituzioni. Otto anni dopo ebbe inizio la “Operazione Blu Moon”. Una generazione intera di italiani fu annientata con l’eroina da un progetto politico della Cia e dei servizi italiani deviati per impedire la “rivoluzione comunista” in Italia che tradotto in parole semplici significa “impedire il rafforzamento la Democrazia e la lotta contro il terrorismo nero, lo Stato servitore del Capitale e degli interessi americani in Italia”.

La responsabilità dello Stato italiano nella violazione dei diritti umani è stata riconosciuta da organismi internazionali come Amnesty International e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, hanno più volte denunciato l’Italia per violazioni dei diritti umani. Nel 2024, un rapporto dell’ECRI (Consiglio d’Europa) ha accusato le forze dell’ordine italiane di profilazione razziale e abusi contro migranti e minoranze etniche. La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha respinto le critiche, difendendo l’operato delle forze dell’ordine. Tuttavia, associazioni come Amnesty continuano a denunciare pratiche assimilabili alla tortura, specialmente durante le procedure di identificazione dei migranti.

In Italia, casi di abuso da parte delle forze dell’ordine non si limitano agli episodi citati e non sono un triste ricordo del passato. Nel 2024 si é assistito ad una escalation di violenza delle forze dell’ordine contro i manifestanti pro Palestina e contro i pacifisti, dove le forze dell’ordine sono state più volte accusate di uso eccessivo della forza durante le manifestazioni.

Manifestazioni pro-Palestina a Pisa e Firenze (23 febbraio 2024)

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Il 23 febbraio 2024, cortei studenteschi pro-Palestina a Pisa e Firenze sono stati caricati violentemente dalla polizia. A Pisa, un corteo che tentava di raggiungere piazza dei Cavalieri è stato fermato con cariche multiple, causando cinque feriti tra gli studenti. A Firenze, una ragazza ha riportato la frattura del naso. In totale, si contano 18 studenti feriti, tra cui dieci minorenni. A seguito degli scontri di Pisa, la procura ha indagato dieci poliziotti per eccesso colposo di legittima difesa e lesioni lievi colpose.Tra gli indagati vi sono agenti del reparto mobile fiorentino e responsabili del dispositivo di sicurezza presenti sul posto.

Proteste davanti alle sedi RAI (febbraio 2024)

Dopo dichiarazioni di artisti al Festival di Sanremo 2024 a favore di un cessate il fuoco nel conflitto israelo-palestinese, si sono svolte proteste pro-Palestina davanti a diverse sedi RAI in Italia. A Napoli, Torino e Milano, le manifestazioni hanno visto momenti di tensione con le forze dell’ordine. A Napoli, alcuni manifestanti sono rimasti feriti durante gli scontri con la polizia.

Corteo pro-Palestina a Roma (5 ottobre 2024)

Il 5 ottobre 2024, a Roma, una manifestazione pro-Palestina è degenerata in scontri tra manifestanti e polizia.I partecipanti hanno lanciato bottiglie, sassi, fumogeni e bombe carta contro gli agenti, che hanno risposto con cariche per disperdere la folla.

Corteo pro-Palestina a Torino (8 ottobre 2024)

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A Torino, l’8 ottobre 2024, un corteo pro-Palestina non autorizzato ha visto episodi di violenza, con bandiere bruciate, muri e mezzi pubblici imbrattati, e lancio di bombe carta contro la polizia. Le forze dell’ordine hanno disperso i manifestanti e avviato indagini per identificare i responsabili. In entrambi i casi vari osservatori sospettano l’uso di infiltrati e provocatori di cui mandanti restano al momento ignoti. Questi episodi evidenziano una gestione dell’ordine pubblico che, in diverse occasioni, ha portato a scontri violenti tra manifestanti e forze dell’ordine, sollevando preoccupazioni sul rispetto dei diritti di protesta e sulla proporzionalità dell’uso della forza in Italia.

Dal “malessere attivo” di Pinelli alla studentessa diciottenne Giorgia Masi uccisa il 12 maggio 1977 dalle forze dell’ordine durante una manifestazione a Tratevere, Roma ai giorni nostri i casi le gravi violazioni dei diritti umani da parte delle forze dell’ordine sembrano dimostrare l’esistenza di una cultura della violenza radicata in alcune frange delle forze dell’ordine e delle istituzioni. Sebbene alcuni responsabili siano stati puniti, la mancanza di riforme strutturali e politiche concrete per prevenire simili episodi dimostra una tolleranza istituzionale.

Se ciò non bastasse il DDL Sicurezza del Governo Meloni ha introdotto misure repressive contro manifestazioni e scioperi in Italia. Le nuove norme aumentano le sanzioni per blocchi stradali e ferroviari, con multe fino a 10.000 euro e arresti fino a sei anni. Sono previste pene più severe per chi partecipa a cortei non autorizzati o occupazioni di spazi pubblici. Rafforzati i poteri delle forze dell’ordine, che possono intervenire con maggiore facilità per sciogliere raduni considerati pericolosi. Le misure mirano a dissuadere mobilitazioni, in particolare quelle studentesche, ambientaliste e sindacali, sollevando preoccupazioni sul diritto alla protesta e sulle implicazioni democratiche di tali restrizioni. Inoltre le misure potrebbero risciare di dare mano libera alle forze dell’ordine con conseguenti rischi di violenze e uso spropositato della forza su cittadini inermi e pacifici che vogliono esprimere il loro dissenso e difendere la Pace e la Democrazia in Italia.

Iran e Italia: una differenza di approccio?

Sebbene in Iran la violazione dei diritti umani sembri essere una politica sistemica e incoraggiata dal regime, in Italia gli abusi appaiono tollerati dalle istituzioni. In alcuni casi, gli autori degli abusi sono stati puniti, ma in molti altri le pene sono state ridotte o gli autori scagionati. Inoltre mancano politiche concrete per prevenire il ripetersi di tali crimini. La cultura della violenza nelle forze dell’ordine italiane è spesso alimentata da pregiudizi politici e razziali. Questo atteggiamento ha radici profonde, ma permane ancora oggi, nonostante le condanne e le denunce della società civile e delle istituzioni internazionali.

L’Italia, come ogni democrazia, dovrebbe garantire il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Tuttavia, i casi di abuso e gravi violazioni dei diritti umani documentati dimostrano la necessità di un monitoraggio più rigoroso delle forze dell’ordine e di riforme strutturali per garantire trasparenza e responsabilità.

La storia recente evidenzia che la cultura della violenza è ancora radicata in alcuni settori delle istituzioni. È tempo che le autorità italiane riconoscano e affrontino questo problema, per evitare che altri casi tragici come quelli di Genova G8, Cucchi, Aldrovandi, Uva e altre numerose vittime si ripetano. In definitiva, i diritti umani non possono essere un privilegio, ma devono essere garantiti universalmente, tanto in Iran quanto in Italia. Per garantire il rispetto dei diritti umani, l’Italia deve adottare misure più incisive, inclusa una maggiore trasparenza nelle forze dell’ordine e un rafforzamento delle tutele per le vittime di abusi. Solo così sarà possibile prevenire il ripetersi di tragedie che hanno segnato la storia recente del Paese.

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Aurelio Tarquini



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