“Volete voi che il paesaggio sardo terrestre e marino sia modificato con l’installazione sul terreno e in mare di impianti industriali eolici e/o fotovoltaici per la produzione di energia elettrica?”. Recita così il testo del quesito per un referendum popolare regionale consultivo sottoscritto da 19.221 firme e presentato l’11 settembre scorso nella Cancelleria della Corte d’appello di Cagliari e alla Regione Sardegna. Un quesito che però non avrà risposta.
I magistrati della Regione
La richiesta è stata infatti respinta e giudicata illegittima nelle scorse settimane, il 19 dicembre scorso, dall’Ufficio regionale per il referendum, un organo istituito in seno alla presidenza della Regione Sardegna, composto da quattro magistrati (uno della Corte d’Appello, uno del Tar, uno del Tribunale civile e l’altro della Corte dei Conti), nominati – dice la legge – dal presidente della Regione entro tre mesi dalla sua elezione, più il segretario generale della Regione.
“Richiesta illegittima”
La deliberazione del 19 dicembre scorso da parte dell’Ufficio referendario stabilisce nel dettaglio che “la richiesta deve essere considerata illegittima, in quanto la materia su cui verte non può costituire oggetto di referendum consultivo perché, pur non essendo tale tipo di referendum vincolante e non concorrendo a formare la volontà degli organi che lo indicono, esula del tutto dal campo degli atti che potrebbero essere compiuti in futuro dalla Regione”, si legge.
I promotori all’attacco
La deliberazione richiama alcune sentenze della Corte costituzionale e si sofferma sui concetti di ambiente e paesaggio in riferimento alle competenze della Sardegna, come regione a Statuto speciale, concorrenti con lo Stato e di fatto identifica nella formulazione del testo del quesito una lesione dell’interesse nazionale in materia di transizione energetica. Promotore e a capo del movimento referendario che negli stessi mesi in cui la Regione ha adottato prima la moratoria di 18 mesi sugli impianti di rinnovabili e poi la legge 20 sulle aree idonee, è l’avvocato del foro di Nuoro Michele Pala, che va all’attacco della decisione. “Intanto sottolineo che questa decisione è stata presa da un organo si giuridico, ma nominato dalla politica, quindi le garanzie di terzietà non ci sono – spiega a CagliariToday – e il risultato di questa deliberazione lo conferma perché è un insulto innanzitutto al diritto essendo discutibile in ogni sua parte e poi è un insulto rispetto alla dignità del popolo sardo. Cioè nella sostanza – chiarisce Pala – si dice che laddove vi fosse un conflitto con l’indirizzo politico dello Stato, a quel punto il referendum non è ammissibile”.
Il referendum meglio della legge di iniziativa popolare
“A questo punto non si tratta più di un problema di pale eoliche o di pannelli fotovoltaici, qui c’è un problema di democrazia e di libertà”, evidenzia Pala. “Il referendum consultivo, così come avvenuto sul nucleare, avrebbe dato a tutti i sardi la possibilità di esprimersi, è per questo che abbiamo scelto questa strada che a differenza della legge di iniziativa popolare (come la Pratobello ndr) ha più forza, pur se consultivo e non vincolante”. “Abbiamo espressamente escluso di utilizzare lo strumento della proposta di legge popolare perché abbiamo fatto un ragionamento: non possiamo usare uno strumento che viene messo nelle mani del Consiglio regionale e utilizzato strumentalmente per giochi politici, come sta avvenendo con la cosiddetta Pratobello”. Altro è chiamare tutta la popolazione al voto “come fu fatto, tra l’altro con un quesito accolto in tempi celeri, sull’energia nucleare”, aggiunge. “I sardi avrebbero anche potuto votare sì, avrebbero di certo partecipato”, insiste l’avvocato nuorese.
La melina per arrivare alla legge 20
Pala denuncia anche “l’atteggiamento attendista” della giunta e della presidente Todde: “Abbiamo cominciato la raccolta di firme a giungo (ne servivano almeno 10mila), le abbiamo depositate a settembre, ma l’Ufficio regionale è stato nominato dalla presidente (che avrebbe dovuto farlo entro tre mesi dalla sua elezione) solo a ottobre, poi è passato altro tempo”. Tempo che è servito alla maggioranza di campo largo per approvare la moratoria di 18 mesi all’installazione degli impianti prima, e la legge 20 sulle aree idonee poi. Ora “si sta valutando di fare ricorso al Tar contro la decisione oltre ad altre azioni sul piano politico”.
Le reazioni politiche
E sul piano politico la notizia è arrivata anche a Roma e ha suscitato lo sdegno dell’ex Pci e Rc, Marco Rizzo, ora leader con Francesco Toscano di Democrazia Sovrana Popolare: “La Sardegna della paladina 5Stelle, la governatrice Alessandra Todde, ma anche ex viceministra di Draghi, boccia il diritto costituzionale del popolo sardo di potersi esprimere sull’uso massiccio dei mega impianti eolici e fotovoltaici”, è il commento diffuso dai leader nazionali dopo la dichiarazione di inammissibilità. I due rappresentanti politici hanno voluto stigmatizzare la decisione dell’organo istituito in seno alla presidenza della Regione e composto da quattro magistrati “nominati dalla stessa presidente della Regione”. “Ora la parola spetta comunque alla lotta del popolo sardo, a cui Democrazia Sovrana Popolare darà il massimo appoggio”, concludono Rizzo e Toscano.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link