Con i carabinieri sulle piste della Valmalenco: i ragazzini con l’hashish in tasca già al mattino e lo sciatore «ubriaco» per il bombardino

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di Gianni Santucci

​Cani anti-droga, alcoltest e motoslitte per i controlli sulla neve. «Ci vuole cautela»

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Ripubblichiamo questo articolo di Gianni Santucci uscito a marzo, uno dei più apprezzati dalle nostre lettrici e dai nostri lettori nel 2024.

Più che una salita, un’arrampicata. Intorno, imperversa la nevicata. Fila verso il cielo nebbioso la funivia più capiente delle Alpi: cabina affollata, ampia come un’arca; da Chiesa in Valmalenco, porta 160 sciatori a tratta. La chiamano Snow eagle, aquila delle nevi. E sabato 24 febbraio l’attendono all’arrivo i cani dei carabinieri. Che alle 9 del mattino hanno già fiutato hashish (un paio di pezzi, addosso a due ragazzi) e marijuana (un paio di canne già pronte, d’erba mescolata a fumo). E comunque, per i due labrador antidroga dei cinofili di Orio al Serio, convocati in missione in Valtellina, è ancora tutto un saltellare e indicare e segnalare, ad ogni gruppone scaricato quassù a 2.100 metri. Sciatori e snowbordisti vengono incanalati in un unico corridoio d’uscita, perché tutti siano a portata d’annusata di Stella (un anno e mezzo) e Grom (otto anni). Molti dei «segnalati» non hanno nulla addosso: ma dato che fiuto non mente, se il cane ha «puntato», molto probabilmente vuol dire che in quelle giacche, o in quegli zaini, droga c’è stata, e non molti giorni fa. Comunque (ore 9.45), eccone un altro: ragazzino poco più che diciottenne, un paio di grammi d’hashish nel piumino. D’altra parte, se la canna è norma e abitudine in collina, in città e in pianura, non si capisce perché non dovrebbe esserlo anche in altura.




















































Profezie invernali

Giornata per molti versi simbolica. Primo: tutti (sciatori, gestori d’impianti, turisti, abitanti) sono accomunati da una ecumenica benedizione dell’abbondante nevicata che, almeno per qualche giorno, allontana il serpeggiante terrore del cambiamento climatico, e la spaventosa profezia di futuri inverni sempre meno bianchi. Quaranta centimetri venerdì 23 febbraio, mezzo metro sabato 24, previsioni ancora verso neve. Dal sospiro generalizzato esala un provvisorio sollievo: «Stagione salva». Secondo, i controlli delle forze dell’ordine. Qualcuno si chiede: «Perché i carabinieri devono venire fin quassù coi cani antidroga?». La risposta è del comandante provinciale dell’Arma di Sondrio, il colonnello Marco Piras: «C’è un tema di fondo che abbraccia tutta la nostra attività in montagna: le persone vengono qui per passare giornate serene di divertimento, e perché questo possa avvenire è necessaria una giusta cautela. Ecco la ratio della nostra presenza e dei nostri controlli: sull’uso di stupefacenti, sull’abuso di alcol, sul casco e l’assicurazione obbligatoria, e infine su tutti i comportamenti che possono creare rischi, a se stessi e agli altri». Per avere un’idea: i carabinieri di Sondrio sono organizzati su tre compagnie (quella del capoluogo, guidata dal maggiore Nicola Leone, poi Tirano e Chiavenna); coprono anche stazioni sciistiche molto rinomate, tipo Bormio e Livigno; nell’inverno 2023/2024, hanno organizzato 375 servizi sulle piste, e fatto 19 sanzioni amministrative per stupefacenti, 65 per altri motivi. Che poi, questi ultimi, raccontano proprio quei pericolosi e imprevedibili comportamenti che andrebbero evitati: minorenni senza casco, persone senza assicurazione, sciatori fuori pista senza i sistemi di tracciamento per i soccorsi, gente che scia con gli impianti chiusi o che (per motivi imperscrutabili) scende o sale passeggiando sulle piste a piedi.

«Documenti!»

Comunque, la nevicata sovrabbonda. Nei giorni di sereno, si vede la cima del Bernina. Conclusi i servizi coi cani, si scende coi carabinieri sciatori della stazione di Chiesa, guidati dal maresciallo Domenico Scarongella. Ore 11.30, risalita su una seggiovia a quattro posti. Un tizio se ne sta in silenzio, testa china tutto il tempo. Al momento d’alzarsi, aggancia lo sci del carabiniere che gli sedeva accanto, stramazza a terra. L’aiutano a rialzarsi: «Scusi, scusi». Tenta di ricomporsi, ma fa fatica a infilare gli scarponi negli attacchi. Alito piuttosto alcolico. «Ha bevuto?». «Proprio due minuti fa, ma solo un bombardino». All’apparenza olfattiva, si direbbe qualcuno in più. Etilometro. Responso negativo. Il tizio non è ubriaco, solo un po’ scarso sugli sci. Si scende, con i vice brigadieri Mirko Leusciatti e Luca Mauri. Pista «Prati-Pedrana». Due ragazzini spuntano a palla fuori dal bosco e irrompono in pista. Li raggiungono. Li fermano. Controllo documenti. Sciare tra gli alberi sotto i piloni, sulla neve non battuta, può essere parecchio divertente: ma rientrare a piena velocità è pericoloso. E per le regole è un fuori pista: servirebbe l’attrezzatura anti valanghe. Raccontano i carabinieri: «Alcuni anni fa sulle Dolomiti, in una situazione del genere, che può sembrare molto tranquilla, s’è staccata una valanga. Ci sono rimasti sotto due bambini e un maestro che facevano scuola sci». Finì in tragedia. C’era molta più neve, d’accordo. Ma l’esperienza dei militari in montagna serve anche a questo: evitare atteggiamenti dei quali non si percepiscono i potenziali rischi. Ritornello (necessario) di giornata: «Fate più attenzione».

La trappola

Serve ripeterlo anche ai due gruppetti che tracannano spritz intorno al tavolino all’aperto di un piccolo rifugio tra gli alberi. Non per quanto stiano bevendo, ma per un’epidemia di pigrizia che sembra averli irretiti.
A pochi metri, hanno lasciato sei-sette paia di sci a terra, alla rinfusa, a bordo pista, di traverso rispetto alla linea di discesa. La neve li sta coprendo. Abbandonati in quel modo, diventano una trappola per chi arriva dall’alto. «Ragazzi, ci vuole tanto a tirarli su?». Nevicata continua. Neanche il tempo di riprendere la discesa e si sente un botto. Poi un urlo. In uno dei serpentoni alle spalle d’un maestro che faceva lezione, due bambini giocavano a tagliarsi la strada: uno è piombato sull’altro a tutta velocità. L’ha schiantato come un birillo. Il piccolo resta sulla neve. Piange. Sono allievi di uno sci club di Milano, arrivati stamattina. Hanno 8-10 anni. I carabinieri s’avvicinano: «Puoi muovere le gambe?». Sì. «Dove ti fa male?». La spalla. «Da uno a dieci, quanto dolore senti?». All’inizio il piccolo dice otto, poi scende a cinque-sei. L’altro fondamentale servizio dei militari sulle piste è il soccorso. Il carabiniere infila una mano nella giacca del bambino. Avverte il collega: «Probabilmente la spalla è uscita, chiama in radio». Poi al piccolo: «Adesso ti fai un bel giro sulla motoslitta, roba che mica capita a tutti. Così ti vede la dottoressa. Stai tranquillo». Nel frattempo, il teatro della varia umanità sciistica si dispiega nelle sue facce opposte: un paio di uomini s’avvicinano preoccupati e disponibili («Possiamo essere utili in qualche modo?»); negli stessi istanti un cretino (a occhio meno di trent’anni, giacca modaiola extralarge, atteggiamento sfrontato) sfreccia a velocità indecente, a mezzo metro dal gruppo che assiste il bambino. Rimedia solo un paio di urlacci, che fa finta di non sentire, prima di scomparire lungo la discesa.

Dietro i «gatti»

Da Milano veniva anche la scolaresca che dopo pranzo, il 19 gennaio scorso, bazzicava intorno al rifugio centrale della zona, tra le scuole sci e l’arrivo degli impianti. Quattro ragazzini (tutti 17 anni) s’avviano dietro il garage dei «gatti». I carabinieri si scambiano uno sguardo e li raggiungono. «Buongiorno, facciamo un controllo. Potete svuotare le tasche?».
Uno ha un pezzo d’hashish. L’altro, invece, una tasca piena: sette grammi, divisi in sette pezzi. Stessa confezione di quello sequestrato al suo amico. E che il tutto sia accaduto in montagna, non fa davvero alcuna differenza rispetto a qualsiasi altro posto: chi ha 17 anni oggi, in Italia, non ha la minima percezione di cosa possa significare ritrovarsi addosso una denuncia per spaccio.

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1 gennaio 2025 ( modifica il 1 gennaio 2025 | 13:39)

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