Partiamo dai numeri attuali nelle istituzioni: alla Camera dei deputati i rappresentanti del MoVimento Cinque Stelle sono cinquanta; al Senato della Repubblica sono ventisei e al Parlamento Europeo sono otto. Numeri lontanissimi dalle centinaia di deputati, senatori ed eurodeputati della scorsa legislatura e anche dai numeri del “primo” vero MoVimento nelle istituzioni, quello della diciassettesima legislatura, delle “parlamentarie”, dell’intuizione iniziale di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio e dell’”apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno”, nella legislatura in cui i grillini (in quel momento, a pieno titolo si potevano chiamare così) furono sempre all’opposizione e le espulsioni e le fuoruscite dal gruppo facevano notizia: da Marino Mastrangeli, espulso dal gruppo al Senato perché aveva partecipato ad alcune trasmissioni televisive, ad Adele Gambaro, per la quale il voto sull’espulsione fu una sorta di psicodramma di gruppo, con una sorta di campagna elettorale sulla piattaforma Rousseau.
Stavolta, invece, i gruppi parlamentari sono modellati ad immagine e somiglianza dell’ex presidente del Consiglio gialloverde e giallorosso Giuseppe Conte e, ad esempio, all’Europarlamento è rimasta fuori la migliore del gruppo pentastellato: Maria Angela Danzì, eurodeputata uscente che ha avuto una doppia sfortuna in entrambi i casi per una manciata di voti; in prima battuta perché per meno di 1500 voti non è scattato il secondo seggio pentastellato a Strasburgo e Bruxelles e in seconda battuta perché, nonostante abbia aumentato i voti rispetto alla legislatura precedente, quando pure i suffragi assoluti per il MoVimento Cinque Stelle erano stati molti di più rispetto ad oggi, è rimasta staccata di soli 1250 voti rispetto all’eletto Gaetano Pedullà, che pure aveva avuto molta più visibilità mediatica e appoggio locale.
Perdite inferiori al passato
In tutto questo, nei primi due anni di legislatura, le perdite pentastellate fino ad oggi sono state inferiori rispetto ai due passati cicli legislativi e se ne sono andati solo in cinque, una delle quali – Alessandra Todde, eletta presidente della Regione Sardegna – non va considerata una perdita per il gruppo, visto che è subentrato un altro pentastellato, Antonio Ferrara e quindi la somma algebrica è in pari.
Quindi, gli addii “netti” sono quattro: una in direzione di Azione e di Carlo Calenda, la deputata Federica Onori, eletta all’estero nel collegio Europa; e tre in direzione di Forza Italia, evidentemente con la capacità di Antonio Tajani di sedurre gli ex pentastellati: alla Camera se ne è andato il deputato Giorgio Lovecchio, eletto in Puglia, così come al Senato ha lasciato un altro eletto pugliese, Antonio Salvatore Trevisi, entrambi approdati ai lidi azzurri, esattamente come il terzo senatore uscito, Raffaele De Rosa, eletto nel collegio uninominale campano di Acerra, pure lui entrato nel gruppo di Forza Italia.
Insomma, persino negli addii parlamentari si vede il cambio di pelle del MoVimento ed è interessante vedere come il partito di Grillo si sia autodissolto, con la maggior parte dei militanti che ha voltato le spalle al fondatore, senza il quale nessuno sarebbe mai arrivato dove è. E, in questo quadro, al netto del “colore” che si porta dietro il personaggio, va ammirata la coerenza dell’ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del governo gialloverde, il primo guidato da Giuseppe Conte, Danilo Toninelli, nel restare fedele a Grillo, una sorta di ultimo giapponese del MoVimento originario.
Ma, forse, è ancora più interessante vedere le reazioni dell’altra metà del MoVimento dei miracoli, cioè la famiglia Casaleggio. Non Gianroberto, ovviamente, ma suo figlio Davide, che da qualche mese sta sparando a palle dialettiche incatenate contro il partito di Conte, che ritiene non avere più nulla a che spartire con il sogno visionario originale di suo papà e di Grillo, con l’”uno vale uno” e anche con le visioni distopiche dei due.
E quindi vale la pena di fare un salto nella piazzetta di Portofino, che non parrebbe il posto più vicino alle istanze originarie del MoVimento, ed ascoltare le parole di Davide in occasione di Portofino D’Autore, la rassegna culturale curata da Valentina Fontana e Gianluigi Nuzzi, organizzata da Vis Factor e, grazie all’intuizione di Massimiliano Monti, trasmessa su Telenord. Ha spiegato già a settembre Davide, che oggi è amministratore delegato di Casaleggio e associati: “Penso che sia arrivato il momento di dichiarare chiusa l’esperienza del Movimento 5 stelle e avere il coraggio di portare avanti un nuovo soggetto politico con un nuovo nome. Siamo ai titoli di coda”.
E lo sfarinamento di questa storia, anche dal punto di vista umano, prima ancora della sfida finale a colpi di PEC, battaglie giuridico legali e videomessaggi fra Conte e Grillo, era arrivato con le parole della presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, ipercontiana, quando il fondatore la attaccò sulla legge regionale sulle energie rinnovabili: “Evidentemente Beppe Grillo non ha letto la nostra legge regionale sulle aree idonee, altrimenti non avrebbe scritto sulla Sardegna che vorrebbe il carbone. Da lui c’è solo un continuo antagonismo nei confronti del M5S”.
Su, su fino all’arma finale quando si vuole attaccare Grillo, generalmente un classico degli avversari di destra del MoVimento: «Beppe? Fa il comico». Parole contro cui Grillo reagì durissimo: «Riprendiamoci le nostre battaglie!». Ricordando sul suo blog le proposte e le prese di posizione che sono state la base del MoVimento: «È arrivato il tempo di riprenderci tutto. I nostri sogni, quel futuro che ci aspetta».
E Todde, di nuovo, in una sorta di remake dei Duellanti di Ridley Scott: “Grillo ha fatto ciò che gli viene meglio, il comico. Ha dimostrato di non conoscere la Sardegna, lo ripeto. Gli riconosco il merito di aver incanalato il dissenso nelle istituzioni, negli anni scorsi. Ma ora non vuole capire che il Movimento è diverso, e che vuole scegliere cosa diventare. Lui guarda solo al passato, e non vuole che il M5S diventi adulto”.
Ecco, era già scritto tutto lì. La biodegradabilità del partito che è stato il primo in Italia convincendo nel 2018 un italiano su tre a dar loro fiducia e l’autodissoluzione. Un giorno, nel primo scontro del fondatore contro Conte, Beppe ricordò quando lui attraversò lo stretto di Messina a nuoto in nome dei suoi valori. I bookmaker inglesi accettavano scommesse anche sul fatto che la traversata di Grillo non riuscisse. Le quote sulla fine del MoVimento sarebbero state molto più basse.
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